Il ruolo di Gariwo: l’educazione alla responsabilità globale

Eventi

di Gabriele Nissim *

Qual è l’identità di Gariwo e quali sono i suoi obiettivi nei prossimi anni?

Ne abbiamo discusso in un incontro stimolante ai Bagni Misteriosi con i nostri ambasciatori e collaboratori. Per rispondere a queste domande bisogna prima di tutto partire dalla storia di Gariwo e dalla sua originalità nel dibattito culturale. Gariwo con l’esperienza dei Giardini dei Giusti si è mossa con tre intenti precisi. Creare una memoria attiva in contrapposizione a una memoria che, pur partendo dalle migliori intenzioni, ha spesso gli occhi rivolti solo al passato. Fare memoria della Shoah, dei genocidi e di tutti i totalitarismi significa trasmettere la conoscenza al fine di impedire il risorgere nel nostro tempo di nuovi mali ed educare le persone ad assumersi una responsabilità personale nella loro vita. Per poterlo fare è necessario comparare sempre il passato con il presente in modo che la società non solo colga i segni premonitori del male, ma sia capace di comprendere le nuove sfide e le contraddizioni del tempo presente. Molti non si rendono conto che è più facile essere buono ex post, condannare il nazismo e il comunismo, ma è molto più complicato indicare la via di un agire responsabile nel proprio tempo. Non basta dire di non ripetere il passato, perché niente nella condizione umana si ripropone in modo uguale. Non ripetere significa comprendere prima di tutto che il male si può ripresentare in forme del tutto nuove e dunque bisogna trovare dei nuovi strumenti di prevenzione.

Ecco perché Gariwo ha voluto che nei suoi Giardini fossero ricordati non solo i Giusti del passato, ma anche gli uomini virtuosi del nostro tempo, per stimolare le persone a pensare e abituarsi a fare sempre delle comparazioni. Come ha osservato lo scrittore Francesco Cataluccio, i Giardini dei Giusti diventano cosi anche giardini d’inciampo, perché richiamano fortemente a cogliere quanto non funziona nella nostra società. Indicando possibili figure di Giusti del nostro tempo indicano alla società i comportamenti virtuosi da emulare e le sfide difficili a cui tutti noi siamo chiamati. Perché in un Giardino si rischia di inciampare? Il motivo è semplice. Non costa niente provare ammirazione per i Giusti del passato, ma è molto più impegnativo proiettare con l’immaginazione le loro storie nel tempo presente e provare una solidarietà sincera per quanti oggi si battono per una responsabilità globale di fronte alle derive nazionaliste, alle migrazioni e ai cambiamenti climatici. Gariwo poi ha voluto dare forza e visibilità alle storie dei Giusti per trasmettere un messaggio di ottimismo e di speranza. Le loro biografie, anche nelle situazioni più difficili, mostrano che ogni essere umano può usare il suo minuscolo spazio di libertà per spingere la storia in una nuova direzione. Ognuno può diventare arbitro del proprio destino esercitando il suo pensiero.

È questo il punto fondamentale della nostra attività (come ci chiede Andrèe Ruth Shammah): mostrare con i Giardini dei Giusti che sempre ed ovunque ogni uomo indipendentemente dal suo ruolo e dalla professione ha sempre la possibilità di scegliere. Ecco perché i Giardini con tutte le loro attività collaterali sono uno strumento di educazione alla scelta e alla responsabilità. Essi hanno dunque una funzione maieutica. Incitano la gente a usare la ragione e il pensiero e ad ascoltare la propria coscienza per mettersi sempre dal punto di vista dell’umanità – e direi dal punto di vista del pianeta. Come ha scritto lo scienziato Stephen Hawking, la Terra vista dalla Luna, nella celebre foto della missione Apollo, mostra che l’educazione costante allo sguardo dall’alto ci rende consapevoli della nostra fragilità e della necessità di essere sempre solidali gli uni con gli altri perché siamo tutti abitanti di un minuscolo frammento dell’universo. Ogni persona quindi nella vita sceglie continuamente se seguire il proprio ego, o se agire assieme agli altri per moltiplicare la sua forza.

Potrei usare una metafora cara a pensatori come Yuval Noah Harari e a Stephen Hawking: oggi tutti noi ci possiamo salvare soltanto se siamo in grado di assumerci una responsabilità globale. Oggi più che mai vale il monito del Presidente americano Johnson nel 1964 di fronte ai pericoli della guerra nucleare (passato alla storia come il Daisy advertisment perché mostrava in un video una ragazzina che toglieva i petali ad una margherita, come se fosse un conto alla rovescia): “Questa è la posta in gioco. Creare un mondo in cui possono vivere tutti i figli di Dio, o scegliere il buio. Dobbiamo amarci l’un l’altro o morire.”
È il nostro vero interesse egoistico direbbe oggi Baruch Spinoza – che riderebbe della piccolezza dei sovranisti che si illudono di fare gli interessi delle proprie nazioni quando lavorano per la contrapposizione e la chiusura.

Come Gariwo può realizzare il suo percorso, pur consapevoli di rimanere sempre umili e aperti a tutti i contributi (rimango sempre dell’idea che i peggiori sono coloro che pensano di essere portatori di verità assolute)?
Prima di tutto trasmettendo conoscenza dei problemi globali di fronte all’ignoranza e all’approssimazione. Ecco il ruolo dei corsi di formazione insegnanti che sono in fase di progettazione e la creazione di un “cervello” di riflessione attorno al sito di Gariwo con il coinvolgimento di studiosi e di intellettuali. Dobbiamo spiegare i cambiamenti climatici, i meccanismi delle migrazioni, lo stato dei diritti umani del mondo, gli strumenti della prevenzione dei genocidi e le terapie possibili contro l’odio, la minaccia delle democrazie illiberali che recentemente un leader potente come Putin ha esaltato nella sua intervista al Financial Time. Poi indicando alla società civile “mondiale” (bella questa sottolineatura di Giovanni Cominelli) i migliori esempi della nostra umanità.
Le loro storie narrate possono stimolare l’educazione e il pensiero dei giovani. Come ha ben sottolineato Anna Foa, fanno ritrovare alle giovani generazioni il gusto e il piacere della speranza. Senza immaginare un sogno e un futuro è inevitabile cadere nel nichilismo e nella deresponsabilizzazione. Il successo dei Giardini di Gariwo non è casuale, ma risponde a una domanda di senso e di prospettiva per il futuro. La libertà non è soltanto potere fare quello che si vuole, ma immaginare di potere diventare nel proprio piccolo un veicolo per un futuro migliore. È questa speranza che dà la forza di realizzare cose impensabili.

Due sono gli strumenti nuovi che possiamo utilizzare per la nostra road map, che potremmo definire anche come educazione alla responsabilità e alla speranza ( due elementi uniti e imprescindibili). Creare all’interno di Gariwo network una commissione di garanti che possa affrontare i casi dei Giusti controversi per non cadere nelle banalizzazioni. Nel rispetto dell’autonomia dei Giardini, Gariwo vuole aiutare a fare le scelte migliori, per valorizzare in ogni Giardino in Italia e nel mondo quelli che Moshe Bejski definiva quasi profeticamente come “l’élite dell’umanità”. Egli aveva intuito che di fronte ai muri, alle divisioni, ai nazionalismi che provocano in ogni epoca guerre, genocidi e lacerazioni bisognava insegnare che i Giusti sono prima di tutto cittadini del mondo e non di una nazione particolare, perché insegnano ad operare sempre dal punto di vista dell’umanità. Dunque questa caratterizzazione universale dei Giardini (da Tunisi, a Varsavia, a Roma, a Marsiglia, a Stoccolma) risponde alla sfida più importante del nostro tempo dove lo scontro politico e morale è tra chi si rinchiude nel proprio ego e nella trincea del proprio Paese e chi guarda all’appartenenza al mondo intero.

In secondo luogo come abbiamo fatto con l’elaborazione della Carta delle Responsabilità (prendendo spunto dall’idea delle virtù quotidiane di Zvetan Todorov e dall’elaborazione di Vaclav Havel e di Charta ‘77), vogliamo indicare comportamenti virtuosi rispetto allo sport, all’ambiente e allo stesso uso dei social che possono diventare sia veicolo di amicizia e di rispetto dell’altro, che fonte di odio e di contrapposizione.
Il messaggio che lanciamo con i Giardini alle nuove generazioni è, infatti, che il modo migliore per prendere esempio dai Giusti è quello di vivere la propria esistenza personale con uno spirito di apertura e con dei comportamenti che ci rendano migliori. Primo Levi aveva intuito che il male estremo non nasce mai in un altro pianeta, ma si costruisce e si alimenta in comportamenti che si manifestano anche nella democrazia. L’odio che si manifesta nel tifo, nel dibattito politico, sui social, apparentemente non provoca guerre e genocidi, ma l’accumulo del male e l’abitudine a disprezzare l’altro – come ha raccontato Svetlana Broz – ha portato alla genesi di violenze come la pulizia etnica nella ex Jugoslavia. Da una partita di calcio con tifosi esasperati che manifestavano odio per le etnie diverse si è poi passati alla guerra civile, senza che la gente intuisse il salto di qualità del male. Prima era normale disprezzare i tifosi nemici, poi è diventato normale uccidere i nemici. Ecco perché vogliamo lanciare con un dibattito pubblico nuovi allegati della Carta della Responsabilità, non per fare delle prediche moralistiche, ma per stimolare i giovani a scegliere nuovi comportamenti e a sentirsi responsabili.

Ci siamo poi dati un compito nazionale di fronte al progressivo svilimento dell’immagine dell’Italia nelle relazioni internazionali. Vogliamo che il nostro Paese continui ad essere messaggero di pace e di solidarietà nel mondo. Noi siamo una nazione rispettata nel mondo perché diffonde la bellezza e la creatività. Dobbiamo continuare ad esserlo anche come diffusori del “Bene” e delle virtù morali.
Ecco perché in collaborazione con numerose ambasciate (in Francia, Svezia, Tunisia, Giordania e ora speriamo con la stessa Farnesina, dove si sta discutendo l’idea di un Giardino dei diplomatici italiani) stiamo costruendo Giardini dei Giusti in tanti Paesi. L’Italia, dopo Israele che ha raccontato i Giusti della Shoah, può diventare il messaggero nel mondo dell’idea di Giusto universale. In questo modo la nostra reputazione guadagnerà consensi e ammirazione nel mondo.
Tante volte ci hanno detto: “voi di Gariwo costruite i Giardini perché rappresentate il migliore spirito italiano”. È questo che vogliamo fare e realizzare.

Scrive acutamente Yuval Noah Harari che non è sbagliato sentisti patriottici, ma che questo dipende dallo spirito con cui lo si fa. “Le forme moderate di patriottismo sono una delle espressioni più affettuose dell’umanità. Ciò mi può spingerere ad occuparmi degli altri e fare dei sacrifici. Il problema nasce quando c’è la presunzione della superiorità di una nazione e si pensa che non ci siano obblighi verso qualcun altro”. Dunque si può scegliere una patria aperta o una patria chiusa. Con i Giardini all’estero spingiamo all’apertura, anche in questi tempi complicati. Mentre qualcuno chiude i porti ai migranti, noi indichiamo la strada dei Giardini come stimolo all’accoglienza e al rispetto dell’altro in ogni Paese.

Gariwo ha un’ambizione: si propone di creare le fondamenta per potere durare nel tempo e diventare una istituzione che sia riconosciuta per il suo ruolo educativo. Noi non siamo schierati con nessun potere e non ci muoviamo soltanto in una stagione politica particolare. Vorremmo che i Giardini andassero oltre alla nostra esistenza e servissero a stimolare le coscienze in modo permanente, di generazione in generazione. Ecco perché abbiamo fatto uno sforzo immenso per il Giardino di Milano, per renderlo un luogo perenne nella vita milanese e nazionale.

Nella storia del Novecento due esperienze di educazione alla responsabilità hanno lasciato il segno: il Manifesto di Ventotene, che lanciò le fondamenta del nuovo spirito europeo durante gli anni bui del fascismo, e Charta ‘77, che rappresentò a Praga la genesi della resistenza morale al totalitarismo. Vorremmo che Gariwo potesse raccoglierne l’eredità e diventasse uno strumento importante di educazione alla responsabilità non legato però ad una sola contingenza. Ecco perché vogliamo chiedere a tutti un contributo per la costruzione di solide basi. Diceva Giovanni Falcone che le persone hanno un tempo limitato, ma che le loro idee possono camminare sulle gambe delle nuove generazioni. Ecco la nostra ambizione: non costruire una fama effimera, non cercare l’apparenza, ma creare una solidità per il futuro.

* Analisi di Gabriele Nissim, presidente di Gariwo