Subito dopo l’assessore comunale Sacchi ha ricordato che il Giorno della Memoria è “un momento importante della vita della nostra comunità in cui tutti i milanesi, di ogni convinzione e credo religioso, si riuniscono in nome dei valori della pace. Essa ricorda le persecuzioni e tutte le donne e gli uomini che hanno affrontato una fase così ingiusta o addirittura la morte; diffondere la consapevolezza e costruire la Memoria è un impegno che riguarda tutti”.
Riguardo al Concerto, egli ha sottolineato come esso “deve essere dedicato a quei generi musicali che il regime nazifascista, nella sua follia, considerava devianti o proibiti” e che “suonare ed amare quella musica è un modo per condividere le ragioni di chi lottò contro la dittatura. La musica e la cultura sono state un grande strumento di resistenza del popolo ebraico; quando non ci saranno più i testimoni a raccontare la Shoah, ci sarà la musica a raccontarci quanto accaduto. Questo concerto è un omaggio a chi ha sofferto e anche a chi non è più fra noi facendo sì che la Memoria della Shoah continui a germogliare in una eredità forte e duratura di pace e di democrazia”.
In conclusione, l’intervento di Rav Arbib che ha riflettuto sul pericolo di perdere la Memoria, contrapponendo le opinioni di due sopravvissuti come Sami Modiano e Liliana Segre, esprimendo soddisfazione per il grande impegno dello Stato italiano, delle Comunità ebraiche e dei testimoni della Shoah nel moltiplicare le Giornate della Memoria, aumentando enormemente l’interesse verso questo tema. Nonostante questo, ha aggiunto il Rav “l’antisemitismo non è finito ma tutti i dati confermano un aumento dell’antisemitismo in Europa e nel mondo.” Proseguendo nella distinzione fra antisemitismo classico e ideologico di destra e di sinistra ha riferito che in Paesi come la Scandinavia o gli Usa, che si pensavano impermeabili ad esso, “si sta verificando ciò che non ci aspettavamo”. Sottolineando che “non sempre il ricordo della Shoah basta a combattere l’antisemitismo; abbiamo addirittura chi nega i fondamenti dell’identità ebraica, come il rapporto del popolo ebraico con Israele ed, in particolare, con Gerusalemme”.
Dopo i discorsi si è passati alla grande musica con una emozionante performance, fra racconto e musica, scritta da Claudio Ricordi, autore e conduttore per Radio Popolare, e dalla sceneggiatrice e autrice Mariella Zanetti. Durante la performance Ricordi e Ira Rubini, anche lei autrice della stessa Radio, hanno evidenziato come non potessero cantare le voci della lirica, ostili al regime, “quando essere fascisti era un obbligo e non esserlo significava emarginazione, perdita del lavoro, confino e carcere”, ricordando le sofferenze di una serie di artisti, dalla mezzosprano Jole Jachia, ai soprani Ginevra Vivante ed Elda Di Veroli al baritono affermato e poi tenore Vasco Campagnano.
Nel dialogo, Ira Rubini ha ricordato anche i “devoti al Duce”, come Tito Schipa e Beniamino Gigli, e le traversie di antifascisti come Titta Ruffo “aggredito e picchiato dai fascisti”.
Aneddoti, curiosità e una serie di brani eseguiti da questi artisti nella loro carriera e composti da alcuni fra i più grandi autori, da Verdi, a Chopin, da Brahms a Beethoeven. Molto avvincente la seconda parte, tutta a ritmo di jazz, condotta dal musicologo Luca Bragalini che ha ripercorso una mini storia del Jazz ebraico. Nel suo excursus egli prima ha menzionato grandi compositori ebrei americani, di origini russe, come Gerschwin che nascondevano la propria ebraicità Est europea “camuffandola con ritmi americani” per poi arrivare ad autori come Zorn che raccontò il tormento della Notte dei Cristalli e la persecuzione nel pezzo Shtetl Ghetto Life fino a ricordare chi fu capace di rielaborare famose preghiere ebraiche a ritmo di jazz con Ani Maamin (Io credo) arrangiato dal musicista israeliano Avisha Cohen.