di Ilaria Ester Ramazzotti
“Ora-Te”. Questo il tema a cui è stata dedicata la quarta edizione del Festival delle Religioni, conclusasi a Firenze lo scorso 28 aprile. La rassegna, ideata da Francesca Campana Comparini e organizzata dall’associazione Luogo d’Incontro, ha visto svolgersi quattro giornate di riflessioni e di incontri sul valore del tempo e della preghiera per l’essere umano, coinvolgendo un pubblico di 10 mila persone, toccando anche temi d’attualità come l’estremismo. Riportiamo alcuni degli interventi e degli incontri svolti.
Campana Comparini ha introdotto che: “L’identità di ogni essere umano si fonda sulla propria cultura. In questo senso la religione ne rappresenta il cuore, perché orienta gli usi e i costumi. Da qui l’esigenza di andare a fondo e di riscoprire la religione proprio come uno degli elementi fondativi della nostra identità”. In apertura dell’evento, ha inoltre sottolineato “la straordinarietà della data”: oltre alla festa nazionale del 25 aprile, Liberazione dal nazifascismo, nei giorni del Festival si celebravano Pèsach, la Pasqua ebraica a “ricordo della liberazione del popolo d’Israele dalla schiavitù egiziana”.
Sul rapporto tra identità culturale, memoria e libertà, si è incentrato anche l’intervento di Rondal Lauder, presidente del World Jewish Congress, che ha poi dialogato con il sindaco di Firenze, Dario Nardella in un incontro moderato dall’imprenditore Marco Carrai, presidente di Toscana Aeroporti. “Una volta Elie Wiesel, premio Nobel per la pace nel 1986, ha detto che l’opposto dell’amore non è l’odio, ma l’indifferenza. È infatti proprio l’indifferenza il grande male della nostra società, di cui in un certo qual modo, siamo tutti vittime e artefici”, ha detto Lauder, come riporta Adnkronos. “Oggi, dopo 75 anni” dalla fine della seconda guerra mondiale, gli antisemiti sono tornati – ha poi sottolineato il presidente del Wjc -. La causa è che si è persa la memoria, non è stato insegnato cosa sia accaduto. L’antisemitismo è infatti una questione di ignoranza, e l’unico modo per arrestarlo è l’educazione delle nuove generazioni. Non basta però ricordare quei terribili fatti, nelle scuole, un solo giorno all’anno. Dobbiamo fare di più”. Lauder ha infine rivolto la sua attenzione a tutte le forme di discriminazioni: “Parliamo delle migliaia di cattolici massacrati in Medio oriente e in Africa, dello Sri Lanka. La gente non si rende conto di cosa succede, non si informa abbastanza, ecco che torna di nuovo la questione dell’indifferenza. Noi oggi siamo liberi, ma ci sono milioni di persone nel mondo che non hanno la nostra libertà. Questo non dobbiamo mai dimenticarlo”.
Nardella ha poi sottolineato il valore del dialogo interreligioso, che “è importante perché spesso alla base di conflitti sociali, guerre e attentati terroristici, c’è proprio l’odio religioso. Ma sarebbe uno sbaglio relegare le religioni in una sfera privata, espungendola da un contesto pubblico. La religione deve avere lo spazio pubblico nel rispetto delle differenze, affinché non vi sia uno scontro tra le fedi ma un incontro. Ciò di cui dobbiamo avere paura non è la differenza, ma l’indifferenza” – ha concluso il sindaco di Firenze.
Fra le personalità religiose e gli studiosi intervenuti, il filosofo Massimo Cacciari ha proposto una lezione sul pensiero di Søren Kierkegaard, per il quale “l’umanità è formata da singoli individui che vivono il singolo attimo. In questa unione di singolarità, l’atto di fede è un avvenimento eccezionale che interrompe il continuum del tempo”. “La religione è per chi crede – ha aggiunto Cacciari -, ciò che indica una via da seguire. Una via che anche chi decide di intraprendere con un percorso razionale può raggiungere, attraverso un’onestà intellettuale”. Infine, il filosofo ha parlato del rapporto tra religione e politica: “Non è possibile porre questa relazione in generale, se non dal punto di vista di Kierkegaard, cioè vederne la radicale distinzione, dove per distinzione non si intende astratta separatezza, ma radicale divisione. Perché le categorie del politico sono categorie del generale, dell’etico, mentre quelle del religioso sono del singolo e dell’ora”.
Fra i diversi appuntamenti segnati in agenda, riportiamo in sintesi l’incontro fra il rabbino di Firenze Amedeo Spagnoletto e l’imam di Milano Yahya Pallavicini, dal titolo “Il tempo nell’islam e nell’ebraismo”. “Il tempo rappresenta la dimensione entro la quale un ebreo può trasformare la sua esistenza e quella di chi è intorno a lui dal profano al sacro. Il tempo è lo strumento attraverso il quale l’ebreo, con una serie di azioni che sono contraddistinte e scandite proprio da esso, eleva la persona dalla materialità e la spiritualità”, ha sottolineato Spanoletto. “Nell’ebraismo, il Sabato rappresenta il momento più importante e va interamente dedicato al Signore. Questa giornata, che testimonia l’adesione al concetto di creazione dell’universo, richiama però anche il concetto di uguaglianza: nessuno lavora. Ma richiama anche quello di libertà, perché ci sottrae alle attività oppressive della settimana”. Il rabbino ha poi parlato di come la religione ebraica guardi all’islam: “Le religioni inserite nel patto di Abramo hanno molti punti di condivisione. Ma sono le differenze che ne fanno la propria identità, il proprio carattere”. “In questo senso dialogare vuol dire accettare le diversità, il carattere dell’altro, le identità altrui”.
“Dialogare con le altre religioni, per la storia dell’Islam, è stato spesso un travaglio ma anche un grande beneficio – ha detto Pallavicini -. L’uomo ha per sua natura l’esigenza di aprirsi al mondo, scoprendo differenze e similitudini. La sfida di oggi, alla luce anche del documento firmato da Papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb, ad Abu Dhabi, che condanna il terrorismo e la sua violenza, è proprio quella di riconoscersi fratelli e in quanto tali di allearsi perché determinati valori di fede possano essere garantiti liberamente e dignitosamente”. “L’obiettivo di tutte le religioni, non solo di quelle monoteiste – ha proseguito – dev’essere dunque quello di lavorare insieme per la pace, di rispettarsi e addirittura di proteggersi reciprocamente. Anche per difendersi da una delle nuove aggressioni della società moderna, ovvero l’indifferenza del post-materialismo e della secolarizzazione che rende tutto privo di umanità”. A margine della sua riflessione l’imam di Milano, ha infine parlato delle radici del fondamentalismo islamico: “Nasce da una lotta di potere di persone aggressive e profondamente ignoranti della natura religiosa e della sacralità della vita. È una lotta di quartieri di periferia sia dell’Oriente che dell’Occidente, in cui alcuni ideologi, vogliono destabilizzare il sistema, strumentalizzando la religione per legittimare una violenza che è atroce e criminale”.
Nell’abito dei dibattiti e delle conferenze svoltisi nelle giornate del Festival, riportati dall’agenzia SIR (Servizio Informazione Religiosa), il monaco della Comunità di Bose Enzo Bianchi ha proposto una riflessione sul tempo della preghiera, soffermandosi sui motivi per cui oggi si prega poco: “Nella società a noi contemporanea, che tutto ci offre con una facilità incredibile, è venuto meno quel senso dell’attesa, della ricerca, della domanda. In particolare, in coloro che sono stati educati a relazionarsi con Dio nel senso di esprimere una richiesta, laddove invece la preghiera è intesa come meditazione, ricerca, pensiero, è riuscita a trovare delle forme per continuare”. “All’interno poi della tradizione cristiana la preghiera accompagna proprio il tempo, cerca di riscattarlo, di redimerlo, di toglierlo da quest’evoluzione senza senso, per dargli l’immissione escatologica sull’eternità”. Il monaco della comunità di Bose, ha infine parlato del nuovo martirio dei cristiani nel mondo.
Evento centrale proposto dal Festival è stato l’incontro ecumenico fra il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato Vaticano e il patriarca supremo e catholicos di tutti gli Armeni Karekin II. “Tutti a diverso titolo siamo coinvolti nella edificazione” della Gerusalemme celeste. “Nella creazione di una città le cui porte siano sempre aperte, perché abbiano libero accesso gli uomini di tutte le culture, etnie e lingue provenienti dai quattro punti cardinali”, ha detto il segretario di Stato vaticano. “Di tutto abbiamo bisogno, meno che di una fede bellicosa. Per il cristiano la missione “è quella di essere un testimone della fede in un tempo sempre più secolarizzato, perché solo se l’uomo sarà capace di comprendersi in un orizzonte di trascendenza, potrà realizzarsi un futuro migliore per l’umanità”. “Il fondamentalismo è sempre un segno di disperazione della ragione e di sconfitta della fede”, ha poi dichiarato il cardinale.
Nel suo discorso, il patriarca degli Armeni ha sostenuto che: “Nonostante il crescente sviluppo della scienza, della tecnologia e dell’ideologia, la nostra società ha bisogno della fede. Il profeta Isaia rivolse il suo messaggio alla società del suo tempo con queste parole: ‘Se non credete, non comprenderete’. Oggi questo messaggio è più che mai vitale”. “La fede è soprattutto, la relazione vitale con Dio e le persone, l’amore incondizionato verso Dio e verso il prossimo”. “Oggi il compito della Chiesa è quello di far rivivere la vita e la condotta dei santi nella società moderna, di chi, in passato, ha vissuto testimoniando la fede. Dove per fede si intende mettere da parte il dubbio per vedere il futuro e il nascosto dell’anima”. “La verità della fede si basa su valori eterni – ha concluso il patriarca -, che devono essere declinati, giorno dopo giorno, a livello personale, per diventare la dritta via che guida l’esistenza di ognuno di noi”.