di Nathan Greppi
FERRARA – “Ferrara è una città di vita ebraica, e la vita ebraica di Ferrara fa capo alla comunità”; queste le parole pronunciate da Simonetta Della Seta (al centro nella foto, con a sinistra Alberto Cavaglion e a destra Paola Bassani), direttrice del Museo nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah (MEIS), la sera di sabato 16 settembre nel municipio della città estense, durante l’inaugurazione della Festa del Libro Ebraico, che quest’anno arriva alla sua ottava edizione.
L’inaugurazione e il concerto
La Della Seta ha iniziato ringraziando le autorità e in generale tutti i presenti, dopodiché ha passato la parola agli ospiti più importanti: il primo a prendere la parola è stato il sindaco Tiziano Tagliani, il quale ha espresso tutta la sua commozione nel ritrovarsi lì: “Sono veramente stupito, ogni anno, di percepire quasi un clima da festa di famiglia, e per me è motivo di grande soddisfazione; anche per me è come tornare in famiglia,” ha dichiarato.
Tagliani ha inoltre ricordato che, di recente, Ferrara ha ospitato un incontro sull’ebraismo con lo storico George Bensoussan. “Dentro la comunità ebraica c’è una dimensione di dialettica feroce, che però è costruttiva, sempre nel rispetto delle persone.” Ha anche fatto notare che la comunità ebraica è l’unico esempio noto di una comunità che è plurale al suo interno, in quanto ospita askenaziti e sefarditi, libanesi e marocchini, ma nonostante ciò “questa comunità riesce comunque a trovare un momento di sintesi.”
Dopo di lui Daniele Ravenna, consigliere del Ministero dei Beni Culturali, ha ricordato che il 13 dicembre verrà aperto il nuovo Museo Ebraico. “Ogni italiano della nostra generazione ha avuto i nonni che hanno combattuto nella 1° Guerra Mondiale.” Parlando del celebre scrittore Giorgio Bassani, ha affermato che “raccontando un microcosmo, la borghesia ebraica di una piccola città degli anni ’30, ha fatto un discorso universale, e ha portato Ferrara ad essere il riferimento di un’universalità. […] Il MEIS non deve essere il museo di una città, o il museo degli ebrei, dev’essere un polo di incontri, di studi, di costruzioni di memorie condivise, in cui gli ebrei si raccontano e si confrontano.”
Rav Luciano Caro, Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Ferrara, ha voluto soffermarsi sul significato che i libri hanno nella tradizione ebraica: “Il termine ‘sefer’, che designa in ebraico il libro, indica una serie di scritti diversi: un elenco, un contratto, una lettera. Ha una derivazione ebraica che significa ‘raccontare’, ma anche ‘contare’,” ha spiegato, ricordando che, nell’antico Oriente, la figura dello scriba era molto importante, anche a livello politico. “L’alfabeto non è un elenco convenzionale di segni, ognuna è una chiave per decifrare i segreti del creato. Attraverso lo studio del libro per eccellenza, la Bibbia, l’ebraismo ha per così dire provveduto alla santificazione della letteratura.”
L’ultimo a intervenire è stato Dario Disegni, presidente del MEIS, affermando che “è una storia, quella della comunità ebraica, di integrazione nel tessuto della società italiana, con luci e ombre, ma di interazione con la stessa, mantenendo e sviluppando, anziché omologarsi, una propria identità culturale e religiosa.”
E infine è iniziato l’evento più atteso: Yakir Arbib, pianista di origini israeliane, ha suonato alcuni brani tratti dal suo ultimo album Babylon, nel quale mescola uno stile jazz alla musica ebraica, ispirandosi anche a Bela Bartok e a Niccolò Paganini, e dimostrando un talento più unico che raro.
Nel futuro Grande MEIS, in costruzione ancora per poco
La mattina di domenica 17 settembre, sono state organizzate delle comitive per esplorare il cantiere più grande di Ferrara: qui, dove un tempo sorgeva una prigione, a partire dal 13 dicembre verrà inaugurato il nuovo MEIS. In questo enorme edificio di tre piani, dove i lavori non sono ancora finiti, i muri che separavano le vecchie celle sono stati abbattuti, e tutti muri sono stati riverniciati di bianco.
Mostra sulla storia e Dibattito sull’accoglienza
Un’ora dopo la visita al cantiere, passando vicino al Castello Estense e inoltrandoci tra le bancarelle, siamo tornati al municipio, dove è stata allestita la mostra 1915-1918: Ebrei per l’Italia; sebbene il titolo possa ingannare, in realtà la mostra narra le vicende degli ebrei italiani, e non solo ferraresi, dall’Unità fino alle leggi razziali e alla Shoah. In particolare, sono stati mostrati i nomi e i volti di quegli ebrei che hanno partecipato attivamente alla vita politica italiana di quei decenni, e di coloro che morirono o combattendo per il loro paese o deportati nei campi.
Poco prima di mezzogiorno, Tagliani e Disegni hanno voluto nuovamente dare il benvenuto ai presenti. Disegni aveva molto a cuore questa mostra, poiché suo nonno, un rabbino di Verona, fu cappellano militare durante la Grande Guerra, provando empatia anche per gli ebrei che combattevano dalla parte opposta. Ugualmente commossa la Della Seta, poiché anche suo nonno Lionello Della Seta combatté in quel conflitto per il suo paese, ma purtroppo in seguito morì ad Auschwitz.
Con l’arrivo del Ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli, la maggior parte del pubblico si è trasferita nella sala del Consiglio Comunale. Una volta che tutti hanno preso posto, è iniziato il dibattito Partecipazione e accoglienza oggi: le sfide dell’accoglienza, in cui si è parlato dei problemi legati alle migrazioni di oggi. Ha moderato l’incontro Francesco Maria Talò, che fino a poche settimane fa era ambasciatore italiano in Israele.
Il primo a prendere la parola è stato Tagliani, il quale ha raccontato che oggi ci sono circa 13.000 migranti a Ferrara, secondo lui pienamente integrati. “È cambiata la percezione dei nostri doveri e delle relazioni di accoglienza negli ultimi anni, è cambiata perché l’esperienza dell’accoglienza, negli ultimi anni, ma parlo anche per la mia città, non ha mai avuto punte di conflittualità così come recentemente le abbiamo avute, forse meno in città e più in piccoli contesti.”
Dopo di lui ha preso la parola Mons. Giancarlo Perego, Arcivescovo di Ferrara-Comacchio, il quale è stato anche direttore della Fondazione Migrantes. “Una città non rimane sempre la stessa, ma si rinnova grazie alle persone,” ha detto, sostenendo che i migranti dovrebbero partecipare maggiormente alle elezioni amministrative locali. “Occorre fare della città un luogo di partecipazione.”
Più pratico è stato l’intervento del Presidente dell’UCEI Noemi Di Segni, secondo la quale “c’è chi arriva da un altro pianeta, e quindi con proprio modelli di governo, di gestione delle proprie famiglie, delle proprie culture, e innanzitutto deve esserci una compatibilità di valori fondamentali e il primo, vorrei ricordare, è quello della vita.” Ha aggiunto che non bisogna essere indifferenti alle sorti dei migranti, ma neanche “coprirci di buonismo.”
Con una altra impostazione si è espresso il deputato Mario Marazziti, anche portavoce della Comunità di Sant’Egidio, affermando che “La paura e il senso d’invasione non hanno nulla a che vedere con il dato reale, ma hanno tutto a che vedere con i titoli dei giornali.” Ha inoltre criticato l’attuale sistema, che ammassa i migranti in case d’accoglienza dove non imparano l’italiano.
E infine è venuto il turno del Ministro Fedeli, dichiaratasi “particolarmente onorata e contenta di essere qui. […] Far partecipare attivamente riconoscendone la differenza: questa è la cittadinanza.” Ha attaccato i nuovi media, e la loro influenza sui giovani.
Incontro con gli autori
Nel pomeriggio, sempre all’interno del Municipio, si sono svolti gli incontri con autori che hanno recentemente pubblicato libri sull’ebraismo italiano. Ad aprire le danze è stata Paola Bassani (sopra nella foto a destra), storica dell’arte che insegna alla Sorbona e figlia del celebre scrittore Giorgio, nonché autrice di un libro che racconta proprio la vita di suo padre, Se avessi una piccola casa mia. Giorgio Bassani, il racconto di una figlia. Con lei, è venuto a presentare il libro anche lo storico Alberto Cavaglion (nella foto a sinistra).
“Sono molto contenta e onorata di essere stata invitata da te,” ha dichiarato la Bassani rivolgendosi alla Della Seta. Parlando del libro Cavaglion ha affermato che “le autrici tendono sempre a sottovalutare il proprio lavoro. Questo è un libro che rivela, non solo su Bassani ma anche su alcuni svincoli della cultura italiana del secondo dopoguerra”; infatti, nel libro la figlia racconta come il padre facesse leggere a lei e al fratellino, quando avevano 5-6 anni, le bozze de Il Giardino dei Finzi-Contini, li trattava già come degli adulti. Viene inoltre spiegato come all’epoca quello di Bassani fosse un caso singolare, in quanto gli scrittori venivano giudicati in base all’impegno politico, al quale lui era estraneo.
A salire sul palco subito dopo sono stati due saggisti che narrano le storie delle rispettive comunità: Riccardo Calimani, che ha scritto Storia degli Ebrei di Roma. Dall’emancipazione ai giorni nostri, e Rony Hamaui, autore di Ebrei a Milano. Due secoli di storia fra integrazione e discriminazioni. Nel commentare il libro di Hamaui, Calimani ha affermato che “c’è molto cuore in questo libro, molta empatia.” Mentre Calimani racconta i rapporti tra gli ebrei romani e la Chiesa, che per molto tempo furono negativi, Hamaui ha dichiarato: “Io ho voluto scrivere questo libro come gratitudine a questo paese e alla città che mi ha ospitato. Sono arrivato dall’Egitto con la Crisi di Suez nel ’56, e ho avuto 60 anni di vita bellissimi qui in Italia.”
Dopo di loro è venuto il turno di Una storia del secolo breve. L’orfanotrofio israelitico italiano Giuseppe e Violante Pitigliani, scritto da Angelina Procaccia, Sandra Terracina e Ambra Tedeschi e incentrato sulla storia di un orfanotrofio fondato durante la guerra per ospitare i profughi ebrei bambini. Assieme alla Procaccia e alla Terracina, hanno presentato il libro Micaela Procaccia, archivista curatrice dell’opera, e il direttore del CDEC Gadi Luzzatto Voghera.
Un libro che stava molto a cuore alla comunità locale è Gli occhiali del sentimento. Ida Bonfiglioli: un secolo di storia nella memoria di un’ebrea ferrarese, scritto da Sabina Fedeli che lo ha presentato assieme al Presidente della Comunità Ebraica di Ferrara Andrea Pesaro. Il libro narra la vita di Ida Bondiglioli, ebrea di Ferrara sopravvissuta ai campi e scomparsa a 104 anni. In sala, molte persone sono intervenute dopo la presentazione, ognuna delle quali aveva uno o più ricordi di questa donna.
E infine, per concludere la giornata, è stata presentata una nuova edizione del libro La psicoanalisi di Enzo Bonaventura, curata da David Meghnagy che ha presentato il volume assieme ai docenti dell’Università di Bologna Pier Francesco Galli e Paolo Migone. Bonaventura fu uno dei padri della psicologia in Italia, ma purtroppo perse i suoi incarichi nel 1938 a causa delle leggi razziali ed emigrò a Gerusalemme, dove morì nel ’48 su un convoglio attaccato da milizie arabe. Parlando del libro, Migone ha detto che “quando l’ho ricevuto, pensavo che un libro del ’38 fosse datato, e invece è molto bello.” Dello stesso avviso è anche Galli, secondo il quale “è un libro non di semplificazione dei problemi, ma che crea problemi,” tanto che, per scherzare, ha concluso che “chi è venuto uscirà di qui con maggiori problemi.”