di Redazione
Finora non si era mai parlato della splendida musica israeliana e della sua capacità di riassumere e raccontare le complessità dell’identità ebraica. Ma mercoledì 30 ottobre, questo universo poco o mal conosciuto è stato oggetto del primo dei due incontri in Regione Lombardia “Il suono di Israele. Le migliori canzoni e le sue mille identità ebraiche”.
Stavolta il giornalista e conduttore Roberto Zadik ha approfondito la parte ashkenazita dei migliori cantautori israeliani, che furono soprattutto di origini polacche, russe o romene, di questo ultimo mezzo secolo con omaggio al leggendario Arik Einstein. Mentre invece il 20 novembre sempre dalle 18 in Regione sarà la volta degli autori sefarditi e orientali, da Noa a Ofra Haza, a cui sarà dedicato l’evento, fino a Eyal Golan e alla sua famosa “Mi she maamin” (Chi crede in Dio non ha paura) e presentazione del volume Isramix, la prima guida musicale israeliana che Zadik ha realizzato nel 2018 con Proedi editore.
Tante canzoni presentate e commentate vivacemente da Zadik e trasmesse dal computer in sala, una brillante esibizione del Coro Col Ha Kolot e importanti discorsi come quello dell’assessore alla Cultura comunitario Gadi Schonheit e del consigliere regionale Manfredi Palmeri in conclusione dell’evento. Schonheit ha ricordato nel suo intervento l’importanza della musica per il mondo ebraico, ringraziando Zadik e la Regione e segnalando che “prossimamente stiamo pensando a un festival di musica israeliana condotta da Roberto come abbiamo fatto per i film di questo Paese”. Una serata che ha dato la possibilità al pubblico di conoscere e ascoltare alcune fra le migliori canzoni israeliane dei più grandi autori di origine ashkenazita. Dai laici come Ehud Manor, poeta e prolifico cantautore che scrisse “oltre 1250 canzoni non esibendosi quasi mai, dando tutto e non chiedendo niente” come ha sottolineato Zadik o Shlomo Artzi “il Re del pop sentimentale israeliano molto meno intellettuale del suo collega Einstein” che religiosi come Shlomo Carlebach tedesco di religione ebraica che visse in Israele e che con carisma e entusiasmo rivoluzionò la musica religiosa del Paese. Non solo canzoni registrate e letture di grandi testi dal vivo da parte del giornalista e presi dal suo volume Isramix ma anche esibizioni live con il Coro Col Ha Kolot che ha intonato alcuni classici popolari della tradizione musicale ebraica e creati molto prima della nascita ufficiale dello Stato ebraico. Come le emozionanti note dell’inno nazionale Ha tikwa (Speranza) “un brano dalla storia davvero particolare che mischia un testo semplice ma molto incisivo del poeta ebreo ucraino Naftali Imber e una serie di musiche che lo compongono, dalla canzonetta popolare ebraica romena Carul Cu boi, un carretto di buoi, alla Mantovana alla Moldava di Smetana” come ha sottolineato il conduttore e accolta gioiosamente dal pubblico nella Sala Pirelli fino a Hava Nagila composta nel 1917 dal musicologo ebreo russo Idelsohn fino a Gam Gam che “venne inserita nel film di Roberto Faenza Jona che visse nella balena”.
Accolta da calorosi applausi l’esibizione ha poi introdotto l’interessante approfondimento di Zadik che ha iniziato con la brillante Amru Lo (Gli hanno detto) rara canzone di Arik Einstein che era una versione israeliana di “Azzurro” di Celentano e con Chaim Witz meglio noto come Gene Simmons celebre bassista dei Kiss che nacque in Israele il 25 agosto 1949 da famiglia ebraica ungherese scampata miracolosamente alla Shoah e la loro I was made for loving you” uno dei loro più grandi successi. In conclusione Palmeri ha ricordato la propria emozione “quando ascolto le note dell’inno Hatikwa” e “la straordinaria capacità della musica ebraica di essere straordinariamente coinvolgente e diretta”.