di Fiona Diwan
Bacchettone o disinibito? Moralista, punitivo o gioioso? Qual è l’atteggiamento dell’ebraismo in tema di “incontri ravvicinati”? Midrash, storie bibliche e ben sette trattati talmudici affrontano il tema delle relazioni uomo-donna (persino nei dettagli d’alcova). Se n’è parlato in un recente incontro all’Università della Svizzera Italiana di Lugano
Davide e Betsabea, Tamar e Yehudà, il profeta Osea e la prostituta, l’incesto di Lot con le sue figlie… Adulterio, desiderio, lussuria, passione, impulso… Il catalogo è questo e potrebbe essere molto più lungo. Il racconto biblico e midrashico in tema di eros e sessualità è copioso, diretto, chiaro, di rado accompagnato da un giudizio (solo Natan sanzionerà re David ma per l’omicidio di Uria l’ittita marito di BatSheva, non per la furibonda passione provata per lei). La verità è che, in fatto di sesso, l’ebraismo si dispiega nella tensione tra la norma e l’istinto, tra le regole e gli impulsi, non nega mai la realtà, piuttosto ne dà conto e tenta di normarla sapendo che ogni società ha bisogno di regole per sopravvivere. Che le religioni siano un sistema simbolico regolatore delle relazioni è cosa nota. Ma come affrontano il tema della sessualità i tre grandi monoteismi? Se lo sono chieste in un incontro vivace e pieno di stimoli tre studiose (Maryan Ismail, Daria Pezzoli-Olgiati e la sottoscritta), in occasione di un evento all’Università della Svizzera Italiana di Lugano, l’USI, condotto dal giornalista Carlo Silini, avvenuto recentemente nell’Aula Magna dell’Ateneo, e organizzato da Micaela Goren Monti, Presidente della Goren Monti Ferrari Foundation. Alla presenza di una platea di circa 450 persone sono stati raccontati, sotto forma di dibattito, i tre diversi approcci al tema. Ebraismo, Cristianesimo, Islam: le tre relatrici hanno affrontato il delicato tema che chiama in causa il complesso rapporto fra i principi di fede, i precetti dottrinari e le libertà individuali, le tradizioni culturali e i cambiamenti nei costumi sociali, in un’ottica di confronto pluralistico delle tre grandi religioni monoteistiche (sul tema vedi anche l’articolo E Adamo conobbe Eva…, Bet Magazine, Febbraio 2019, pag. 22).
Generalmente si crede che il tema della sessualità si presenti nell’ebraismo priva dello stigma con cui di solito viene affrontato l’argomento e che l’ebraismo sia decisamente meno bacchettone e ipocrita, fors’anche più disinibito. Una sorta di deregulation in materia? Sì e no, dicono gli studiosi; l’ebraismo ha certamente un approccio realistico, non ha paura dello scabroso, non demonizza la seduzione e tende a guardare in faccia la natura umana per quello che è, con il suo Yetzer HaRàa e il suo Yetzer HaTov (l’istinto al male e l’istinto al bene). Ciononostante, la via è stretta e tortuosa. La normativa ebraica si “scatena” sul tema e le posizioni variano, dal sesso visto come gioiosa e massima espressione del divino nell’uomo, privo di una dimensione punitiva, fino all’estremo rigore che vieta a un uomo di camminare per strada se è tra due donne. Nudità, pudore, infedeltà, concetto di tzniut, omosessualità… Ma la cosa più stigmatizzata risulta essere la “dispersione del seme”, per l’ebraismo la cosa peggiore. Il seme deve fecondare la donna ed è fondamentale per la continuità dell’ebraismo che, tuttavia, alla simbologia dello sperma predilige quella dell’utero. Lo sperma va dappertutto, è numeroso, può fecondare molte donne, lo sperma è associato alla vocazione maggioritaria dell’Islam che è patrilineare e del Cristianesimo, è associato al proselitismo, ovvero al fecondare più donne possibili col verbo di Gesù o Maometto. L’ebraismo ha invece una vocazione minoritaria, ama i piccoli numeri, è matrilineare, per questo è associato all’utero, ha una vocazione “esclusiva”, guarda al dentro, non al fuori, non è centrifugo. L’ebraismo segue un movimento centripeto, non diffusivo, è come l’ovulo, non come lo sperma che si dirige verso il fuori. Non a caso, l’ebraismo bandisce gli edifici lunghi, non accetta campanili, guglie o torri, il Kodesh haKodashim è vuoto, è pensato per accogliere la presenza del divino, è un utero.
Ma cominciamo dall’inizio, ovvero dalla Genesi, dall’ebraismo e da un’interpretazione squisitamente qabbalistica così come ce l’ha voluta spiegare Yarona Pinhas, saggista e studiosa di ebraismo e Qabbalà, autrice, tra i tanti, del volume La saggezza velata – Il Femminile nella Torà, Giuntina. «Zachar uNekevà, maschio e femmina Dio li fece..: i due principi dell’identità di genere sono già nella Bet di Bereshit, il due, la lettera della dualità. Viviamo in questo mondo duale che è un mondo di opposti, luce-ombra, terra-cielo, giorno notte, pieno e vuoto, maschio e femmina. Viviamo di opposizioni in lotta tra loro, nella tensione tra i contrari, dice lo Zohar. Come possiamo allora arrivare all’Uno? Con l’unione d’amore, di corpi e di anime, ruach e guf», spiega Yarona Pinhas. Nel linguaggio qabbalistico noi viviamo apparentemente nella separazione ma, come nella fisica quantistica, il nostro compito è riunire tutto nell’Uno, ricondurre gli opposti all’Uno. Ogni cosa ha bisogno di essere unita all’altra e i qabbalisti, parlando di unione tra maschile e femminile, usano una metafora per unificare tutti i linguaggi della creazione: il seme ha bisogno della terra, la terra ha bisogno della pioggia… «L’idea è quella del Zivug, dell’unione del duale; è la ricerca che c’è nell’Universo di inseguire l’unione con l’altro, perché ogni cosa chiede di unirsi con l’alterità: anzi, proprio questa è la base del processo creativo. Nella concezione mistica e metafisica ebraica, noi viviamo in una costante tensione per unire ciò che è duale, il Zivug appunto. Ecco perché è così importante conoscere il linguaggio dell’altro. Nekevà: indica l’interiorità, il vuoto, quello che lavora nel velato, sotto terra. Zachar: indica l’agire, il fuori, la memoria, il palese, il pieno.
La sessualità soddisfatta e piena è perciò la cosa più alta che esista perché riunisce gli opposti, non a caso il rito matrimoniale si chiama kiddushim, da kadosh, santo. L’aspetto sacro è garantito dalla Ketubbà, il “welfare della donna”, che prescrive, per contratto, l’appagamento materiale, emotivo e sessuale delle donne da parte del marito. In epoca talmudica, una donna poteva chiedere il divorzio se il marito non faceva l’amore con lei o addirittura se puzzava o faceva il conciatore di pelli, o se suscitava ripugnanza per scarsa igiene personale. L’ebraismo prevede il divorzio. La donna era tenuta in alta considerazione in epoca talmudica, in un momento storico in cui il mondo greco e i filosofi si interrogavano se le donne avessero l’anima oppure no; consideravano le donne preda dell’hysteria e nasce qui questo termine greco e l’aggettivo isterica», spiega la studiosa.
Non a caso, nel Talmud abbondano le prescrizioni per i maschi: ad esempio, l’obbligo di dare piacere a una donna a letto e soddisfarla sessualmente; non a caso si usa infatti il termine Onà, ovvero il concetto che nel momento dell’amore fisico lui deve stare attento a lei, tanto più se vuole un figlio maschio; a tal punto che è scritto che tanto più l’uomo fa bene il suo “lavoro”, tanto più lei gioisce e ne trae soddisfazione, tanto più facilmente resterà incinta di un maschio. Intimità e reciproco piacere, quindi, indipendenti dallo scopo di procreare. Sul piacere sessuale si fonda l’armonia di una coppia e secondo i maestri l’Onà è talmente importante per la buona riuscita di un matrimonio che la sua assenza giustifica il divorzio. «La sessualità è parte di ciò che siamo, l’uomo lascerà la casa di suo padre per essere una carne sola con la moglie, e proprio perciò deve imparare a connettersi con lei imparando a conoscerla, a dirle grazie e a coltivare l’arte del corteggiamento…», spiega Yarona Pinhas.
Non c’è sesso senza amore quindi? Ma è davvero così? «Nell’ebraismo il sesso non è legato solo alla riproduzione. La normativa ebraica prescrive esplicitamente l’attività sessuale al solo scopo del piacere. È, infatti, lecito e considerato positivamente il rapporto sessuale con una donna incinta o con una donna che non sia in condizioni di procreare (sterile o in menopausa)», spiega rav Roberto Della Rocca. E conclude: «Il fatto che la pratica del sesso sia accompagnata da intenso piacere è per il credente un’ulteriore prova della bontà di Dio. È significativo il fatto che circa un quarto del Talmud abbia per oggetto l’argomento “donne” e che ben sette trattati affrontino problematiche connesse alla relazione tra uomo e donna. L’ebraismo prevede gli anticoncezionali, pillola, anello, spirale, diaframma, persino il preservativo malgrado l’interdizione alla dispersione del seme. Nella vita pubblica è raccomandata riservatezza; ma in privato vi è notevole permissività e ampio spazio è lasciato alla fantasia. Così, ad esempio, “il rapporto avvenga senza vestiti” (bKetuboth 17) e “tutti i movimenti, nel corso del rapporto, siano leciti” (bNiddà 20). Il piacere che deriva dall’esercizio del sesso è legittimo, opportuno e positivo».
L’amor sacro e l’amor profano: due libri
Poesie erotiche scritte da grandi Maestri o rabbini che sono stati pozzi di sapienza, Rabbi autori di meravigliosi responsa nonché i fondatori dell’ebraismo come lo conosciamo oggi nei suoi fondamenti normativi e di ortoprassi. I loro nomi? Moshe Ibn Ezra, Shmuel HaNagid, Abulafia, Ibn Gabirol… autori di poesie d’amore piene di eros (omosessuale e eterosessuale), esplicite e bellissime. Un volumetto in cui non manca nulla: dallo Shir HaShirim a Bialik, da Yehuda Ha-Levi a Lea Goldberg a Iona Wallach passando per il Medioevo di Abulafia all’Israele contemporanea di Amichai. Con testo originale a fronte. Un libro prezioso, sorprendente, irrinunciabile.
(Forte come l’amore è la morte – Tremila anni di poesia d’amore ebraica, Belforte editore, 18,90 euro)
In principio D-o creò… il sesso. Ironico, divertente, documentato e pertinente: senza voler sembrare irriverenti, ecco 50 sfumature di Talmud, ovvero che cosa i primi rabbini hanno detto su “tu-sai-cosa”. Buone e cattive notizie su come farlo, quando e perché, quali gioie, restrizioni e magagne, come farlo bene e quando non farlo affatto, e poi il controllo di sé e delle pulsioni, il comandamento di soddisfare la donna…
Reperibile su Amazon: Fifthy Shades of Talmud, di Maggie Anton, Banot Press, US $ 6.95.