di Ilaria Ester Ramazzotti
Testimoniare la Shoah perché la conoscenza diventi strumento contro i nuovi fascismi e gli antisemitismi che ai giorni nostri riprendono voce. È l’intento dei testimoni sopravvissuti a quegli anni e di chi si dedica a parlare soprattutto con i giovani e nelle scuole. Un compito che a Milano si rinnova, in occasione del Giorno della Memoria, all’indomani dello sfregio in viale Lombardia della pietra d’inciampo dedicata al deportato Angelo Fiocchi e degli slogan antisemiti pronunciati nel corso di una manifestazione svoltasi in piazza Cavour lo scorso 9 dicembre.
Nell’ambito del ventaglio delle iniziative per la Memoria, Comune di Milano, Comunità Ebraica di Milano, Fondazione Memoria della Deportazione, Comitato Permanente Antifascista, Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea e Memoriale della Shoah di Milano hanno promosso venerdì 26 gennaio un incontro, svoltosi nella Sala Alessi di Palazzo Marino in piazza della Scala, che ha coinvolto studenti di varie scuole del territorio per dire “no ai nazifascismi, mai più ghetti e deportazioni politiche e ‘razziali’”. L’appuntamento ha visto gli interventi di Venanzio Gibillini, ex deportato politico, e di Jean Blanchaert, bisnipote di Ernesto Reinach, imprenditore italiano di origine ebraica vittima con la sua famiglia delle leggi razziali e della persecuzione, a cui sono state deposte pietre di inciampo lo scorso 23 gennaio.
L’arresto avvenuto nel 1943, il viaggio in treno verso l’ignoto, l’ingresso nel campo, la prigionia: questi gli eventi raccontati da Gibillini, deportato perché rifiutò di aderire alla Repubblica Sociale Italiana e sopravvissuto ai lager di Flossenbürg e Kottern, sottocampo di Dachau. Dedicatosi a raccontare quelle esperienze ai giovani e a tramandarne la memoria, è stato insignito dell’Ambrogino d’Oro nel 2017 dal sindaco di Milano Giuseppe Sala. Al centro dell’intervento di Blanchaert, invece, quanto accadde ai suoi famigliari Ernesto Reinach, arrestato nel 1943 con la figlia Etta e suo marito Ugo De Benedetti, insieme al loro figlio Piero. Ma anche l’analisi di documenti dell’Archivio di Stato e spunti di riflessione sulla Shoah proposti alle scolaresche. Ad aprire le testimonianze sono stati gli stessi studenti, esponendo storie, documentazioni testimonianze delle persone a cui sono intitolate le pietre d’inciampo a Milano.
“La memoria offesa dell’umanità non venga mai meno”, ha detto Floriana Maris, presidente Fondazione Memoria della Deportazione e moderatore dell’incontro. “No alla spersonalizzazione, alle deportazioni, ai genocidi del Novecento (la Shoah e quello degli armeni), no ai crimini contro l’umanità, alla distruzione di gruppi etnici e religiosi” ha ribadito ricordando la nomina di Liliana Segre a senatrice a vita, quale segnale contro il risorgere del razzismo e dell’intolleranza. E no alle letture assolutorie del passato e del regime fascista, ha aggiunto citando il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Sono preziosi gli incontri fra le associazioni di deportati e gli studenti, testimonianze dirette nelle scuole milanesi e lombarde, di fondamentale importanza soprattutto quando non siamo tranquilli che la storia non si ripeta – ha sottolineato Sara Valmaggi vice presidente consiglio regionale della Lombardia -, quando anche nel discorso politico c’è leggerezza nel parlare di ‘razza’. Ricordare è esercizio fondamentale per comprendere come si è arrivati a sterminare altri solo perché ebrei, omosessuali, zingari”, ha detto agli studenti condannando lo sfregio alla pietra d’inciampo posata alla memoria di Angelo Fiocchi e condividendo le motivazioni che hanno portato Sergio Mattarella a nominare Liliana Segre senatrice a vita, più volte citata nel corso del dibattito.
“Riunirci per ascoltare Venanzio Gibillini è una importante opportunità, poiché, come scrisse Bertold Brecht, la verità è concreta, cioè diversa da interpretazioni, la verità potrebbe rimanere muta se non fosse per la testimonianza e le parole di chi l’ha vissuta” ha affermato l’assessore alla cultura del Comune di Milano Filippo del Corno. E se all’opera di testimonianza deve seguire “impegno e responsabilità per far sì che certi fatti non si ripetano”, le “contrapposizioni alla verità storica sono un contagio, sono contro la democrazia”.
Seppur “la memoria della Shoah è complicata, perché la Shoah è allucinante e difficile da immaginare per crudeltà e sofferenza – ha spiegato il rabbino capo di Milano Alfonso Arbib –, non si è manifestata dal nulla, ma è frutto di una lunga storia che è quella dell’odio antiebraico, lunga migliaia di anni. Un elemento terribile della storia dell’antisemitismo del Novecento è l’idea di un complotto ebraico per conquistare il mondo. Un’idea in realtà molto antica che risale al 1144”. “Mai pensare che qualcosa di terribile che è accaduto non ci riguardi: le idee che hanno portato allo sterminio hanno circolato in Europa e nel mondo riproposte e riadattate. Oggi ci sono un rigurgito e una rinascita di antisemitismi. A Milano in piazza Cavour si è inviato allo sterminio degli ebrei. Attenti quindi alle varie mascherature dell’antisemitismo, attenti a non cadere nelle sue nuove maschere”.