di Roberto Zadik
Crisi della Memoria, radicalismo islamico e estremismo di sinistra e di destra
A 70 anni di distanza dalle atrocità della Shoah, l’Europa non sembra essersi “curata” dal germe dell’antisemitismo e anzi, nell’ultimo decennio, gli episodi di violenza e odio anti-ebraico sono vistosamente aumentati. Fra i Paesi europei che hanno raggiunto un triste primato in questo senso c’è la Francia che, a differenza della Germania, non ha mai fatto i suoi conti con il passato. È segnata, poi, dal crescente espandersi del radicalismo islamico, favorito da un ingente flusso migratorio dal Nordafrica, e dal multiculturalismo buonista e fazioso di una certa sinistra francese; mentre desta preoccupazione fra gli ebrei francesi anche l’aumento della destra nazionalistra del Front National (FN) capeggiato da Marie Lepen.
Uno scenario assai tetro in cui la Memoria della Shoah non sembra aver fatto molto, ma che spesso viene utilizzata come arma a doppio taglio, per discolpare la Francia e colpevolizzare e “nazificare” Israele. Questi e molti altri sono stati gli argomenti sviluppati, lo scorso 23 novembre nell’Aula Magna Benatoff della Scuola ebraica, dallo storico ebreo francese di origine marocchina Georges Bensoussan, famoso a livello internazionale per i suoi studi sulla Shoah e i genocidi del ventesimo secolo. Titolo dell’evento “Dal popolo di troppo allo Stato di troppo. La Shoah, una Memoria vana?” che, organizzato dall’Associazione Figli Della Shoah assieme a Kesher in collaborazione con l’assessorato alla Cultura della Comunità ebraica, ha registrato un grande successo di pubblico suscitando diverse domande e spunti di riflessione.
A cosa serve la Memoria della Shoah e quali sono i suoi rischi? Qual è la situazione in Francia e quali sono i destini degli ebrei che sempre più numerosi stanno lasciando il Paese alla volta di Israele? Un approfondimento inquietante e molto interessante condotto dallo storico e ricercatore, nato 64 anni fa in Marocco, accompagnato dal Direttore di Kesher Rav Roberto Della Rocca, dall’assessore alla Cultura Davide Romano e da Daniela Tedeschi dell’Associazione Figli della Shoah; tradotto dal giornalista Guido Vitale.
Tante le tematiche toccate da Georges Bensoussan autore del nuovo libro Histoire confiscee de la destruction des juives en Europe pubblicato da poco in Francia.
Prima di lasciare la parola a Bensoussan, a introdurre la serata è stata Daniela Tedeschi, dell’Associazione Figli della Shoah, che ha sottolineato l’importanza di avere in Comunità uno storico di tale spessore tornato qui dopo tre anni e che l’Associazione “anche se non ha molta visibilità lavora ininterrottamente da molti anni organizzando eventi e seminari sulla Shoah e sforzandosi al massimo di tramandare la Memoria. Sono felice di avere qui in sala la nostra presidentessa Liliana Segre”. L’assessore alla Cultura Davide Romano ha evidenziato che “la situazione della Francia è veramente molto preoccupante e che qui in Italia, fortunatamente, viviamo ancora in un isola felice, rispetto a molti Paesi europei compreso il Belgio, anche se non bisogna mai abbassare la guardia in materia di sicurezza”. Presenti alla serata diverse personalità comunitarie, dal co-presidente Milo Hasbani, al vicepresidente Fondazione Memoriale della Shoah Roberto Jarach, al vice assessore alla Cultura Gadi Schoenheit. Passando all’analisi dello storico, che è stata il centro dell’iniziativa, egli è partito con un dato oggettivo: nonostante la popolazione ebraica in Europa sia vistosamente diminuita, passando dal 72 per cento prima della Shoah al 12 per cento attuale dell’ebraismo mondiale, la Comunità ebraica francese rappresenta la realtà europea più numerosa, anche se essa si sta progressivamente restringendo. In Francia, come ha sottolineato lo storico, vige un clima di paura e di violenza, dove in soli 15 anni circa 47 mila ebrei hanno lasciato il Paese a causa del crescente antisemitismo e di tragedie come Hypercacher, Bataclan, Charlie Hebdo ma anche numerosi atti meno eclatanti di disprezzo e di maltrattamento.
Ma chi sono gli antisemiti di oggi e ci sono legami fra la contemporaneità e ciò che vissero gli ebrei negli anni ’30?
Per Bensoussan tutto sembra essere radicalmente cambiato. Gli ebrei francesi si sono ben integrati nella società, molti hanno raggiunto anche posizioni prestigiose diversamente dalla popolazione musulmana prevalentemente di origine nordafricana che spesso resta ai margini della società, nutrendo sentimenti indomabili di rabbia, frustrazione e risentimento antiebraico. Non sarebbero però solo persone emarginate e poco istruite ma, come ha sottolineato Bensoussan, “fra gli integralisti ci sono anche diversi diplomati e professionisti, ingegneri, elettricisti e lavoratori”. “L’immigrazione in pochi anni è vertiginosamente aumentata e invece dell’integrazione è aumentato il radicalismo e l’odio. Prima – ha sottolineato lo storico – i musulmani francesi erano laici e bevevano alcolici, ma ora invece sono sempre di più quelli che osservano rigorosamente il Ramadan e che nutrono rabbia antisemita e antisraeliana”. Ma come mai i musulmani in Francia sono tanto antisemiti? Bensoussan nella sua acuta analisi ha spiegato che la cultura magrebina ha le sue particolarità e ci vorrebbe un’altra serata apposita per illustrarle. Una di esse è che in Marocco o nel Maghreb gli ebrei vengono rispettati formalmente ma considerati inferiori e da sottomettere ma quando si emancipano e si distinguono dagli altri iniziano i problemi. “Poi da quando questi immigrati astiosi sono immigrati in Francia e hanno visto tanti ebrei di successo e integrati, il loro livore, che si sono portati dietro dai loro Paesi d’origine, peggiora esponenzialmente”. Lo storico ha analizzato molto profondamente questo disprezzo, che è una delle cause fondamentali dell’escalation di violenze che si sono scatenate in questi ultimi anni; dal 2010 al 2014 sono raddoppiate, nonostante gli ebrei rappresentino un’esigua minoranza della popolazione francese, rappresentando meno dell’1 per cento del Paese.
L’ondata di immigrazione islamica e nordafricana sta crescendo sempre di più e le moschee e i centri islamici in Francia, racconta Bensoussan, sono cresciuti a dismisura passando da 5 nel 1965 a 2.500 oggi. Un dato che sembra fantascientifico ma rende l’idea del fenomeno immigrazione e del cambiamento che si sta registrando nella mentalità e nella cultura di questi “nuovi” francesi, molti dei quali ormai sono nati nel Paese da due o tre generazioni. Nonostante questo, ha sottolineato, “si stanno verificando fra la popolazione islamica due fenomeni molto inquietanti, come la re-islamizzazione, l’aumento della pratica religiosa fra gli arabi francesi e la progressiva e conseguente de-secolarizzazione, con un numero crescente di persone, fra cui molti giovani fra i 20 e 30 anni, che hanno cominciato a praticare in massa il Ramadan e a rispettare le regole della carne Halal e dell’astensione dal consumo di alcolici, mentre prima molti islamici erano laici e secolarizzati”. Nella sua interessante analisi, Bensoussan tocca diversi punti nevralgici dell’antisemitismo francese e della società incandescente della Francia odierna.
Colpevoli di questo montante integralismo e delle violenze antisemite, sono diversi fattori. Primi fra tutti, secondo Bensoussan, il “buonismo” di un certo multiculturalismo francese di sinistra, pronto a tacciare di “islamofobia” chiunque critichi l’Islam (ma questo termine, ha detto l’esperto “non esiste nella realtà ed è stato inventato dai Fratelli Musulmani”); e il vecchio antisemitismo francese, alla Voltaire o alla Louis Ferdinand Celine, scrittore e medico filonazista, che viene “liberato” dall’odio islamico e si manifesta nell’ultra destra francese che ora viene capeggiata da Marine Le Pen (che, paradossalmente, “diversi ebrei appoggiano terrorizzati dalla minaccia musulmana”). Un quadro a dir poco tetro in cui l’antisemitismo d’oltralpe sembra avere più sfaccettature, dall’odio dei maghrebini, che sono spesso “antisemiti, misogini e francofobi e che destano la cultura francese”, l’ultrasinistra che difende gli islamici e attacca Israele “nazificandolo” e additandolo come Stato oppressore e genocida e l’ultradestra fascista e di xenofoba.
In tutto questo cosa c’entra la Memoria della Shoah, che ruolo hanno le Comunità ebraiche e come si stanno comportando gli ebrei francesi? “La Shoah – ha specificato – gioca un ruolo molto importante e ambiguo. La Memoria spesso purtroppo riduce gli ebrei a vittime e fa sentire in colpa la popolazione in un’Europa che sta perdendo la sua identità e tende ad attaccare gli ebrei e lo Stato d’Israele mentre ricorda le vittime dell’Olocausto”. Una situazione decisamente paradossale in un odio antiebraico che proviene “principalmente dagli stranieri, con una tendenza molto diffusa delle istituzioni sia politiche sia cittadine, scuola, polizia e sindaci, a minimizzare quello che sta avvenendo per mantenere una sorta di pace sociale e per preservare i già precari equilibri attuali”. In tutto questo anche il mondo ebraico è estremamente diviso e problematico e c’è grande separazione fra “ebrei di successo e affermati, che vivono nel centro delle grandi città come Parigi, e le classi più povere. Le elites ebraiche tendono a far finta di niente e quando anni fa ho cercato di sollevare il problema, non volevano nemmeno starmi a sentire”.
La Francia è dilaniata dalle contraddizioni e dalle incomprensioni anche fra gli ebrei e, a completare il quadro, sempre più negozianti ebrei stanno chiudendo le loro attività a causa della crisi economica o partono alla volta di Israele e circa la metà dei bambini ormai frequenta le scuole private evitando per paura gli istituti pubblici”. In conclusione Bensoussan ha detto che ci si sta avviando verso una sorta di “marranesimo” dove, come in passato, gli ebrei stanno tornando a nascondersi, a praticare segretamente la loro identità e la loro fede religiosa per timore di aggressioni e di antisemitismo.
Tante le domande alla fine della serata da parte del pubblico e molto efficace anche l’intervento finale del direttore di Kesher Rav Della Rocca. “Sono stato molto colpito dalle parole di Bensoussan specialmente in due punti. Il primo è che la Memoria della Shoah possa essere usata, non più per agevolare la lotta all’antisemitismo ma anzi come strumento di delegittimazione dello Stato di Israele. L’unico Paese che ha fatto i conti con la Shoah è stato la Germania ma nel resto d’Europa siamo molto indietro in questo senso. Bisogna ripensare a come trasmettere efficacemente la Memoria e non è certo coi racconti tragici della Shoah che otterremo un cambiamento”. Completamente in disaccordo con lo storico, sul concetto di neo marranesimo, Rav Della Rocca ha invece specificato come almeno in Italia “stiamo vivendo una sorta di marranesimo al contrario, dove ci facciamo vedere molto all’esterno, con i non ebrei ma al nostro interno stiamo perdendo identità e osservanza. Non dobbiamo cercare false amicizie, ostentare all’esterno, ma dobbiamo invece lavorare internamente perché più dimentichiamo chi davvero siamo e più ci calpesteranno all’esterno”.