di Giovanni Panzeri
“Le trasformazioni in atto nel sistema internazionale ci fanno supporre che in futuro si dovrà parlare di occidente al plurale. L’Occidente non è un’entità geografica ma politica e culturale, anche abbastanza recente”: è quanto ha affermato Angelo Panebianco (a sinistra nella foto), politologo e storico editorialista del Corriere della Sera, al quinto Congresso dell’Associazione Milanese Pro Israele, la sera di lunedì 30 Gennaio.
L’intervento è stato orientato soprattutto sul descrivere i recenti cambiamenti geopolitici, e quindi lo scacchiere internazionale su cui Israele dovrà muoversi nei prossimi anni.
“Rilevamenti economici e demografici ci fanno supporre che tra oggi e il 2050 società giovani ma economicamente povere, si parla in particolare di numerosi stati africani e dell’India, si confronteranno con società ricche, prevalentemente occidentali, in declino demografico. Nel 2010 tre su quattro delle maggiori economie mondiali erano occidentali, nel 2050 rimarranno solo gli Stati Uniti al fianco di Cina, Brasile e India” continua Panebianco, sottolineando anche che “cambiamenti demografici ed economici portano con se cambiamenti in una serie di altri ambiti, per esempio negli equilibri militari o nel funzionamento delle organizzazioni internazionali”.
“Certo questi sono numeri che bisogna prendere con le molle. Indicano tendenze, non previsioni, che possono essere facilmente cambiate da fattori sociali e politici non previsti. Tuttavia queste tendenze esistono e indicano, almeno per ora, un ridimensionamento del mondo occidentale a livello internazionale”.
Questo processo è caratterizzato, secondo il politologo, da tre fenomeni che si evolvono in concomitanza: il graduale passaggio da un assetto geopolitico unipolare, in cui la stabilità internazionale è garantita dalla supremazia statunitense, ad un assetto multipolare, in cui potenze regionali sono più libere di perseguire i propri interessi e le alleanze diventano più imprevedibili; la graduale diminuzione e crisi delle democrazie a partire dal 2005, descritta dai dati di Freedom house e infine l’avvento di una forma di globalizzazione ‘segmentata’ “fortemente influenzata e ridimensionata dalle divisioni geoplitiche”.
A tutto questo si accompagnano un graduale disimpegno degli Stati Uniti dalla leadership internazionale e linee di frattura sempre più evidenti tra gli stati europei.
Panebianco ha tuttavia concluso su una nota positiva ricordando come “le democrazie si adattano ai cambiamenti e alle instabilità generalmente meglio dei regimi autoritari con cui si trovano a competere”.
Per quanto riguarda Israele, Panebianco ha affermato che sarà importante capire, in futuro, “quale sarà il rapporto tra Israele ed, eventuali, diversi ‘occidenti’, se il disimpegno americano comporterà una diminuzione del supporto USA a Israele e se la crescita delle comunità musulmane in Europa renderà l’atteggiamento degli europei verso Israele ancora più ambiguo. In ogni caso bisogna sottolineare, continua Panebianco, “che Israele ha dimostrato di essere una democrazia parlamentare eccezionalmente stabile, nonostante le costanti minacce militari e tensioni internazionali”.
Panebianco ha poi terminato il suo intervento rispondendo a un serie di domande dei membri dell’Associazione, su temi che spaziavano dal ruolo degli intellettuali nell’indebolimento delle democrazie, al conflitto in Ucraina fino all’efficacia dei movimenti di opposizione democratica nei regimi autoritari.
L’intervento di Angelo Panebianco e lo svolgimento del congresso dell’Associazione Milanese Pro Israele possono essere seguiti nella loro interezza sul sito di Radio Radicale ).