di Anna Lesnevskaya
Affrontare il tema dell’identità ebraica di oggi senza preconcetti e senza semplificazioni, capirne le profonde tendenze, è quello di cui hanno bisogno le istituzioni per poter rispondere alla sfida del rinnovato interesse nei confronti dell’ebraismo. Ne è convinto il professore emerito all’Università di Gerusalemme, Sergio Della Pergola. Il maggiore esperto della demografia del mondo ebraico è intervenuto all’evento dal titolo “Gli ebrei nel mondo. Ortodossi, Reform, Conservative, Ultraortodossi. La diversità di regole come incide sui numeri?”, trasmesso in streaming il 7 febbraio e organizzato da Emanuela Servi dell’Adei Wizo (Associazione donne ebree d’Italia) e da Hulda Liberanome, direttrice della rivista Toscana Ebraica.
La ricerca del professor Della Pergola si basa sul lavoro che ha svolto da decenni non solo nell’ambito della Hebrew University, ma anche come membro del Jewish Policy Research Insitute di Londra. La base statistica per ricostruire le infinte identità dell’ebreo contemporaneo è stata fornita dalla ricerca sulle percezioni dell’antisemitismo nel campo ebraico svolta grazie ai fondi Ue nel 2018 e, precedentemente, nel 2012. L’indagine del 2018 è stata realizzata via Internet su 16mila ebrei in 12 Paesi europei (compresa l’Inghilterra), mentre il campione italiano è rappresentato da 700 persone.
Come ha spiegato lo studioso, dopo la Shoah, la popolazione ebraica mondiale sta crescendo e nel 2020 ha raggiunto 15mln, ma ciò avviene grazie agli ebrei israeliani passati dal 1,5mln a 7mln, mentre la diaspora è in calo dagli anni Settanta a causa dell’immigrazione e invecchiamento e ora conta 8mln. Geograficamente, Israele e gli Stati Uniti (5,7mln) rappresentano l’85% di tutta la popolazione ebraica mondiale, mentre la restante parte degli ebrei si concentra principalmente nei Paesi occidentali. Secondo il prof. Della Pergola, ne deriva un miglioramento delle condizioni materiali degli ebrei di oggi rispetto alla storia ebraica contemporanea, il che rende ancora più cruciale la questione dell’identità e della sua conservazione.
Quei 15mln di persone che compongono il nucleo della popolazione ebraica, ossia coloro che per il sondaggio si definiscono ebrei possono essere allargati a 24mln, se includiamo persone con genitore ebreo, o anche coloro che hanno un coniuge ebreo, oppure, in un’ottica più ampia ancora, chi è soggetto alla Legge del Ritorno. I confini tra queste categorie nono sono rigide, perché nel mondo di oggi “l’identità viene scelta”, ha sottolineato il demografo.
Per far emergere le varie sfaccettature dell’identità ebraica di oggi serve ottenere le risposte a tre domande. La prima: cosa significa essere ebrei? Secondo i dati del 2018, al primo posto in Europa è la religione (35%, in Italia 49%), a seguire l’origine (26%), la cultura (11%) e il retaggio (10%). La nazionalità invece è meno importante (9% in Europa e 5% in Italia), perché, ha spiegato Della Pergola, “il nazionalismo europeo impone di essere della nazione in cui si vive”.
La seconda domanda è “perché?” ossia quali sono i contenuti affettivi dell’essere ebreo. Al primo posto sono il ricordo della Shoah (78%) e la lotta all’antisemitismo (76%). In Italia, l’ultima precede leggermente il primo. Per due terzi (66%) è sentirsi appartenenti al popolo ebraico, dato inferiore in Italia (49%) per la sua particolare tradizione culturale. A seguire la partecipazione alle feste ebraiche in famiglia (52%), sostegno all’Israele (51%), cultura ebraica (42%) e credere in Dio (33%). In Italia è più forte la percezione della famiglia (63%) e della cultura ebraica (53%). In fondo è dare alla comunità (32%), il dato più basso in Italia (23%). “Si tratta di un profilo modernizzato e secolarizzato”, ha commentato lo studioso, aggiungendo che questa graduatoria è molto simile a quella degli Usa e Israele, a riprova del fatto che gli ebrei non sono un ‘prodotto’ dello Stato in cui vivono, ma di una storia più ampia.
Analizzando gli stessi dati non in maniera lineare, ma in collegamento tra di loro per ottenere una specie di ‘mappa mentale’, Della Pergola ha potuto evidenziare che nel 2018, rispetto al 2012, Israele e il popolo ebraico sono diventati centrali nella percezione degli ebrei europei. Secondo lo studioso, si tratta di una reazione alle pressioni esterne. Infatti, nell’ambito della stessa ricerca rispettivamente l’85% e l’84% di intervistati in Europa hanno considerato l’antisemitismo e il razzismo il principale problema. L’Italia è l’unico Paese europeo dove al centro delle scelte affettive del proprio essere ebrei c’è il concetto di comunità, e non Israele e il popolo ebraico. Dato interessante che merita approfondimento, secondo il demografo.
L’ultima domanda che completa la ricerca sulle identità ebraiche è “come essere ebreo?”, ossia attraverso quali reti. Secondo i dati di Israele relativi al 2015, il 9% si definisce Haredi, ossia ultrareligioso, il 13% Dati, ossia religioso, in mezzo ci soni i tradizionalisti, Masorti (29%), mentre la maggioranza (49%) si considera Hiloni, ossia secolare. La tendenza è quella di polarizzazione, ha notato Della Pergola, visto che nel corso del tempo i tradizionalisti si sono indeboliti, mentre i secolari e i più religiosi si sono rafforzati. Meno sfumate sono le differenze rispetto alla propria appartenenza alle denominazioni religiosi (si tratta di opinioni e non di essere un membro effettivo): il 50% si considera ortodossi, 3% Reform, 2% conservatori e 41% fuori da ogni raggruppamento.
Negli Usa invece Reform è il movimento principale (36%), con in mezzo i conservatori (18%) e in fondo gli ortodossi (10%). Anche negli Stati Uniti stiamo assistendo a una polarizzazione, ha notato il demografo: il giudaismo Conservative si è indebolito, mentre si è rafforzata la parte senza denominazione (30%).
La situazione in Europa e in Italia
I dati europei e italiani del 2018 sono interessanti se visti in trasformazione dall’infanzia ad oggi. Guadagnano gli ortodossi (passano dal 7 all’8% in Europa e dal 9 all’11 in Italia) e gli Haredim (crescono dal 4 al 5%), mentre in Italia gli ultraortodossi sono scarsi (l’1%). Cresce anche il movimento riformato/progressivo (dal 10 al 15% in Europa e dal 5 al 10% in Italia). Il centro moderato e tradizionale è in diminuzione (cala dal 29 al 24% in Europa e dal 19 al 15% in Italia). In Europa è in forte aumento la categoria di chi si considera “semplicemente un ebreo” (dal 27 al 38%), cresce anche in Italia dov’è dominante (dal 50 al 54%). Interessante anche la percentuale di chi non si considerava ebreo alla nascita, ma lo si reputa ora (l’8% in Europa e il 7% in Italia).
“È importante rimanere indipendenti e capire le tendenze profonde, capire che c’è un grande interesse nei confronti dell’ebraismo, è un fenomeno che attrae, c’è una rivitalizzazione di interesse, – ha concluso la sua relazione il Prof. Della Pergola. – Esiste una grande potenzialità se le nostre istituzioni saranno in grado di captarla in modo che le persone si sentano coinvolte e soddisfatte nelle loro esigenze globali e locali”.