Grande musica fra classica, jazz e contemporanea, al Conservatorio, nell’annuale concerto per il Giorno della Memoria

Eventi
di Roberto Zadik
Un successo di pubblico e un trionfo di musica e di emozioni, l’annuale Concerto per il Giorno della Memoria, organizzato al Conservatorio di Milano dall’Associazione Figli della Shoah con la Comunità ebraica di Milano, che da ventitrè anni rappresenta un “must” per i milanesi.
La Sala Verdi, anche in questa occasione, era stracolma di pubblico pronto ad assistere ad una serata ricca di sorprese, a cominciare dal programma decisamente originale, scandito da due performance, la prima intitolata E come potevamo noi cantare, che consisteva in una intensa narrazione delle angherie ai danni di tenori, pianisti e musicisti ebrei, quali il pianista bolognese Mario Finzi, ricordato in una intervista registrata dal sopravvissuto Nedo Fiano, o antifascisti come il baritono Titta Ruffo.
Le loro storie sono state intervallate da pregiati brani di musica classica come l’Aria di Figaro, tratta dal Barbiere di Siviglia di Rossini, e l’Aria di Calaf dalla Turandot di Puccini per poi sfociare nella seconda parte chiamata New Generation. Protagonista dell’esibizione la prestigiosa V. O Verdi Jazz Orchestra, magistralmente diretta dal maestro Pino Jodice, che ha coinvolto il pubblico eseguendo quattro brani composti da grandi compositori ebrei come il geniale musicista newyorchese John Zorn e la sua Shetl Ghetto Life, dolente ricordo della Notte dei Cristalli, scritta nel 1993 in una miscela di jazz e sperimentazione.
Prima della musica, come di consueto, la serata è stata introdotta dagli interventi istituzionali, a cominciare da Massimiliano Baggio, Direttore del Conservatorio e da Nicoletta Mainardi responsabile dell’organizzazione e coordinamento attività del Conservatorio per il Giorno della Memoria.
Successivamente sono intervenuti Daniela Dana Tedeschi, presidente dell’Associazione Figli della Shoah, e  personalità politiche come Tommaso Sacchi, Assessore alla Cultura della Città di Milano, e Alan Christian Rizzi assessore regionale alla Casa e Housing sociale.
A seguire una profonda riflessione sul Giorno della Memoria e sui pericoli dell’antisemitismo rinascente espressa dal Rabbino Capo della Comunità ebraica di Milano, Rav Alfonso Arbib. Poi l’assessore della Regione Lombardia Rizzi ha espresso la volontà di “arrivare all’anno della Memoria in cui i luoghi diventati simbolo della Shoah, come il Memoriale, il Giardino dei Giusti e le pietre d’inciampo, siano visitati tutto l’anno dalle scuole di Milano, della Lombardia e di tutto il Paese perché, solo facendo conoscere ai nostri giovani  quello che è successo, avremo la garanzia che ciò non accada mai più”.

Subito dopo l’assessore comunale Sacchi ha ricordato che il Giorno della Memoria è “un momento importante della vita della nostra comunità in cui tutti i milanesi, di ogni convinzione e credo religioso, si riuniscono in nome dei valori della pace. Essa ricorda le persecuzioni e tutte le donne e gli uomini che hanno affrontato una fase così ingiusta o addirittura la morte; diffondere la consapevolezza e costruire la Memoria è un impegno che riguarda tutti”.

Riguardo al Concerto, egli ha sottolineato come esso “deve essere dedicato a quei generi musicali che il regime nazifascista, nella sua follia, considerava devianti o proibiti” e che “suonare ed amare quella musica è un modo per condividere le ragioni di chi lottò contro la dittatura. La musica e la cultura sono state un grande strumento di resistenza del popolo ebraico; quando non ci saranno più i testimoni a raccontare la Shoah, ci sarà la musica a raccontarci quanto accaduto. Questo concerto è un omaggio a chi ha sofferto e anche a chi non è più fra noi facendo sì che la Memoria della Shoah continui a germogliare in una eredità forte e duratura di pace e di democrazia”.

In conclusione, l’intervento di Rav Arbib che ha riflettuto sul pericolo di perdere la Memoria, contrapponendo le opinioni di due sopravvissuti come Sami Modiano e Liliana Segre, esprimendo soddisfazione per il grande impegno dello Stato italiano,  delle Comunità ebraiche e dei testimoni della Shoah nel moltiplicare le Giornate della Memoria, aumentando enormemente l’interesse verso questo tema. Nonostante questo, ha aggiunto il Rav “l’antisemitismo non è finito ma tutti i dati confermano un aumento dell’antisemitismo in Europa e nel mondo.” Proseguendo nella distinzione fra antisemitismo classico e ideologico di destra e di sinistra ha riferito che in Paesi come la Scandinavia o gli Usa, che si pensavano impermeabili ad esso, “si sta verificando ciò che non ci aspettavamo”. Sottolineando che “non sempre il ricordo della Shoah basta a combattere l’antisemitismo; abbiamo addirittura chi nega i fondamenti dell’identità ebraica, come il rapporto del popolo ebraico con Israele ed, in particolare, con Gerusalemme”.

Dopo i discorsi si è passati alla grande musica con una emozionante performance, fra racconto e musica, scritta da Claudio Ricordi, autore e conduttore per Radio Popolare,  e dalla sceneggiatrice e autrice Mariella Zanetti. Durante la performance Ricordi e Ira Rubini, anche lei autrice della stessa Radio, hanno evidenziato come non potessero cantare le voci della lirica, ostili al regime, “quando essere fascisti era un obbligo e non esserlo significava emarginazione, perdita del lavoro, confino e carcere”, ricordando le sofferenze di una serie di artisti, dalla mezzosprano Jole Jachia,  ai soprani Ginevra Vivante ed  Elda Di Veroli al baritono affermato  e poi tenore Vasco Campagnano.

Nel dialogo, Ira Rubini ha ricordato anche i “devoti al Duce”, come Tito Schipa e Beniamino Gigli, e le traversie di antifascisti come Titta Ruffo “aggredito e picchiato dai fascisti”.

Aneddoti, curiosità e una serie di brani eseguiti da questi artisti nella loro carriera e composti da alcuni fra i più grandi autori, da Verdi, a Chopin, da Brahms a Beethoeven. Molto avvincente la seconda parte, tutta a ritmo di jazz,  condotta dal musicologo Luca Bragalini che ha ripercorso una mini storia del Jazz ebraico. Nel suo excursus egli prima ha menzionato grandi compositori ebrei americani, di origini russe, come Gerschwin che nascondevano la propria ebraicità Est europea “camuffandola con ritmi americani” per poi arrivare ad autori come Zorn che raccontò il tormento della Notte dei Cristalli e la persecuzione nel pezzo Shtetl Ghetto Life fino a ricordare chi fu capace di rielaborare famose preghiere ebraiche a ritmo di jazz con Ani Maamin (Io credo) arrangiato dal musicista israeliano Avisha Cohen.