di di Arturo Schwarz
Per ricordare la Shoah, focalizzando la memoria sui Giusti, l’AMATA, Amici del Museo d’Arte di Tel Aviv, ha organizzato un evento, il 23 gennaio alla casa della Poesia di Milano, gentilmente concessa da Giancarlo Majorino e Tomaso Kemeny.
Ad aprire l’incontro, le parole di Arturo Schwarz: “Ho un compito doloroso: quello di ricordare la nostra amica Tullia Zevi, membro del nostro Comitato d’Onore, che ci ha lasciato. La nostra associazione, fondata dieci anni fa da Anna Sikos, Paolo Talso e il sottoscritto, ha sin dall’inizio voluto centrare due obiettivi: far meglio conoscere il Museo d’Arte di Tel Aviv e lavorare per facilitare, attraverso le nostre iniziative culturali, il riavvicinamento tra il popolo israeliano e il popolo palestinese. Tullia Zevi scriveva, nel suo libro Ti racconto la mia storia, che “l’incontro [con il popolo palestinese] può avvenire solo sul piano della cultura”.
Così, è rimasta nella memoria di tanti la tavola rotonda, da noi organizzata al Teatro Franco Parenti, il 23 ottobre 2001, sul tema Chi non ha interesse a fare la pace in Israele? Vi parteciparono Furio Colombo (allora direttore dell’Unità), Marco Paganoni, Paolo Mieli, Carlo Tognoli.
A questa seguì, il 21 novembre, un secondo incontro sulle prospettive del processo di pace e sulle tesi dei “nuovi storici”, con la partecipazione di Simonetta della Seta e David Bidussa. Ci hanno accompagnato nel nostro percorso alcuni dei più eminenti rappresentanti della cultura contemporanea che, in occasione della loro elezione a Uomo dell’Anno, hanno condiviso con noi i loro pensieri sui problemi che più ci sono cari. Tra gli altri, lo psicanalista James Hillman, l’architetto Daniel Libeskind, il Premio Nobel Elie Wiesel, il direttore d’orchestra Zubin Mehta, lo scrittore israeliano, candidato al Nobel, Amos Oz, lo scrittore e saggista Bernard-Henri Lévy, e infine, l’anno scorso, l’economista Nouriel Rubini.
Quest’anno, in occasione del Giorno della Memoria abbiamo voluto, ricordare anche i Giusti – i vivi – che hanno aiutato il nostro Popolo a superare un tentativo di sterminio. Tullia Zevi aveva insegnato che “Abbiamo il dovere di ricordare non solo per onorare i morti, ma anche per difendere i vivi”. Per farlo abbiamo elaborato un programma diverso dal solito: Gabriel Nissim illustrerà il “Giardino dei Giusti Milano” da lui fondato; Pino Petruzzelli reciterà la sua composizione L’ultima notte di Bonhoeffer; Gad Lerner intervisterà Gottfried Wagner, pronipote di Richard Wagner; il Nefesh Trio e il coro Col Hakolot allieteranno la nostra serata.
Una riflessione sull’importanza del dilemma “Ricordare o dimenticare”. È giusto coltivare la memoria e conservare la traccia della propria esistenza e delle proprie origini. Oppure è forse meglio l’oblio che ci permetterebbe di partire dalla tabula rasa, senza l’ingombro di ricordi dolorosi? L’oblio, che può essere determinato da una rimozione, diventa allora un meccanismo di difesa volto a proteggere la psiche da esperienze dolorose. Mentre, nel caso di un sopravvissuto alla Shoah, è spesso anche un falso oblio, determinato dal rifiuto – per pudore o per paura di non essere creduto – di rivivere per gli altri le proprie vicissitudini. Primo Levi ha scritto, non senza dover superare un profondo disagio, la sua struggente testimonianza, per poi vedersela rifiutare da un’ebrea come lui, la Ginzburg, che non volle pubblicarla per Einaudi.
Fin quando ricorderemo i martiri della Shoah essi continueranno a vivere. Almeno nella nostra memoria. Se dovessimo dimenticarli, moriranno una seconda volta, e la prima sarà stata invano. La loro fine non avrà insegnato all’umanità che siamo, anzitutto, esseri umani, al di là di ogni differenza di colore, di cultura, o di religione. Abbiamo il dovere di ricordare anche perché la storia non si ripeta. Tanto più che il futuro è oggi altrettanto minaccioso.
Due millenni dopo la distruzione del Secondo Tempio, gli ebrei continuano a commemorare la sua demolizione a Tishà Be-Av con un digiuno, obbedendo all’impegno: Se ti dimenticherò, o Gerusalemme, si paralizzi la mia destra; si attacchi la mia lingua al mio palato […] Ricorda […] il giorno della distruzione di Gerusalemme, in cui dicevano: Scalzatela, scalzatela fino alle fondamenta (Salmi 137:5-7). Oggi ricordiamoci che altri s’illudono di potere “scalzare, scalzare l’ebraismo fino alle sue fondamenta” e intendono cancellare Israele dalla carta geografica.
Anche per questo non ci è permesso dimenticare. Ricordare significa intraprendere anche un viaggio spaziale nei luoghi che hanno visto il martirio di un popolo e affrontare un itinerario spirituale che porti a riaffermare la propria identità e ad assumere il peso del dolore per potere continuare a vivere”.