Giorno della Memoria 2008

Eventi

Come ogni ricorrenza, il Giorno della Memoria invita a porre delle domande: la data ha un significato? chi è coinvolto? cosa significa? perché dobbiamo ricordare?

QUANDO. Si è istituito la data del 27 gennaio perché è il giorno della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz nel 1945, quando le vedette a cavallo dell’Armata Rossa alle 10 del mattino annunciarono l’arrivo dei soldati sovietici che ne avrebbero abbattuto i cancelli. In Italia questa data è ricordata ufficialmente dal 2001, dopo la legge del 20 luglio 2000 per “ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”. Quest’anno è l’ottavo anno che si commemora l’avvenimento.

CHI. Il Giorno della Memoria riguarda tutti: gli ebrei, gli europei, l’umanità. Riguarda gli ebrei ché sono state le vittime, ma non perché possano ripiegarsi su se stessi, né per esibire la sofferenza subita. Riguarda gli ebrei perché in questo giorno ancora una volta echeggia il grido “MAI PIٔ. Per questo, per gli ebrei è importante avere coscienza della propria storia e non nasconderla a sé o agli altri, avere dignità e sopportare con la schiena dritta gli attacchi che ancora oggi vengono portati alla lora identità e alla loro vita.
La Shoah ha spazzato via con la Seconda Guerra Mondiale la metà della popolazione ebraica vivente in Europa, 6 milioni di individui cioè un terzo della popolazione ebraica mondiale. La Shoah è stata una tragedia principalmente europea, di cui sono responsabili gli europei, ma non coinvolge solo gli europei. Le azioni di Giorgio Perlasca mostrano che ci si poteva ergere a contrastare la barbarie; non senza paura, non senza pericolo, anche solo quando si presentavano le occasioni opportune, ma Giorgio Perlasca ha salvato direttamente 5.200 persone con un impegno quotidiano e poi 60.000 dal progettato rogo del ghetto di Budapest.
I genocidi sono sempre esistiti ed esistono anche oggi sotto i nostri occhi. Il mondo è globalizzato e questo ci ricorda che la responsabilità dei genocidi in atto è di tutti, di tutta l’umanità. Oggi come ieri, la responsabilità è di tutti. Lo sappiamo e abbiamo la dimostrazione che la volontà politica può liberare prigionieri dimenticati. Per esempio le 5 infermiere bulgare ed il medico palestinese in Libia sono stati liberati il 24 luglio 2007 per l’intervento determinato del Presidente francese Nicolas Sarkozy e dell’allora sua moglie Cecilia.
È successo anche con gli ostaggi nelle mani dei guerriglieri colombiani delle FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia). Il 10 gennaio 2008 sono state liberate Clara Rojas, assistente di Ingrid Betancourt, già candidata nelle elezioni presidenziali colombiane del 2002, e della parlamentare colombiana Consuelo Gonzalez ed infine del ritrovamento in un orfanotrofio del figlio di Clara, Emmanuel.
Riguarda tutti. La barbarie può essere contrastata. Anche i soldati israeliani ostaggi delle milizie di Hamas e degli Hezbollah libanesi potrebbero essere liberati se si coagulasse un importante sforzo internazionale.

COSA. La Shoah riguarda la perdita del senso di umanità nei suoi due aspetti: chi ha subito la violenza, una violenza inutile come aveva rilevato Primo Levi, e chi l’ha inflitta. L’inutilità della violenza, verso i prigionieri dei campi di concentramento, è testimoniata dal fatto che non serviva per sconfiggere un nemico, per vendicarsi, per eliminarlo fisicamente, per sfruttarlo economicamente. Niente di tutto questo! Lo scopo di questa violenza inutile era far perdere la dignità ai prigionieri, incidere in loro una ferita che si è rivelata insanabile nel tempo.
Chi ha inflitto la violenza non può tornare a casa e fare la carezza ai suoi bambini, come sembra ripetere ossessivamente la mal digerita lezione della “Banalità del male”, perché si è rotta la corda dell’umanità, del sentimento, del senso della vita, perché non riconosce la violenza che infligge. Capisce e riconosce tutto, fuorché la violenza inflitta: essa diventa un inconoscibile, un elemento così estraneo che non prova rimorso, non chiede perdono. Rimane chiuso e arroccato nella sua insensibilità.
Dobbiamo restituire l’anima e la sensibilità a quanti hanno fatto soffrire, perché palpitino, capiscano e non si ripeta più.

PERCHÉ. Perché dobbiamo? È un dovere ricordare perché non è un vuoto rituale ma rappresenta un’opportunità! Chi non è stato toccato dalla violenza può mostrare solidarietà, chi è stato vittima può provare riconoscenza quando avesse ricevuto accoglienza e ricovero.
Bisogna educare alla solidarietà, insegnare che esiste l’altro, che il mondo è costituito da tanti individui. Sentirsi accolti è importante. È l’atto con cui si fonda una società civile; è il primo sentimento che ci infondono i nostri genitori.