di Naomi Stern
“Frammenti di Memorie dimenticate”: questo il titolo della conferenza che ha aperto le celebrazioni del Giorno della Memoria 2016. Nella cornice del Tempio Centrale di via Guastalla, aperto straordinariamente alla cittadinanza e gremito di donne e di uomini con la kippà in testa, si sono susseguiti una serie di interventi, aperti dal saluto del Presidente dell’Amicizia Ebraico-Cristiana, Yoram Ortona.
“Siamo qui nel luogo centrale e simbolo della Comunità Ebraica milanese e abbiamo l’onore di aver con noi Antonia Arslan, scrittrice e saggista italiana con origini armene. Il popolo armeno appare spesso troppo dimenticato e ignorato. Nel 1915-1916 il genocidio armeno ha causato la morte di un milione e mezzo di persone ed è proprio in questi giorni che ne cade il centenario. È innegabile: un ponte affettivo e storico lega il popolo ebraico a quello armeno. Oggi non è sufficiente ricordare, il rischio è che la Giornata della Memoria diventi una celebrazione di routine. Va rimarcato il valore e il contributo positivo delle testimonianze e del grande lavoro che è stato fatto nelle scuole e nei giovani celebrare questa giornata.
Ma tutto deve essere accompagnato dalla visione attenta della realtà i cui viviamo. Ora spicca l’antisionismo, l’odio verso gli ebrei declinato in odio verso Israele. Oggi assistiamo inermi ad atti di terrorismo. Oggi alcuni ebrei devono forzatamente lasciare i loro paesi di origine, vedi Francia, Belgio e Danimarca. A Marsiglia è stato consigliato di non girare liberamente con la kippà addosso, dopo che un professore ebreo è stato accoltellato per strada. Non è accettabile che si venga pugnalati solo perché ebrei o israeliani.
Il 27 indossiamo la kippà per dire mai più!
A Milano gruppi della destra estrema europea hanno indetto un convegno in un albergo del centro e per il 28 gennaio è programmato un raduno nazi-fascista. Di fronte a tutto ciò, il dialogo e il confronto tra le fedi religiose è fondamentale per contribuire a stemperare i rigurgiti antisemiti”.
Yoram Ortona ha concluso il suo intervento ricordando la commovente visita di Papa Francesco alla Sinagoga di Roma, un tassello importante del reincontro fraterno tra ebrei e cristiani e citando un articolo di Rav Laras pubblicato sul Corriere della Sera.
A moderare la serata, Paolo Liguori, Direttore di TGCom24. “In questo momento porto la kippà come la porterò il 27 gennaio. Io sono cristiano e riconosco chi ha bisogno di un fondamento religioso, proprio come voi. Personalmente sono sempre stato colpito dalla Shoah e da tutti i genocidi. Il lavoro di giornalista non si può fare senza prendere in causa qualcosa. Oggi la mia causa è combattere la grande ipocrisia che è attorno a noi: si celebra la Giornata della Memoria ma, quando viene accoltellato un ebreo per strada a Milano, si giustifica il fatto motivandolo come se fosse tutto causato da motivi personali e non implicati alla religione”.
Il pubblico, commosso, ha poi assistito al canto introduttivo Anì Ma’amin, eseguito da Rav David Sciunnach. Un canto importante, dal forte significato (Io credo, in italiano) che i condannati dei Campi di Concentramento cantavano andando verso i forni crematori.
“Questo canto mi ricorda quelli delle messe armene. Parole e suoni salvati dal genocidio e raccolte in canzoni popolari che colpiscono il cuore” ha preso così la parola Antonia Arslan. “Ci sono armeni che salvarono ebrei ed ebrei che salvarono armeni. Il genocidio armeno e l’olocausto sono sempre pensati come separati da una larga distanza ma sono più connessi di quanto si possa pensare; un legame che nessuno dovrebbe ignorare”.
La scrittrice ha concentrato poi l’attenzione sulla tassa del 1941: “Per pagarla in molti hanno venduto casa o sono stati avviati ai lavori forzati in situazioni terribili, in fondo all’Anatolia a costruire strade. Questi gruppi di persone erano costituiti sia da armeni che da ebrei. …Perché dopo agli armeni, tocca agli ebrei”.
Vittorio Robiati Bendaud, ha basato il suo intervento sull’onda lunga della Shoah nel Mediterraneo. “In questi giorni sentiamo parlare dei treni della memoria e di Auschwitz. Ma la Shoah non è accaduta solo in Germania; ha riguardato l’Italia, i campi di Fossoli, di Bolzano e le leggi razziali del 1938. Dobbiamo vedere quello che è successo in Italia e non dire solo che la Shoah è avvenuta in Germania. Con l’Impero di Italia, in Dodecaneso e in Libia c’è stata un’altra Shoah, l’onda lunga nel Mediterraneo.
La memoria collettiva è stata rivolta agli ebrei europei ed italiani ma è passata in secondo piano di fronte al male degli ebrei dell’altra parte del Mediterraneo.
La Shoah degli ebrei in Grecia è stata terribile e la mortalità raggiunse il 97%. A Salonicco, la Gerusalemme del Mediterraneo, iniziò con la distruzione del cimitero. Ma anche Rodi, Kos, e Corfù sono tutte comunità che sono state decimate completamente.
La Shoah ha un quid in più rispetto a tutto il resto, non lascia possibilità di scampo. Se la conversione all’Islam poteva consentire la sopravvivenza e i bambini armeni venivano risparmiati dal genocidio, la nascita è stato il vero crimine commesso dagli ebrei.
L’unico libro in cui si parla di questo è il rotolo di Ester: si trova infatti scritto di uccidere tutti gli ebrei, dal giovane all’anziano, dall’infante alla donna. Ma se nella Meghillà di Ester tutto ciò non è avvenuto, nella Shoah è successo”.
La parola è poi passata all’Ecc.mo Rav Alfonso Arbib, Rabbino Capo di Milano.
“Nell’ebraismo si parla continuamente di memoria. Dalla Parasha di Beshalach appena letta al libro del grande storico, Joseph Kaimi Jerusalmi, Sachor. Quello che pochi dicono è che gli uomini hanno una necessità fisica di dimenticare. Non potremmo vivere senza dimenticare. Se una persona potesse ricordare tutto vivrebbe una vita allucinante. L’operazione che facciamo con la memoria è selezionare; qualunque memoria è selettiva. Il re Menasse, per esempio, è stato un grande re ma questo il testo biblico si dimentica di dirlo. Si vuole ricordare il male. Non è falsificare la storia ma è un’omissione, una scelta su cosa raccontare e cosa no.
L’obiettivo a cui puntare è fare delle scelte morali. Ci sono motivi sbagliati o casuali per cui ci ricordiamo o no, ma spesso ricordiamo ciò che ci conviene ricordare. Per esempio, il genocidio armeno è stato un fatto storico che per un bel pezzo si è deciso di non ricordare. Parlare di antisemitismo nel mondo islamico può crearci dei problemi ma è necessario farlo, non possiamo farne a meno. Rischiamo di non capire la realtà che abbiamo davanti. Ma che modo dobbiamo affrontare tutto ciò che accade oggi? L’antisemitismo lo conosciamo molto bene e non capire che c’è ed esiste non ci aiuta a leggere la realtà che abbiamo davanti”.
La serata si è conclusa con un breve saluto del Console armeno Kuciukian che ha sottolineato il rapporto antichissimo tra ebrei e armeni e che ha ringraziato commosso tutti i partecipanti alla serata.