di Roberto Mahlab
Quando dall’Associazione Italia Israele di Milano mi hanno telefonato per invitarmi all’incontro del grande poeta israeliano Ronny Someck con i ragazzi in attesa di giudizio nel carcere di San Vittore, ci sono voluti parecchi secondi per superare un senso di timore per una esperienza mai vissuta e mai nemmeno considerata. La sera prima avevo ascoltato affascinato il poeta leggere le sue meraviglie al circolo filologico di Milano e la curiosità ha prevalso. Curiosità che si è alla fine trasformata in gratitudine.
Una decina di ragazzi si sono seduti in cerchio attorno al poeta nella piccola sala della biblioteca del carcere. Erano accompagnati da tre responsabili ed educatori dal volto dolcissimo. Ronny, con a fianco la perfetta traduttrice Sara Ferrari non ha perso tempo ed ha subito iniziato a leggere diverse sue composizioni, interrompendosi per raccontare della sua fanciullezza, il viaggio da Bagdad in Israele, poi le sue tante attitudini nello sport fino al ruolo di regista nel Maccabi Tel Aviv e le risate dei ragazzi quando raccontava del suo imbarazzo di farsi riconoscere dai compagni di squadra come un poeta. Dai volti dei ragazzi all’improvviso gettati di fronte ad un uomo proveniente da un altro mondo, non solo di libertà personale, ma anche pieno di attività e interessi, prima la sorpresa e poi la resa e la partecipazione, tutto in pochi secondi. E mentre Ronny leggeva le sue poesie e raccontava la sua vita, nei loro occhi spuntava una luce per qualcosa che poteva essere anche per loro e che invece non era riuscita a sbocciare.
La loro educazione, compostezza, attenzione me li facevano immaginare come studenti di un primo anno all’università, anche se mi chiedevo come fosse possibile che forse solo pochi giorni prima fossero stati protagonisti di azioni non edificanti. Ronny Someck non perdeva occasione di coinvolgerli, di chiedere la loro opinione, di raccontare le loro passioni e anche i ragazzi più restii avevano lasciato cadere ogni perplessità e la loro consapevolezza di un presente assai complesso. E infine la luce nei loro occhi quando hanno chiesto al poeta le origini e le ragioni del suo iniziare a scrivere poesia. Forse qualcosa era scattato ed era quel qualcosa che il poeta voleva far scattare.
Cosa aveva di così straordinario la poesia di Ronny da provocare tali reazioni? La vita, il racconto della vita, non versi per la rima, ma una sequenza di emozioni vissute e narrate con la maestria della sintesi che possiedono i grandi poeti.
Gli abbracci commossi alla fine e gli auguri del poeta ai ragazzi di trovare una strada positiva e quegli sguardi dolcissimi degli educatori e responsabili che ringraziavano Ronny Someck per il bene straordinario che aveva fatto. Gli sguardi di quei responsabili, i loro gesti, la loro bontà d’animo, mi hanno riportato alla mente gli stessi sguardi, la stessa bontà d’animo che avevo visto nei responsabili dell’accoglimento dei profughi al Memoriale della Shoah.