di Gabriele Grego
Dopo i fatti di Parigi, dove “impiegare” i nostri soldi
Come investire nei momenti di tensione
Qual è l’impatto degli attacchi terroristici sui mercati finanziari?
«Prendendo il mondo completamente di sorpresa, una serie di attacchi terroristici ben pianificati ha colpito una delle capitali mondiali con una furia senza precedenti e generato panico e incertezza in tutto il mondo. I mercati azionari, dopo una lunga chiusura di emergenza, hanno perso quasi il 14%». Stiamo parlando di Parigi 2015? No, si tratta di New York, 11 Settembre 2001. Quale fu l’esito? In meno di 30 giorni, i mercati recuperarono tutta la perdita. Eccezione? No, regola: momenti di crisi acuta, quali i recenti attacchi a Parigi, storicamente non impattano sull’andamento dei mercati a lungo termine e rappresentano, ahimè, ottime opportunità di investimento per coloro che hanno abbastanza sangue freddo da acquistare titoli nel pieno della crisi.
Gli esempi non mancano nel mercato statunitense, a cominciare, per esempio, dall’avvento della Seconda guerra mondiale che, non solo non ha causato un ribasso del mercato, ma segnò, anzi, la fine della Depressione del 1929, inaugurando un mercato al rialzo durato per i successivi 25 anni. In seguito, né la crisi dei missili a Cuba del 1962, né l’assassinio di J. F. Kennedy ebbero effetti significativi sul mercato (oltre il panico dei primi giorni). Guardando al di là degli States, l’effetto non cambia. Nonostante i giorni più bui del rapimento di Aldo Moro, la borsa italiana registrò una forte ascesa nel ventennio successivo, sia in termini nominali, sia in rapporto all’inflazione. Infine, abbiamo l’esempio evidente di Israele, i cui mercati sembrano ormai essere completamente disarticolati dalle vicende geopolitiche del Paese. Né l’omicidio Rabin, né l’ondata di terrorismo che seguì, sono riusciti ad arrestare un forte mercato al rialzo che si è interrotto solamente – peraltro temporaneamente -, con lo scoppio della bolla di internet e, più tardi, con la crisi del 2008. E recentemente i vari conflitti a Gaza e in Libano non hanno intaccato significativamente la performance della borsa israeliana.
La domanda ovvia è, allora: perché i mercati crollano proprio nel periodo immediatamente successivo a una crisi acuta, nonostante le “crisi” tendano a non avere un effetto a lungo termine? La risposta sta nel modo in cui gli esseri umani prendono le proprie decisioni. In circostanze “normali” sappiamo essere abbastanza razionali nella conduzione dei nostri affari finanziari, valutando attentamente il prezzo, il valore e il rischio dei titoli che compriamo.
Tuttavia, nei momenti di crisi e pressione psicologica, il nostro cervello sembra prendere delle “scorciatoie” agendo invece per puro istinto: proprio come di fronte a un pericolo immediato, – per esempio, se sorpresi da una tigre nella giungla, scapperemmo a gambe levate -, anche quando siamo “sorpresi” da un evento quale un attacco terroristico, il nostro istinto è quello di “fuggire” dai mercati vendendo titoli a più non posso. Ma se il nostro cervello funziona così, come resistere all’impulso di vendere al momento sbagliato e non invece sfruttare il panico temporaneo per comprare titoli a buon mercato? Con la ragione; e cercando di capire come funzionano l’economia e i mercati. Esistono infatti una serie di forze che tendono ad auto-correggere il prezzo dei titoli qualora questo si discosti da parametri ragionevoli. Queste forze spesso agiscono lentamente e imprevedibilmente, ma in modo inesorabile.
Primo: il prezzo dei titoli, a lungo andare, tende a riflettere il valore intrinseco della società che rappresenta. Se, per esempio, il valore intrinseco di Fiat fosse stimato intorno ai 16 miliardi ed il valore di borsa scendesse (per cause esogene quali un attacco terroristico), sotto i 13, dovremmo aspettarci che il prezzo del titolo recuperi il terreno perduto nel periodo successivo.
Secondo: uno Stato democratico con una sana economia di mercato e un buon sistema legislativo è un sistema complesso, ma estremamente stabile e capace di assorbire choc anche molto forti. Terzo: per quanto triste, guerra e terrorismo spesso, ahimè, agiscono come una sorta di “stimolo” economico, per esempio aumentando la produzione per adattarsi alle esigenze belliche.
E adesso? Gli attacchi di Parigi sono avvenuti di venerdì, a mercato chiuso, gli investitori hanno avuto tutto il weekend per digerire le notizie, quindi l’impatto sul mercato è stato limitato. Tuttavia, l’indicazione da dare ai lettori è quello di sfruttare eventuali momenti di paura e panico, magari causati dalla attuale situazione geopolitica, per incrementare la propria esposizione sul mercato azionario. L’Occidente ha subito negli ultimi 100 anni due Guerre mondiali, una Depressione, varie recessioni, omicidi politici e terrorismo; nonostante ciò, l’indice Dow-Jones è aumentato da 55 a 18.000: la qual cosa ci dovrebbe far riflettere. Per coloro infine che sono alla ricerca di titoli a buon mercato, consiglierei di dare un’occhiata a IBM e Apple, che scambiano entrambi a multipli molto depressi per ragioni che alcuni potrebbero definire paure passeggere e non problemi strutturali.
Mercati / Paga l’instabilità geopolitica: interessanti Ucraina, Brasile, Russia
Parla Isaac Ben Zaquen, gestore di fondi a Tel Aviv, specializzato in titoli “in sofferenza”
Signor Isaac Ben Zaquen, che fondo gestisce oggi?
Il Ben Oldman Special Situations Fund, con circa 150 milioni di euro in gestione e “basato” a Madrid, anche se personalmente io vivo a Tel Aviv. Il fondo, lanciato nel 2013, è specializzato in investimenti di titoli “in sofferenza”, ovvero in situazioni estreme quali la bancarotta oppure la localizzazione in Paesi ad alto rischio.
Un esempio di investimenti interessanti da lei effettuati in tempi di crisi?
Abitualmente cerchiamo di individuare aree geografiche dove esistono situazioni di difficoltà o panico, e di raccogliere opportunità che riteniamo essere interessanti. Nel 2013 siamo stati particolarmente attivi nel mercato spagnolo, soprattutto nel settore bancario. Più tardi abbiamo operato in Russia e in Ucraina (sfruttando l’instabilità e la crisi geopolitica nella zona); e ultimamente siamo presenti anche in Brasile.
Crede che i piccoli investitori siano in grado di agire da soli e che dovrebbero seguire il suo approccio?
Sì e no. I piccoli investitori potrebbero scegliere di investire nelle cosiddette Blue Chips [titoli di grandi società] dei vari Paesi in momenti di crisi, ma dovrebbero evitare vere situazioni di titoli in sofferenza poiché il rischio e la volatilità sono molto alti e quindi richiedono un grande livello di specializzazione.
Che cosa pensa dei fatti di Parigi e del loro impatto sui mercati finanziari?
Dubito che si produca una ricaduta sul mercato, ma forse potrebbe essere opportuno focalizzarsi su specifiche società francesi, in particolare quelle che operano nei prodotti di consumo o sulle linee aree. In generale, penso sarebbe utile considerare questi momenti topici come un momento giusto per investire, visto che sul lungo periodo non vi è correlazione con l’andamento dei mercati.
Ferrari / Prospettive di utili in crescita
È stata recentemente completata con successo superiore alle aspettative la quotazione sulla borsa di New York del titolo Ferrari, che scambia con il simbolo “RACE”. Il titolo, con una capitalizzazione di mercato di circa 9 miliardi di dollari, è seguito da vari analisti, molti dei quali entusiasti del forte brand ma anche da prospettive di utili in crescita grazie alla domanda in aumento, alla diminuzione delle spese relativa alla Formula Uno e al calo dei prezzi delle materie prime.