di Roberto Zadik
Gli ebrei bulgari, come il grande scrittore Elias Canetti, hanno una storia del tutto particolare e poco nota ai più ma che merita di essere raccontata specialmente riguardo a quanto accadde nella Seconda Guerra Mondiale. A questo proposito, giovedì 31 maggio è stata presentata a Palazzo Moriggia, Museo del Risorgimento, con una importante cerimonia di inaugurazione, la mostra “La forza della società civile. La sorte degli ebrei in Bulgaria 1940-1944″ dedicata alle traversie degli ebrei bulgari dal 1940 al 1944 e in corso fino al 14 giugno, a ingresso libero. L’evento, fortemente voluto dal Console Generale di Bulgaria a Milano Rossen Roufev è stato realizzato in collaborazione col Comune di Milano, Gariwo e il patrocinio della Comunità ebraica milanese e dell’Ucei e dell’Adei Wizo e ha riunito istituzioni e un vasto pubblico con una serie di interventi e emozionanti testimonianze.
Relatori della serata, oltre al console e alla curatrice della mostra Albena Taneva, docente associata del Centro di studi Ebraici Università di Sofia, il presidente di Gariwo Gabriele Nissim e diverse istituzioni, dall’assessore alla Cultura comunale Filippo Del Corno, al co-presidente della Comunità ebraica milanese Milo Hasbani fino alla sopravvissuta Heny Lorer e a Claudio Salsi Direttore della Soprintendenza Musei Archeologici e Musei Storici del Castello Sforzesco che ha introdotto l’iniziativa.
Soddisfatto l’assessore Del Corno che ha ribadito “l’importanza della Memoria in questa epoca difficile e in un luogo come il Museo del Risorgimento”. Riguardo alla storia degli ebrei bulgari egli ha ricordato come, a differenza di altre nazioni, la Bulgaria “rappresenti una vicenda singolarmente positiva dove si sono verificati casi di collaborazione attiva di alcuni gruppi della popolazione che hanno dato prova di solidarietà e di coraggio salvando diverse vite umane”. Una dimostrazione forte di come la buona volontà della popolazione e del politico Dimiter Peshev, che è stato vice presidente del Parlamento e Ministro della Giustizia e nominato per il suo impegno “Giusto fra le nazioni” e citato spesso da Nissim come grande personaggio, abbiano potuto salvare 48mila ebrei bulgari costituendo un modello di altruismo e umanità per tutto il mondo.
Molto efficace anche l’intervento del Console bulgaro che ha sottolineato come la Resistenza di parte della popolazione locale al nazismo costituisca una prova di come il Bene vinca sul Male e Peshev fu uno dei più fulgidi esempi di contrapposizione e di opposizione alle persecuzioni antiebraiche che stavano avvenendo”. Un caso unico raccontato e ricostruito in questa bella mostra che, a 75 anni dall’accaduto, era il 1943, intende rievocare non solo il contributo della società civile, come recita il titolo dell’esposizione, ma anche della Chiesa ortodossa bulgara ha rivestito un ruolo importante a favore degli ebrei.
Nonostante questo purtroppo, ha ricordato il Console, diversi ebrei vennero espulsi in Tracia, in Macedonia o in altri luoghi ma poi ci fu chi seppe opporsi, chi fece marcia indietro come Peshev e i suoi politici”. Molto intenso il discorso di Nissim che ha ricostruito le fasi del salvataggio degli ebrei bulgari. Il presidente di Gariwo è partito dal suo incontro allo Yad Vashem di Gerusalemme con un signore bulgaro “che mi disse che se era ancora vivo era grazie a Peshev del quale in occidente non si sapeva nulla. Al pari della Danimarca, la Bulgaria fu l’unico Paese dove gli ebrei si salvarono.” Ma come fu possibile e come avvenne tutto questo? “Come l’Italia fascista, inizialmente anche la Bulgaria aveva seguito lo spirito del tempo, firmando l’alleanza con Hitler” ha detto Nissim, riportato integralmente sul sito di Gariwo “anche se la condizione era la deportazione degli ebrei”. In tutto questo, Nissim ha fatto sapere che “nel marzo 1943 il Re Boris, il Primo Ministro Filov e il responsabile per la questione ebraica Belev siglarono un accordo per la deportazione ebraica”. Successivamente però successe il miracolo basato su una storia di amicizia fra vecchi compagni di scuola. “Un ebreo “ secondo l’efficace ricostruzione del presidente di Gariwo “di nome Jako Baruch una volta venuto a conoscenza di quanto stava succedendo non accettò di subire passivamente la situazione e decise di mettersi in contatto con un suo vecchio amico, il vicepresidente del Parlamento bulgaro Dimiter Peshev. Inizialmente quest’ultimo fece finta di sottovalutare il pericolo ma poi qualcosa si mosse nella sua coscienza e decise che doveva agire al più presto e assieme al suo gruppo politico si recò il giorno stesso dal Ministro degli Interni Gabronski e minacciando lo scandalo politico lo obbligò a telefonare a tutte le prefetture per bloccare le deportazioni”. Un gesto di fondamentale importanza e di grande coraggio e altruismo, quello di Peshev completato da un documento che come ricorda Nissim “aveva un testo che era un capolavoro e che voleva raccogliere più firme possibili e da inoltrare a Filov e al Re”. Obbiettivo primario, dire di no al Male, “facendo capire” ha sottolineato Nissim “come il Male fatto a loro si sarebbe prima o poi ripercosso sulla nazione bulgara gettando una indegna macchia di infamia sull’onore della Bulgaria ”. Un discorso che puntava non su valori etici ma su conseguenze anche pratiche e morali. Come andò a finire? “Alla fine 43 deputati della maggioranza filotedesca firmarono l’appello, perché per la prima volta qualcuno li fece ragionare sulle conseguenze morali delle loro azioni”.
Tutto questo, però non fu privo di conseguenze e come tante volte è accaduto i Giusti nella storia hanno avuto diversi problemi nella loro ricerca del Bene. Successivamente “Peshev venne rimosso dal suo incarico e il Re e il Ministro Filov lo accusarono di aver agito, con quella lettera contro il Governo ma ormai l’accordo che doveva essere segreto era stato reso pubblico e tutti divennero consapevoli delle terribili responsabilità che la monarchia si sarebbe assunta con la consegna degli ebrei”. In conclusione Nissim ha messo in luce il grande coraggio della Bulgaria e il suo insegnamento per l’attualità per questa epoca. Fra gli interventi, in ultima battuta, hanno parlato la curatrice e autrice della mostra la professoressa Taneva. “Non dobbiamo sempre pensare ai politici, ma anche a ognuno di noi, a quello che possiamo fare per gli altri” ha detto riguardo ai tanti che salvarono gli ebrei in Bulgaria “ e non dire che quello che succede attorno non ci riguarda, ma riflettere su figure come Peshev e al sinodo della Chiesa ortodossa bulgara. Dobbiamo stare in allerta che non succedano più cose del genere.” In merito all’esposizione, questa è una mostra itinerante che è stata presentata per la prima volta nel 2008 e da allora ha girato vari Paesi del mondo. Dagli Usa, a New York durante la 65esima sessione dell’Onu varcando i confini di varie nazioni, da Israele, al Giappone, al Messico alla Spagna e venendo ospitata nel 2014 dal Parlamento Britannico e nel 2016 da Parlamento Europeo a Bruxelles. La mostra in 22 pannelli, fra foto e documenti ricostruisce gli eventi bulgari parallelamente a quelli internazionali.
In tema di interventi, molto emozionante la testimonianza di Heny Lorer, una dei 48mila ebrei sopravvissuti a quanto accaduto che ha ricordato “quelli anni dove i nostri diritti erano negati e dovevamo andare in giro con una stella gialla che creava inevitabili distanze coi nostri amici e questo dolore lo porto dentro ancora oggi. Avevamo un costante senso di paura anche se ricordo anche la solidarietà di tanta gente”. Confermando il ruolo chiave di Peshev nella sua salvezza, l’anziana signora ha sottolineato l’importanza della fratellanza, di abbattere i muri e i pregiudizi fra individui”. Infine il presidente della Comunità ha ringraziato tutti i presenti e le istituzioni e tutti sono scesi al pian terreno ad assistere alla mostra accompagnati dai due violinisti Marta Taneva e Nikolay Kumanov.