di David Fiorentini
“La storia di Giorgio Perlasca è la storia di una persona qualunque che a un certo punto della propria vita, trovandosi a Budapest nel 1944, decise di non voltarsi dall’altra parte e far finta di niente, ma di fare qualcosa”. Così Franco Perlasca ha ricordato lo straordinario sforzo del padre nella Seconda Guerra Mondiale durante l’incontro online “Giorgio Perlasca, Giusto tra le Nazioni” organizzato il 26 aprile dalla Fondazione Carlo Perini.
Nell’ambito del progetto “Giustizia e Legalità”, la Fondazione ha avuto l’onore di ospitare il figlio dell’eroico Giusto, in un viaggio emozionale all’insegna del coraggio e della determinazione di salvare migliaia di ebrei dall’Olocausto.
Oltre a Franco Perlasca, l’evento ha visto la partecipazione della prof. Manuela Oglialoro, Responsabile delle ricerche storiche e scientifiche della Fondazione Carlo Perini e del prof. Marco Cuzzi, docente di Storia Contemporanea all’Università degli Studi di Milano, che, moderati dal Presidente Christian Iosa, hanno delineato una piacevole cornice alla serata.
“Dico la verità, io non ho avuto coraggio, non pensavo ai pericoli. Andavo dritto per la mia strada” dichiara Giorgio Perlasca in uno spezzone di un documentario di Piero Angela proiettato dalla Fondazione. Un messaggio forte, soprattutto se coadiuvato al racconto di una delle tante storie per cui Perlasca si è contraddistinto. In particolare, il video è continuato con la narrazione del salvataggio di due giovani gemelli, che per scampare ai treni hanno trovato rifugio nell’automobile battente bandiera spagnola di Perlasca.
“Giorgio Perlasca si è inventato un ruolo, quello di diplomatico spagnolo, senza essere né diplomatico né spagnolo. In questa maniera riuscì a salvare da sicura morte, almeno 5200 ungheresi di religione ebraica” continua il figlio Franco, spiegando come il contributo del padre sia risultato fondamentale per la comunità ebraica locale. Dopo la guerra però Giorgio Perlasca non rese pubblica la sua storia, tanto che nemmeno i suoi familiari ne furono a conoscenza. Si limitò a scrivere un memoriale, di cui consegnò una copia al Ministro degli Esteri De Gasperi e all’ambasciatore di Spagna in Italia. È solo dopo un incontro con delle donne ebree ungheresi negli anni ‘80, che le sue gesta divennero note.
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01Ma perché rimase in silenzio per talmente tanti anni? Come mai anche chi era al corrente che Jorge Perlasca non fosse un diplomatico spagnolo tacque così a lungo? Innanzitutto, secondo il figlio, la Spagna mantenne il segreto per dare più lustro ai propri diplomatici, quelli autentici, che si adoperarono per il bene degli ebrei. Solo in un secondo momento, lo Stato iberico ebbe l’onestà intellettuale di riconoscere l’operato del suo finto rappresentante, tanto da diventare una sorta di vanto nazionale. Per spiegare il spiegare il silenzio dell’importatore italiano, invece, bisogna ricorrere alla definizione stessa di “giusto”. Secondo la tradizione ebraica il giusto, a differenza dell’eroe, è una persona comune che al momento del bisogno si prende carico dell’umanità, ma che una volta passato il pericolo ha l’umiltà di tornare alla propria quotidianità, considerando il suo operato niente di più che lo scontato dovere di qualsiasi essere umano. Per questo motivo, il silenzio, la riservatezza e la modestia furono condizioni inevitabili nella persona di Giorgio Perlasca.
La serata si è dunque volta al termine con il testamento morale di Perlasca, ovvero un’esortazione, rivolta in particolare alle nuove generazioni, a opporsi a simili violenze e ingiustizie se mai dovessero ripresentarsi. “Se tutti noi conoscessimo la Storia, quella con la S maiuscola, riusciremmo a creare gli anticorpi necessari per contrastare l’odio, l’intolleranza e l’indifferenza.”