di Nathan Greppi
Ha suscitato emozioni forti l’inaugurazione della mostra “Arpad Weisz: se il razzismo entra in campo” al Memoriale della Shoah, avvenuta lunedì 25 febbraio per ricordare l’allenatore ebreo dell’Inter e del Bologna che fu licenziato a causa delle Leggi Razziali e morì ad Auschwitz. La mostra proseguirà fino al 14 aprile.
(Nella foto, da sinistra, Matteo Matteucci, Alberto Jona Falco, Giuseppe Marotta e Matteo Marani)
Tutto è iniziato con l’arrivo al Memoriale del presidente dell’Inter Giuseppe Marotta e dal responsabile del progetto “Inter Forever” Francesco Toldo, che sono stati guidati a visitare il Memoriale. Dopodiché ci si è recati in una sala per discutere della mostra.
Il primo a parlare è stato il presidente del Memoriale Roberto Jarach, il quale ha affermato che “siamo grati all’Inter, perché già dall’anno scorso ha dimostrato una sensibilità molto particolare,” in riferimento a delle iniziative contro l’intolleranza nel mondo dello sport. La squadra nerazzurra, secondo Jarach, è stato uno dei primi club a rispondere all’appello del Memoriale.
In seguito ha parlato anche Marotta, il quale ha detto che uno dei loro compiti è “trasmettere uno dei valori più importanti della nostra comunità, la memoria.” Ha aggiunto che “il calcio è uno sport ma anche una palestra di vita. Ho sempre cercato di inculcare in questi ragazzi i valori fondanti. Su 1000 ragazzi solo una decina diventeranno professionisti, gli altri sono uomini del domani. Perciò rinnovo l’impegno dell’Inter con questa importante realtà.” Nel corso del dibattito, è stato proiettato un video tratto dal libro illustrato Arpad Weisz e il Littoriale di Matteo Matteucci (la cui casa editrice, Minerva, è tra gli organizzatori della mostra assieme anche al Museo Ebraico di Bologna).
Dopo il dibattito si è tenuta una visita guidata della mostra, curata dal project manager Alberto Jona Falco: essa include numerose tavole tratte dal libro di Matteucci, pannelli che narrano la vita di Weisz e maglie sportive dell’epoca; tra queste, ne spiccano in particolare cinque donate dalle squadre con cui ha lavorato Weisz: Inter, Bologna, Bari, Novara e Alessandria. Su ogni maglia è presente il nome di Arpad Weisz con il numero 18: nella tradizione ebraica, infatti, per ricordare, si deve pronunciare il nome del defunto, mentre il numero 18 simboleggia la vita.