‘Ebreo’. Il nuovo libro di Emanuele Fiano presentato su Facebook dall’Associazione Figli della Shoah

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di Ilaria Ester Ramazzotti
“Cosa vuol dire esattamente essere ebrei, cosa ha voluto dire e cosa sarà nel futuro? Questa domanda, apparentemente semplice, ha sempre prodotto risposte molto diverse tra loro, anche tra gli stessi ebrei; vuol dire essere fedeli di una religione? Vuol dire sentire di far parte di una tradizione o di una storia particolare? Si può essere ebrei e atei? Oppure ebrei laici”? Con queste domande, il deputato e scrittore Emanuele Fiano introduce il lettore nel viaggio dentro se stesso raccontato nel suo ultimo libro ‘Ebreo. Una storia personale dentro una storia senza fine’, edito da Piemme

Le stesse domande hanno animato la presentazione del volume organizzata dall’Associazione Figli della Shoah, svolta in diretta su Facebook, il 1 marzo 2022, a cui hanno partecipato la senatrice a vita Liliana Segre e i giornalisti e scrittori Michele Serra e Gianguido Vecchi. L’incontro è stato introdotto e moderato da Susy Barky Matalon vicepresidente dell’Associazione Figli della Shoah: “L’anno scorso abbiamo presentato il suo primo libro, ‘Il profumo di mio padre, bellissimo, emozionante e casualmente pubblicato a un mese dalla scomparsa di Nedo Fiano, un volume sul tema fondamentale del passaggio del testimone da padre a figlio. Questo secondo libro di Emanuele Fiano è complementare al primo, chiude il cerchio su una serie di riflessioni su che cosa significhi essere ebreo, oltre che il figlio della Shoah. Un libro con un titolo coraggioso – ha sottolineato Susy Barky -, con la parola ‘ebreo’ scritta in grande e con un bel punto rosso, oltre a fotografia meravigliosa di Ben Gurion sulla spiaggia di Tel Aviv”. 

“Avevo pensato insieme all’editore a molti titoli, ma alla fine io ho deciso di dire quello che sono – ha spiegato Emanuele Fiano -:  a volte, nella vita e anche nella vita politica, mi capita di dire che sono ebreo, ma anche che sono ebreo e sono italiano e sono di sinistra. Per una volta ho voluto sottolineare che sono ebreo profondamente, fino nel profondo dell’animo. I motivi li spiego tutti nel libro. Magari non corrispondono esattamente ai motivi di chi è completamente ateo oppure di chi è completamente osservante, però sono ebreo nel senso che ho una storia personale, come dice il sottotitolo, che è intrisa di ebraismo, dentro una storia molto grande che ha tante sfaccettature”. La fotografia di copertina l’ha scelta, spiega ancora lo scrittore, per il fascino esercitato da un classico ebreo come Ben Gurion, che a contribuito con le sue mani alla nascita dello Stato d’Israele. Cultore dello yoga, il politico israeliano è ritratto a testa in giù, in una delle posizioni del metodo Feldenkrais. “Un’immagine che, da uomo profondamente ebreo e profondamente laico, mi fa pensare che bisogna essere sempre capaci di guardare il mondo da un’altra visuale. A volte per fare delle rivoluzioni, anche semplici, che possono cambiare il senso delle cose”.

Il libro è stato dedicato dall’autore alla sua famiglia, che scrive: “A Tamara, Davide, Michael e a tutta la mia famiglia che non ho conosciuto perché ce li hanno strappati”.

Su questo, Liliana Segre così si è espressa: “Mio caro Emanuele, direi che non abbiamo bisogno di parole: c’è qualche cosa di unico, di speciale, di sentito e vibrante, legato agli affetti e alla storia di ciascuno di noi, che rende il ‘non detto’ a volte è più forte del ‘detto’.  Questo mi succede anche quando leggo le cose che scrivi. Succede quando si è vissuto, contemporaneamente a tuo padre, le stesse cose, le stesse perdite, gli stessi ragionamenti, gli stessi colori e odori, lo stesso cielo, per ritrovarsi poi nella dedica di un libro così forte e impressionante anche nell’identità che ti ha portato a essere quello che sei”. “Abbiamo avuto la possibilità di dedicare ai nostri figli. E per generazioni che dovevano morire, per la colpa di essere nati ebrei, avere invece avuto figlie e nipoti è una talmente importante vittoria sulla morte che, quando io te ci incontriamo, è questo che sentiamo”. 

“Del libro mi è piaciuto moltissimo la capacità di calarsi nell’esperienza personale e quindi nell’autobiografia – ha commentato Michele Serra -. L’esperienza ebraica fa sì che la cultura ebraica non sia mai immobile, ma in perenne movimento, in viaggio, come scrive in metafora Emanuele Fiano”. “Questo dinamismo diventa anche un dinamismo intellettuale, di spirito, e devo dire che affascina moltissimo”. “Fiano mi aiuta a spiegare che c’è questa irrequietudine intellettuale, che ha radici profonde nell’ebraismo, e devo ringraziarlo anche per avermi dato un po’ di pezze d’appoggio a parziale conferma di questo ‘inevitabile pregiudizio’” sulla levatura intellettuale nell’ebraismo.

“Uno degli aspetti che mi hanno colpito di più del libro è la riflessione sulla lingua – ha svelato Gianguido Vecchi -. Quando ho intervistato Emanuele mi ha detto una cosa molto bella: ‘Siamo stati educati a sentire il battito del cuore delle parole e a riflettere con attenzione fin da bambini su ogni singola parola e su ogni singola lettera’”. “Si dice che il popolo ebraico sia il popolo del Libro, con la ‘L’ maiuscola. Si potrebbe dire che il popolo della parola, delle parole”. “Un’altra cosa che colpisce è che l’autore, ebreo laico, scriva un volume scandito di riferimenti alla Torah. E parlare della Torah significa parlare delle parole, del potere e della ricchezza delle parole”.

 

Segui la registrazione completa dell’evento sulla pagina Facebook dell’Associazione Figli della Shoah