L'evento all'Università Statale per il Giorno della memoria

La musica della Shoah, racconti e melodie in una serata all’Università Statale

Eventi

di Roberto Zadik
 Musica e Memoria sono più che mai collegate fra loro, sia riguardo al vissuto individuale di ognuno che quando si tratta delle dolorose storie della Shoah, protagoniste delle ricorrenze di questi giorni. In tema di concerti e eventi, lunedì 27 gennaio nell’Aula Magna dell’Università Statale di Milano si è tenuta una importante manifestazione Racconti e musiche per non dimenticare che ha coinvolto una serie di relatori e ospiti. Interventi, come quello del Rettore della Statale che ha aperto l’iniziativa sottolineando l’importanza delle emozioni in un contesto dove ormai la memoria dei testimoni sta scomparendo e degli eventi per “impedire che il ricordo dell’accaduto sfumi come è naturale che succeda”.

Per questo la serata si è concentrata proprio sulle emozioni. A cominciare dalla narrazione delle due tormentate vite ebraiche, quella del medico ebreo triestino Ugo Samaja lucido e ironico intellettuale la cui vita viene devastata dalle Leggi Razziali fino all’incontro con l’adorata Lucilla che diventerà sua moglie e con cui fuggiranno dai nazisti assieme e del compositore ebreo polacco Viktor Ullman sul quale è stato proiettato anche un intenso documentario Viktor Ullmann: biografia di una registrazione che ne ha riassunto opera e personalità. Una serata molto variegata e ricca di stimoli dove in tema di interventi, la storica contemporaneista Silvia Bon ha illustrato accompagnata dalla voce espressiva di Paolo Rausa, giornalista e regista teatrale prima la vita del professor Samaja seguita dall’intervento di suo figlio Michele.

Organizzata dall’Università assieme al professor Paolo Mosca e alla Segreteria del Rettorato la serata ha avuto una prima parte prettamente storica e biografica e un gran finale all’insegna dello spettacolo e dell’intrattenimento di grande spessore. Nei suoi soli 46 anni di vita, Ullmann non fu solo straordinario compositore ma anche autore di struggenti poesie e durante la serata la sua musica eseguite con grande talento dalla pianista spagnola Maria Garzon sono state accompagnate dai versi intonati dall’attore greco Alkis Zanis.

Le storie: Ugo Samaja “Autopsia di una vita

Molto applaudita dal pubblico è stata la commovente storia triestina del medico Samaja raccontata mischiando ironia e malinconia nel suo testo autobiografico Autopsia di una vita (pp.287, nelle edizioni dell’Istituto Gasparini) che, curato efficacemente da Silvia Bon, ha restituito agli spettatori non solo la sua storia ma anche alcuni dettagli inediti sull’ebraismo triestino prima della Seconda Guerra Mondiale. Nel testo il protagonista descrive la sua infanzia, i suoi studi, una vita tutto sommato serena, dalle scuole alla Facoltà di Medicina in un tessuto comunitario molto cosmopolita, “c’erano un po’ tutti, italiani, dalmati, turchi, greci” e ben integrato nella società circostante fino a quella tragedia delle Leggi Razziali che rovinarono la vita, a lui  come a tanti altri ebrei italiani.

Da lì cominciò la sua disperata fuga, la miracolosa accoglienza come dottore “in pieno fascismo” nel 1941 presso l’Ospedale di Melegnano e l’accoglienza della città di Milano e la passione proprio in quelli anni per la bellissima Lucilla che al tempo era legata a un gerarca e che divenne la donna della sua vita fino alla sua scomparsa nel 1987 dopo quasi mezzo secolo assieme. Lui ebreo e lei “ariana” come ha sottolineato in quelle pagine, che vanno dalla sua nascita, il 15 marzo 1915 alla Liberazione del 25 aprile 1945 e quando lui e la sua inseparabile Lucilla trovarono rifugio sulle montagne bergamasche in provincia di Bergamo rischiando continuamente la vita e venendo accolti dalla gente semplice del luogo. Una storia tutto sommato a lieto fine seguita invece dalla tragica vicenda del compositore e poeta Ullmann.

Musica nei lager, la vera storia di Viktor Ullmann

Dalla storia ebraica italiana di Samaja la seconda vicenda invece proviene dal mondo ashkenazita polacco e tedesco con la turbolenta e breve vita del genio musicale di Ullmann nato fra Polonia e Cecoslovacchia da genitori ebrei convertiti al cattolicesimo per entrare nell’onorata società austroungarica del tempo. Ben descritto nella sua personalità, riservata, seria, sensibile e introversa, dal documentario dove spiccano le interviste alle due pianiste sopravvissute agli indicibili orrori di Auschwitz che lo conobbero, Alice Herz Sommer e Edith Krauss, Ulmann è stato un vero artista degno esponente della musica contemporanea. La sua carriera, la sua personalità, l’internamento nel campo di Theresienstadt dove nonostante tutto riuscì a coltivare il suo talento artistico e poi la fine quando deportato a Auschwitz morì in una camera a gas a soli 46 anni, il 18 ottobre 1944. Pianista eccelso, direttore d’orchestra e autore di melodie a metà fra tradizione classica e audaci rielaborazioni sperimentaliste come il tema della Sonata n.2 op.19 o la sua Sonata n.7 nei suoi movimenti “A mio padre”, “Adagio” o “Lo scherzo” che è stata eseguita nell’ultima parte della serata con grande virtuosismo dalla Garszon fra gli applausi del pubblico. Un omaggio alla  Memoria e al dolore dei campi e delle persecuzioni naziste diverso dal solito, passando per le emozioni e le esperienze di vita dei protagonisti.