Primo Levi (fotografia © Mauro Raffini)
di Michael Soncin
Per la prima volta resa pubblica la corrispondenza tedesca dello scrittore.
Fiumi d’inchiostro che scorrono attraversando quasi mezzo secolo di storia europea, una piena da cui vediamo emergere documenti esclusivi, in gran parte inediti: dai messaggi scarabocchiati su foglietti improvvisati a inappuntabili lettere scritte a macchina su carta intestata.
UN’AMPIA DISCUSSIONE “GERMANOFONA” SULLA SHOAH
Per la prima volta, con la mostra a Torino Giro di Posta. Primo Levi, le Germanie, l’Europa vengono rivelate pubblicamente le corrispondenze private del grandissimo scrittore torinese. La folta rete di carteggi investe prevalentemente, ma non solo, gli interlocutori tedeschi e germanofoni di Levi. Il motore pulsante della discussione, che deriva da questo scambio di parole, riguarda il tema della Shoah e il suo posto dentro un’Europa da ricostruire dopo la guerra, un’Europa che poco dopo si troverà con una Germania spaccata in due. Su Auschwitz, Primo Levi non ha mai smesso di indagare.
Ma con chi si scriveva Levi? Un numero di interlocutori vasto e variegato. Ci sono i lettori comuni, scrittori, ex compagni del lager, addirittura non manca chi, nel campo di concentramento, si trovava “dall’altra parte”. Va detto che i corrispondenti da cui era particolarmente attratto Levi erano quelli più lontani per geografia o mentalità.
Se questo è un uomo è il libro che innescherà le sue corrispondenze tedesche. A tal proposito, dobbiamo pensare che i fatti descritti sono avvenuti in lingua tedesca e per opera dei loro nativi parlanti. Perciò quel titolo, che sembra una domanda, è a loro in particolare che deve arrivare, per avere, più che una mera risposta, uno scambio di idee, un’attiva riflessione sulla memoria dello sterminio. Pubblicato nel 1947 in Italia dalla piccola casa editrice Francesco De Silva, dopo essere stato rifiutato sia da Natalia Ginzburg sia da Cesare Pavese di Einaudi, viene tradotto in tedesco nel 1959 per poi essere pubblicato nel 1961, anno della costruzione del Muro di Berlino.
Da Est a Ovest della Germania, diramandosi poi in altri paesi, il circuito di epistole si intreccia anche nelle quattro lingue da lui usate: l’italiano, il francese, l’inglese e il tedesco.
Il percorso della mostra è articolato in cinque sezioni tematiche: Primo Levi. Un precoce pensiero europeo; Hermann Langbein. Un uomo formidabile; Heinz Riedt. Un tedesco anomalo; Giro di posta; Le lettrici e i lettori. In particolare, riguardo a Hermann Langbein, definito appunto da Levi “un uomo formidabile”, è tratteggiata la preziosa trentennale amicizia con lui. Langbein aveva combattuto contro i fascisti nella Guerra di Spagna, fu sei anni prigioniero nei campi nazisti, diventando poi tra i maggiori studiosi di Auschwitz e tra i più accaniti cacciatori di ex criminali nazisti.
IL PROGETTO LEVINET
Le corrispondenze “tedesche” di Primo Levi abbracciano un arco temporale di quasi 30 anni, dal 1959 al 1986. Si parla di più di 500 unità epistolari, tranne poche eccezioni tutte inedite. Un patrimonio che da oggi fino al 2027 verrà progressivamente pubblicato in versione bilingue italiano-inglese sul portale levinet.eu, come parte del progetto europeo LeviNeT, coordinato dalla professoressa Martina Mengoni dell’Università di Ferrara. La mostra promossa dal Centro Internazionale di Studi Primo Levi, a cura di Domenico Scarpa, ha ottenuto la Medaglia del Presidente della Repubblica. L’allestimento si distingue per un percorso pensato al pubblico con disabilità visiva, attraverso mappe e QR-code tattili.
La mostra è aperta fino al 5 maggio 2025, a Palazzo Madama, Torino
Info: www.primolevi.it/it/mostra_giro_di_posta
Botta e risposta tra Primo e Heinz: un tedesco fuori dal comune
È lui che ha tradotto l’edizione tedesca di Se questo è un uomo: Heinz Riedt, soldato nella Wehrmacht, partigiano nella Resistenza veneta, è la persona che Primo Levi ha sperato di incontrare per anni. In questo volume, Il carteggio con Heinz Riedt, Martina Mengoni ha riunito 132 lettere relative agli anni 1959-1968, la corrispondenza tra i due che è anche una delle parti della mostra di Torino Giro di Posta. Primo Levi, le Germanie, l’Europa. «Non ho mai nutrito odio nei riguardi del popolo tedesco, e se lo avessi nutrito ne sarei guarito ora, dopo aver conosciuto Lei». Per Levi, Riedt era un «tedesco anomalo», suo coetaneo, classe 1919, figlio di un diplomatico, aveva vissuto in Italia dai due ai dodici anni. In seguito, era riuscito a sottrarsi al servizio militare facendo poi il partigiano a Padova con il nome di battaglia “Marino”, nella brigata di Giustizia e Libertà. Un insieme di elementi ha fatto sì che lui fosse la persona perfetta per tradurre il libro per antonomasia di Levi. Ricordiamo inoltre che Riedt ha tradotto anche Carlo Goldoni, Italo Calvino e Pinocchio, oltre a lavorare con Bertolt Brecht. Lo scambio epistolare ruota per certi versi attorno alla ricerca della parola, costringendo Levi a ripensare alla sua drammatica esperienza nella lingua in cui l’ha vissuta. In queste epistole, si inizia a parlare del lavoro tecnico di traduzione, ma poi il dialogo vira ad uno scambio amichevole sulla propria vita, sulla letteratura, l’editoria e la politica. Riedt, che di Levi ha tradotto anche Storie Naturali, ha detto di Se questo è un uomo: «E al Suo libro, così necessario e giusto, posso solo augurare che venga letto con intelligenza in Germania, che ‘parli’ non a pochi, ma a molti, moltissimi, che abbia la sua ‘reazione’».
Primo Levi, Il carteggio con Heinz Riedt, a cura di Martina Mengoni, Einaudi, pp. LII – 420, 23 euro.