di Paolo Castellano
Mercoledì 7 settembre presso la Casa della Memoria si è svolto l’evento “Salvare gli Ebrei! Aspetti sconosciuti della presenza dell’Esercito Italiano in Francia prima dell’8 settembre 1943”. Alla tavola rotonda hanno preso parte lo scrittore Gabriele Nissim, Romain Rainero, Professore di Storia Contemporanea presso Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Milano e il giornalista e saggista Alberto Toscano. L’incontro è stato moderato da Marco Cuzzi, docente presso il dipartimento di Studi Storici dell’Università Statale di Milano.
Come hanno spiegato chiaramente sia il professor Rainero che Gabriele Nissim la storia e i suoi protagonisti non sempre sono classificabili distintamente ma è necessario che alcuni eventi del passato siano analizzati non solo su un piano storiografico ma anche su un piano etico.
Il professor Rainero ha focalizzato il proprio intervento sulla condizione degli Ebrei durante l’occupazione italiana avvenuta tra il 1940 e il 1943 sui territori francesi della Tunisia, della Provenza e della Savoia.
«Nel 1938, come è noto, Mussolini aveva accettato supinamente le direttive di Hitler e così promulgò le leggi razziali. Il regime fascista aveva rinnegato gli Ebrei italiani che si erano spesi durante il risorgimento per la formazione dello stato unitario. Al momento dell’entrata in vigore di queste norme 100 generali ebrei vennero infatti messi a riposo».
Rainero ha però spiegato che non tutti i vertici fascisti si dimostrarono disponibili a procedere all’eliminazione della presenza ebraica sui territori occupati dalle truppe militari italiane. Egli ha riportato il caso del generale Arturo Vacca Maggiolini.
«Negli anni ‘40 Mussolini decise di creare la CIAF (Commissione Italiana d’Armistizio con la Francia). Tale commissione era al di fuori dell’organizzazione dello stato fascista e venne guidata direttamente da lui per mezzo di Maggiolini. Il generale infatti aveva piena fiducia e totale indipendenza per quanto riguardava le scelte militari nei territori francesi occupati».
Dal ‘42 al ‘43 la Tunisia venne occupata dagli Italiani. Nello stato africano risiedevano a quel tempo circa 15 mila Ebrei italiani discendenti dalle comunità ebraiche livornesi che si erano allontanate dall’Italia per motivi commerciali. Il governo di Vichy, appoggiando Hitler, chiese però agli occupanti di rastrellare gli ebrei e di eliminarli.
Vacca Maggiolini però si oppose alla richiesta, sostenendo che Vichy in quel momento non avesse nessun autorità sulla Tunisia. Il generale italiano, forse mosso dalla propria fede cristiana, cercò in ogni modo di tutelarli. In quegli anni gli Ebrei Grana non subirono le terribili conseguenze imposte dai nazisti.
Il 9 maggio del 1942 cessò la guerra poiché arrivarono gli americani e i francesi di Leclerc ad affermare la libertà».
Rainero ha poi analizzato l’occupazione della Provenza e della Savoia. «Maggiolini riuscì a tutelare i 100mila ebrei di Nizza finché egli fu in grado di tener lontani gli ufficiali di Vichy e le truppe tedesche dall’area sotto il suo controllo. Il 28 agosto però con la stipula dell’armistizio tra Francia e Italia non fu più possibile proteggere la comunità ebraica nizzarda, che nel frattempo aveva accolto Ebrei da tutta Europa, e così iniziarono le deportazioni e molte persone persero la vita. I rastrellamenti avvennero anche nelle valli cuneensi e di conseguenza i tedeschi catturarono circa 2mila ebrei e solo 3 si salvarono».
Ha preso poi la parola Alberto Toscano che ha descritto la vicenda del generale Lazzaro Maurizio de Castiglioni comandante della 5ª Divisione alpina “Pusteria”.
«Molti anni fa visitai il museo della Resistenza e della deportazione di Grenoble. All’interno del museo trovai la copia di una lettera che De Castiglioni inviò al prefetto di Vichy che gli intimava di terminare le persecuzioni nei confronti degli Ebrei. Nel novembre del ‘42 Hitler aveva deciso di occupare la Francia senza lasciare zone libere e il 12 novembre la 5ª Divisione alpina arrivò a Grenoble e diede inizio all’occupazione italiana della Savoia. Gli Ebrei francesi tra il ‘42 e il ‘43 avevano subito numerose vessazioni. La più tragica fu la grande retata del luglio del 1942: all’interno del Velodrome d’Hiver vennero rinchiusi circa 1.700 ebrei, un terzo di essi erano bambini, per essere deportati nei campi di concentramento».
Toscano ha sostenuto che paradossalmente l’area occupata dagli italiani divenne per un breve periodo una sorta di “nuova Palestina” (si legge in alcune lettere) dove gli ebrei si sentivano al sicuro e al riparo dalla ferocia nazista e antisemita della Repubblica di Vichy.
Come ribadito nel precedente intervento dopo l’armistizio dell’8 settembre incominciò la grande fuga degli ebrei francesi verso Italia e la Tunisia.
Toscano da parecchi anni lavora attivamente in Francia e ha spiegato al pubblico presente che gli intellettuali francesi stanno dibattendo sul tema dell’antisemitismo nella Repubblica di Vichy. Alcuni ritengono Vichy responsabile di aver accettato senza remore i dettami nazisti, altri invece sostengono il contrario. Il dibattito deve restare vivo perché come ha spiegato Toscano “coltivare la memoria significa anche rendere giustizia”.
L’incontro si è infine concluso con il contributo di Gabriele Nissim: «Per anni abbiamo coltivato una memoria del male ma è opportuno ricordare anche quei giusti che si sono trovati dalla parte sbagliata. La memoria del bene può allora divenire un esempio morale che restituisce un valore umano alle nostre esistenze».
Nissim ha poi organizzato una propria riflessione su come si possa definire Giusto un personaggio che abbia aderito al nazismo. «Dobbiamo ricordare che il progetto hitleriano di distruzione degli Ebrei era il punto fondamentale della sua strategia. Chi non aderiva alla sua ideologia andava contro Hitler. Chi ha rifiutato quelle azioni è stato pervaso da un forte senso di umanità e deve essere posto su un altro piano. In Israele ci fu presso lo Yad Vashem un complicato dibattito introno alla figura di Oskar Schindler a cui presero parte Moshe Landau e Moshe Bejski. Da una parte c’era chi lo considerava un nazista sebbene avesse salvato alcuni ebrei e dall’altra chi ne riconosceva il suo corretto ruolo.
Generalmente noi siamo abituati a ritenere un giusto come una figura limpida e cristallina senza ombre di alcun genere ma non è sempre così. I giusti non sono degli eroi ma delle persone comuni che come noi vivono anche di contraddizioni».