di Nathan Greppi
Il diplomatico israeliano Nathan Ben-Horin ha assistito per gran parte della propria vita all’evoluzione dei rapporti tra lo Stato Ebraico e la Santa Sede, tanto da dedicarvi il saggio Le relazioni tra Israele e Vaticano, tradotto nel 2019 da Panozzo Editore. Il libro è stato presentato martedì 20 ottobre nel corso di un incontro su Zoom organizzato dall’Associazione Italia-Israele di Milano e dall’Università degli Studi di Milano.
Dopo i saluti istituzionali del prorettore dell’Università, Marilisa D’Amico, l’incontro è stato moderato da Monsignor Pier Francesco Fumagalli, presidente dell’Associazione. A introdurre la serata è stato l’Ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, Oren David, che ha spiegato come Nathan Ben-Horin “è stato un pioniere nelle relazioni tra ebrei e cattolici, nel cui dialogo credeva molto. Tra il 1961 e il 1985 ha servito come emissario non ufficiale presso la Santa Sede. Ha saputo muoversi con grande abilità nei palazzi vaticani, dove veniva rispettato ed apprezzato anche per la sua riservatezza.” Anche il presidente della Comunità Ebraica di Milano, Milo Hasbani, ha portato i suoi saluti.
Il primo relatore, che ha conosciuto di persona Ben-Horin, è stato Francesco Margiotta Broglio, docente di Relazioni tra Stato e Chiesa all’Università di Firenze: “Nell’82 Sergio Minerbi (il più importante vaticanista israeliano, ndr) suggerì a Nathan Ben-Horin di contattarmi, poiché ero consigliere per gli affari religiosi del Presidente del Consiglio Giovanni Spadolini.” Ha spiegato che nella Chiesa vi era precedentemente una forte ostilità in quanto gli ebrei erano visti come apripista del comunismo, tanto che negli archivi vaticani, aperti da poco, si è visto che le categorie “ebrei” e “comunisti” erano negli stessi fascicoli.
In seguito, ha parlato il docente emerito dell’Università Ebraica di Gerusalemme Sergio Della Pergola: “Studiando i Giusti tra le Nazioni che hanno operato in Italia, si nota come poco più del 10% furono uomini e donne di chiesa, sia cattolici che valdesi. Ciò è indubbiamente un contributo in cui sono più rappresentati rispetto alla media nella popolazione italiana, ispirati da valori religiosi essenziali in questo caso. Si parla di individui che hanno operato in gran parte fuori da Roma; il lavoro di salvataggio è stato più importante nel centro-nord e nelle zone rurali, dove il parroco locale o la badessa del convento si dava da fare per salvare delle vite.” Questo, secondo lui, “da l’impressione che tutto ciò sia avvenuto per iniziative personali.” Ha continuato spiegando che secondo Ben-Horin “la storica metamorfosi nelle relazioni tra ebrei e cristiani fu determinata da 3 fattori: la Shoah, la nascita dello Stato d’Israele e il Concilio Vaticano II.”
Un tema spinoso è la posizione della Santa Sede sullo status di Gerusalemme; di questo si è occupato Silvio Ferrari, docente di Diritto Canonico all’Università degli Studi di Milano: “La Santa Sede è un attore politico e religioso allo stesso tempo. Nella sua politica verso Gerusalemme, c’è un versante relativo ai suoi rapporti con gli stati mediorientali, ma anche un versante riguardo al rapporto con le altre religioni.” Ha illustrato questa doppia dimensione dell’azione vaticana mostrando alcune slide raffiguranti uno schema: da questo, emerge come dal 1948 ad oggi la Chiesa è passata da posizioni esclusive a sempre più inclusive in ambito religioso, che vanno di pari passo con posizioni più leggere sul piano politico.
L’ultima relatrice è stata Manuela Consonni, direttrice del Centro Vidal Sassoon per lo Studio dell’Antisemitismo: “Nel testo di Nathan si parla dell’antisemitismo prima della guerra. Dei 3 fattori citati da Della Pergola sulla metamorfosi sulle relazioni ebraico-cristiane, soprattutto i primi 2 hanno portato un cambiamento epocale nella storia ebraica e mondiale.” Dopodiché ha letto alcuni passi del libro.