Al Beth Shlomo, Kubrick, Spielberg e Schlesinger e una riflessione sul tema del Male

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di Redazione

Al Centro Beth Shlomo, Roberto Zadik e Davide Romano hanno approfondito la figura del regista Kubrick e il suo cinema ma anche il tema del Male e della violenza, in una serata che ha aperto il ciclo “Cinema e ebrei” e intende approfondire una serie di registi e film importanti.

Una conferenza non solo sul cinema del regista ebreo newyorchese Stanley Kubrick, a confronto con altri due grandi come il suo intimo amico Steven Spielberg e col regista del Maratoneta John Schlesinger, ma una analisi approfondita  sul “significato del Male e le varie forme di crudeltà e di violenza fisica e psicologica”.
 “Questo evento ha avuto luogo proprio in concomitanza con il Giorno della Memoria”, come ha sottolineato il giornalista e presentatore Roberto Zadik durante la conferenza  Kubrick, Spielberg, Schlesinger ed il Male nel cinema ebraico.
L’incontro, condotto da Zadik, è stato organizzato, lo scorso 25 gennaio, presso il Centro Beth Shlomo da Adi, Associazione Amici di Israele. Come ha specificato Zadik, nella sua introduzione “non è una serata  per soli cinefili, intendo utlilizzare il cinema non come fine ma come mezzo per sviluppare tematiche etiche come quella del Male che  riguarda tutti noi”.
Presentato da Davide Romano, direttore del Museo della Brigata ebraica, l’intervento di Zadik, che da otto anni presenta eventi culturali presso il Beth Shlomo, ha intrecciato filosofia, etica, ebraismo e il cinema di tre maestri cercando, come ha evidenziato  di “riflettere sul tema del Male non soffermandosi solo sul dolore e sulle vittime, ma cercando di capire cosa si nasconda nello Yezer Ha Ra, nell’istinto al Male. Senza questo, – ha affermato Zadik,-  non possiamo capire non solo  i genocidi ma anche la violenza privata fra persone, dal bullismo, al mobbing, alle baby gang che, tutti i giorni, riempiono le pagine dei giornali, collegando la violenza di massa a quella individuale”.
Fondamentale per Zadik “è capire la bruttura della violenza e la sua gravità, superando buonismi e retoriche, ed esplorare il Male per arrivare al Bene, valutando i vari tipi di violenza, dall’aggressività, all’indifferenza, all’umiliazione”.
Dopo un’ introduzione filosofica e religiosa, in cui ha citato i vari personaggi biblici negativi, da Caino, a Korach, ad Esaù, l’oratore è passato alla parte cinematografica dominata dalla riflessione su Kubrick e sui suoi due capolavori Arancia Meccanica e Full Metal Jacket.
Arancia Meccanica è “il film piu controverso e censurato ma anche quello più intenso di Kubrick che ha inquadrato il Male dalla parte dei carnefici e dal punto di vista di chi lo compie con una sincerità e un coraggio spiazzanti”.
Nella sua analisi, Roberto Zadik  ha evidenziato la personalità del regista newyorchese “un tenero e spiritoso misantropo” a cui non interessava l’apparenza, avido lettore e campione di scacchi che “si vestiva come capitava” dedito al lavoro e devoto marito e padre di famiglia.
“Nonostante sostenesse fermamente il proprio ateismo – ha commentato Zadik – Kubrick conservava una forte identità ebraica ashkenazita e mitteleuropea, figlio di padre polacco-romeno e di madre di origini viennesi”. Citando lo studioso Natan Abrams, Zadik ha poi evidenziato alcuni temi fortemente ebraici, presenti nel cinema di Kubrick, soprattutto in Arancia Meccanica da lui definito “il suo film più ebraico”. In che senso? La trama del film, secondo Abrams, riflette sul libero arbitrio e sulla “scelta del Male” del protagonista, il teppista Alex De Large, spietato capobanda dei suoi drughi con la  mancata “teshuvà” di lui  che cerca di redimersi ma non ci riesce anche perché, come ha affermato Zadik “cambiare è davvero difficile e una volta che si sprofonda nel Male nessuno di noi può essere sicuro di avere un montacarichi così potente da riuscire a risalire completamente”.
La pellicola, inoltre, fa anche riferimento al nazismo, prima con le uniformi della banda rivale e poi con quello strano carceriere “molto simile a Hitler” come ha sottolineato Zadik. Successivamente,  alternando filmati e commenti riguardo a Kubrick, il giornalista  ha analizzato anche altri due film come Full Metal Jacket e Eyes wide shut, “film testamento del regista, girato nei suoi ultimi mesi di vita, che ne rivela la paura della morte ed il pessimismo riguardo alla natura umana”.
In conclusione della serata,  sinteticamente, il conduttore ha annunciato un nuovo ciclo di conferenze dedicato ai registi che sono “i veri autori dei film e, spesso, vengono tralasciati o dimenticati”; egli ha menzionato anche agli altri due autori Spielberg e Schlesinger. Prima si è soffermato sul regista di Indiana Jones e Lo Squalo con  riferimenti a La lista di Schindler “uscito quasi trent’anni fa e che mise fortemente in crisi Kubrick, intimo amico di Spielberg, quando volle girare il suo Aryan Papers, dedicato alla Shoah e, alla fine,  si arrese constatando il successo del capolavoro spielberghiano.
Zadik ha descritto brevemente la carriera e la personalità di Spielberg, che proveniva da famiglia ucraina,  il suo candido ottimismo e la sua vena sentimentale e idealista totalmente assenti in Kubrick. In conclusione, egli si è espresso su John Schlesinger, “il meno conosciuto e il più eccentrico dei tre autori, che non vissero la Shoah ma che testimoniarono, a modo loro, il turbamento e l’angoscia delle generazioni successive ad essa”.
Una serata di grande successo, scandita da applausi, domande e interventi dal pubblico in sala.