Foto in alto: La nave di Giona, 2006, olio su tela di cotone, 50×60 cm.
di Michael Soncin
Il diluvio, la nave di Giona, pesci, conchiglie, lavabo e lavatrici: sono le figure dipinte da Stefano Levi Della Torre, presenti nella mostra inaugurata il 27 settembre e visitabile fino al 17 ottobre presso la Centrale Dell’Acqua di Milano, dal titolo Variazioni sull’acqua.
E proprio l’acqua è il legante che unisce e riunisce i vari soggetti raffigurati nei 55 dipinti presenti, più alcuni disegni. Ma che cos’è quindi l’acqua? “L’acqua è indeterminazione, perché non si sa bene come si comporti, essa è insieme fonte di vita e fonte di morte”. Questa è la definizione assiomica, generale, che fornisce l’artista durante la conversazione con Mosaico, un postulato personale analizzato poi nel dettaglio, in tutte le sue sfumature, nel corso delle differenti rappresentazioni. Guardando le opere di Levi Della Torre si carpisce una molteplicità espressiva e variegata.
Appena si entra si notano due tele, una figura che nuota, “un po’ disfatta dagli effetti delle vibrazioni dell’acqua”, e la tela Piccola onda, “che è il mio ricordo d’infanzia e come appariva a me, un grande onda, che in realtà era piccola, mentre ero in braccio a mia madre sulla riva della spiaggia. Vi è quindi questo rapporto di determinato e indeterminato, che è un po’ il criterio di diversi quadri che faccio”, racconta Levi Della Torre.
Dittico del Diluvio, con sotto quadri di conchiglie. A sinistra: Inizio diluvio, animali inquieti, 1987, olio su tela di canapa, 100x100cm.
A destra: Diluvio, 1987, olio su tela di canapa, 100x100cm.
L’attualità del Mabul, tra ieri e oggi
Proseguendo a catturare l’attenzione sono altri due quadri di medie dimensioni, tra i più datati fra tutti gli altri presenti, realizzati nel 1987, raffiguranti il Mabul, il Diluvio. “Disposti l’uno accanto all’altro, sono una specie di dittico, come se fossero uniti in un unico racconto che comincia con l’inquietudine degli animali che vedono l’acqua salire, sentono l’inizio del diluvio ed infine la catastrofe, finendo poi con l’essere sommersi”. E sul significato del Diluvio? “In un certo senso il suo significato si è modificato, perché il tema del diluvio è una fatto dell’antichità, diventato di grande attualità particolarmente negli ultimi tempi, una sorta di previsione di futuri catastrofi”. Per Levi Della Torre, questo tuffo dal passato, tra presente e futuro del Mabul è imminente, poichè si tratta di una modificazione del senso, del contenuto, che oltre ad essere memoria è anche previsione. “Nel pezzo biblico – aggiunge lo studioso – il diluvio è conseguenza di colpe dei viventi. Anche adesso si parla delle prossime catastrofi come conseguenza di comportamenti scorretti, di atteggiamenti criminosi da parte dei viventi, in particolare per mezzo dell’essere umano. Questa è l’attualizzazione della stranezza del fatto che l’interpretazione biblica del diluvio, è attualizzata nell’interpretazioni attuale del disastro climatico”.
Il bianco, al contempo mutante del tempo e delle cromie
Per un pittore, come per qualsiasi altro modificatore di materia, dipinti, sculture, abiti, pezzi di design, rivestono una certa importanza non solo nel rappresentato e nel suo modo, ma anche nella scelta cromatica. Il colore ha un ruolo non secondario, poichè è la luce che illumina l’attore, cioè ciò che si raffigura, il messaggio che si vuole mandare, volutamente o meno. Pensiamo al blu di Yves Klein o al greige, la crasi del grigio e del beige di Giorgio Armani, giusto per citare due creativi. Lei ha detto di essere particolarmente legato al bianco o meglio ai bianchi. Come mai? “Certo, il bianco per me è un colore particolarmente suscettibile di variazione, è molto sensibile all’evento, a quello che succede. Va dal candido, presenta poi delle sfumature. È un colore che rappresenta la luce e la sua continua mutabilità, e quindi il passare del tempo”.
L’acqua e la griglia contenitiva delle mitzvot
“L’acqua è ingovernabile, si prova a governarla, ma ogni tanto deborda, esonda. È fonte di vita e fonte di sommersione, si lega al susseguirsi degli eventi, infatti, uno dei temi è il rapporto tra struttura ed evento, ed il problema sta nel contenere l’evento. Declinandola in ebraico si può affermare che le mitzvot sono una griglia, suggerita dal divino per contenere gli avvenimenti, per navigare nell’imprevedibilità liquida degli eventi umani e della storia”, afferma Levi Della Torre, ritornando sul concetto dell’acqua.
Per Levi della Torre, l’Halakhah, la via dei precetti, è un vademecum per riuscire. È come un’Arca di Noè, capace di farti navigare sulle continue variazioni dell’acqua. “Un promemoria che è di tutte le culture, ma che l’ebraismo l’ha sviluppato con particolare evidenza e sistematicità: il problema di contenere l’incontenibile, la variazione”.
Nel blu dipinto di Giona, il riflesso della controversia talmudica
Meravigliosi blu ipnotici, magistralmente armonizzati tra loro, pervadono la tela de La Nave di Giona. Guardandolo meglio vedremo che seppur non ci sia una modificazione del racconto, a cambiare è il punto di vista della narrazione. “Questo pezzo risale al periodo in cui ho lavorato sul libro di Giona. L’idea centrale è questo punto di vista rovesciato, dal basso verso l’alto, di ciò che vede la balena, mentre attende che Giona venga buttato giù dalla nave per un atto di solidarietà di Giona nei confronti dei naviganti. Lui dice la colpa è sua se loro sono stati invasi dalla tempesta, ma dice anche che se lo buttano giù è possibile che loro si salvino”. Si vede chiaramente la balena, ma la nave è offuscata, s’intravede appena, da sotto. Per quale motivo c’è questa prospettiva rovesciata? “I cambiamenti del punto di vista, del modo di vedere i differenti fenomeni, analizzandolo dal lato ebraico, è caratteristico del dibattito tra i chachamim, della controversia talmudica, dove ciascuno interpreta lo stesso versetto da punti di vista spostati. Questo modo di spostare la visuale aiuta a capire meglio le cose e anche la sua indeterminazione, cioè che l’interpretazione può essere moltiplicata, tante interpretazioni che conferiscono al versetto interpretato una lontananza che la rende in parte decifrata e in parte indecifrabile, perché se le interpretazioni sono tante, evidentemente l’oggetto sfugge verso una sua essenza imprendibile”.
L’invisibile quotidianità: l’importanza della Lavatrice
Certamente non ci stupiamo di quanto sia stato detto e fatto nel mondo dell’arte e nemmeno del come sia stato fatto. L’importante è che si sia sempre qualcuno che continui a farlo. Potevamo pensare a tanti modi di vedere l’acqua, e quello di immaginare di farlo con delle lavatrici è stata senza dubbio una trovata originale, perché quelle disegnate da Levi Della Torre, sono semplicemente belle. Nel vederle a molti verrebbe molto probabilmente da dire: «Anch’io voglio un quadro di una lavatrice appeso nelle pareti di casa mia! Chi non lo vorrebbe?». Almeno guardandole è quello che ho pensato io. Ed il bianco presenza molto spesso fissa e tangibile anche qui non manca. Panni bianchi che escono dalla centrifuga come spuma di champagne marina. Ci vuole raccontare qualcosa in più su queste lavatrici? “Con le lavatrici volevo rappresentare un mio chiodo fisso, cioè il fatto di un artificio umano che contiene un evento indeterminato, perché la caduta di questo lenzuolo che esce o che entra nella bocca della lavatrice è qualcosa di indeterminato, di fluido, rispetto alla composizione del quadro che monumentalizza la lavatrice mettendola al centro e al tempo stesso, la lavatrice è una forma geometrizzata che cerca di contenere una cosa che è informe. È anche la necessità umana di contenere o in geometria o in tecnica o anche in strutture di pensiero quella che è la fluidità degli eventi. Un ruolo contenitore che allude forse anche al significato della lettera Bet? “Forse, perché no!”, sorride con ironia”.
Parlando con Levi Della Torre si capisce ancor di più che il perché della lavatrice non è affatto banale, ma è un punto di partenza, uno spunto che offre impensabili collegamenti. “La lavatrice – prosegue il professor – offre certamente un ottimo servizio, e vuol essere anche l’importanza dello scoprire l’importanza del quotidiano, un fattore che c’è secondo me anche nella cultura ebraica e talmudica: il fatto che una cosa molto semplice, di tutti i giorni è carica di simbolo, ed anche il caso più banale è carico di simbolo ed oggetto di accese discussioni”.
Feroci vittime, 1995, olio su cartone telato, 20×32 cm.
La malattia del vittimismo, sorgente di veleno ‘preziosa’ per i nazisti
Stefano Levi Della Torre (Torino 1942), personaggio eclettico, ha insegnato al Politecnico di Milano, dove si è laureato in architettura. È pittore e scrittore di diversi saggi e libri di carattere ebraico, di critica d’arte e letteratura, ma anche di carattere storico-politico, infatti nelle didascalie dei quadri sono presenti dei riferimenti ai suoi scritti.
Nella pittura Feroci Vittime, i tre pesci da lei dipinti cosa rappresentano? “Si collega ad una polemica anche teorica che ho dal punto di vista politico e filosofico sul fatto che la vittima non è per questo stesso motivo per forza un giusto. Io considero il vittimismo come la sorgente fondamentale di tutte le politiche di destra. Il nazismo stesso aveva una grande dottrina vittimistica, perché i nazisti dicevano di essere perseguitati dagli ebrei e quindi giustificavano lo sterminio come un atto di legittima difesa. Nei nostri tempi assistiamo ad una grande ondata di vittimismo, uno dei veleni politici che stanno di nuovo circolando in Europa”.
E di questo vittimismo ne seppe qualcosa suo zio, lo scrittore e pittore Carlo Levi, un importante frammento autobiografico che Levi Della Torre ha rappresentato nel Lavabo di Giorno e nel Lavabo di Notte. “Questo lavabo si trova in fondo ad una scala precipitosa, ed in cima a questa scala c’era lo studio di mio zio Carlo Levi. Per me lui è stato un maestro sia di pittura sia di pensiero. Ed indirettamente questi quadri sono un omaggio a questa mia fonte”.
Universalmente l’acqua è – in ebraico מים (maim) sostantivo duale, plurale, indeclinabile, e su questo ci sarebbe molto altro da dire – quella molecola formata da un atomo di ossigeno e due atomi di idrogeno; il primo composto chimico di cui impariamo a scriverne la formula molecolare: H₂O. “Se c’è acqua c’è vita”, dicono gli scienziati quando sperano di trovare forme di vita aliene sui corpi celesti sparsi nell’Universo; ma è anche fonte di morte come ci ha detto Levi Delle Torre, ed è anche colei che si alzò, quando Mosè separò le acque, facendoci uscire dall’Egitto.