Edith Bruck, prima e dopo la Shoah. Ricordi, affetti e sofferenze di due vite strappate all’orrore

Eventi

di Giovanni Panzeri
“Ho iniziato a testimoniare negli anni 60, poi non mi sono mai fermata e non mi fermerò mai. Andrò avanti finche potrò”: è quanto ha affermato la scrittrice e poetessa italo-ungherese Edith Bruck, una degli ultimi testimoni della Shoah ancora in vita, durante la serata organizzata da 3D Produzioni giovedì 11 maggio al cinema Anteo di Milano per celebrare il suo novantaduesimo compleanno.

La serata ha visto la proiezione del documentario Edith preceduta da una discussione, introdotta dalla produttrice Didi Gnocchi, in cui sono intervenuti la sceneggiatrice e amica personale di Edith, Giovanna Boursier, Ferruccio De Bortoli, presidente della Fondazione Memoriale della Shoah di Milano, e la stessa Edith Bruck, con un intervento in differita.

Il documentario è, in realtà, soprattutto un omaggio alla vita. Alla vita prima della Shoah, strappata alla tragedia tramite oggetti, foto e ricordi, ma anche ‘oltre’ alla Shoah’, alla capacità di vivere ancora..

“La vita di Edith è memoria vissuta con amore e con rispetto – dichiara Ferruccio De Bortoli – e rappresenta un abbraccio corale all’umanità. L’odio è un sentimento che non le appartiene, anche se è sempre difficile perdonare. E la cosa che colpisce di più è la giovinezza di Edith, la sua leggerezza e il suo modo di ricordarci che ogni momento ha il suo significato se vissuto nel rapporto con gli altri.”

“Edith è una persona che è stata capace di vivere e di essere oltre la tragedia della Shoah – ha dichiarato Giovanna Boursier – è stata capace di innamorarsi perdutamente, gioire e soffrire ancora.” Per questo il film è stato girato completamente nella casa romana di Edith, in  cui convivono i suoi scritti, i ricordi del marito, Nelo Risi, e della famiglia scomparsa nella Shoah.

Insomma i ricordi di due vite che, in modi diversi, sono state strappate alla sofferenza.

“Ho cominciato a scrivere perché scoppiavo di parole – racconta Edith Bruck – ma per molto tempo dopo la Shoah mia sorella ed io non siamo state ascoltate. La carta sopporta, ho pensato, e se gli esseri umani non vogliono ascoltare, non vogliono sapere, la carta non può dire di no”.

“Ma non basta testimoniare, bisogna anche andare avanti- ha concluso la scrittrice – nonostante la fatica bisogna andare avanti, soprattutto per i giovani e per il loro futuro”.