di Michael Soncin
Raccontare la storia di Annelies Marie Frank, meglio conosciuta come Anne Frank, non è cosa facile. A tal proposito è stato organizzato un webinar dal titolo Parlare di Anne Frank oggi, promosso dall’Università Cattolica di Milano, assieme al Memoriale della Shoah di Milano e all’Associazione Figli della Shoah. Uno degli obiettivi è di fornire degli spunti didattici per meglio esporre la triste vicenda della ragazzina ebrea tedesca, divenuta uno dei maggiori simboli utilizzati nel narrare le terribili nefandezze della Shoah. Rivolto in particolare ad insegnanti e operatori della comunicazione, ma anche a tutti i cittadini. Tutti, perché la figura di Anne Frank è stata manipolata, mistificata e banalizzata da parte di ogni attore della società attuale, dallo sport alla politica. Mosaico Bet Magazine ha dedicato un intero numero, contro l’uso strumentale di un’icona della Shoah, qual è Anne, denunciando un fenomeno trasformatosi in un simbolo prêt-à-porter, buono per qualsiasi causa. Durante i due anni, dove Anne si nasconderà con la famiglia per sfuggire alle persecuzioni antisemite, utilizzerà il proprio tempo per scrivere su un diario le proprie riflessioni su quanto sta vivendo. Verrà poi catturata dai nazisti e morirà di tifo nel 1945 nel campo di concentramento di Bergen-Belsen. Il Diario è oggi tra uno dei libri più letti e tradotti nel mondo.
All’evento trasmesso il 25 gennaio hanno partecipato: Stefano Pasta dell’Università Cattolica, in veste di moderatore; Aart Hering, addetto stampa e politica della Reale Ambasciata dei Paesi Bassi a Roma; Milena Santerini, ordinario di pedagogia dell’Università Cattolica, vice presidente del Memoriale della Shoah; Daniela Dana Tedeschi, presidente dell’Associazione Figli della Shoah; Talia Bidussa, responsabile eventi e mostre presso il Memoriale della Shoah di Milano; Livia Cadei, docente di pedagogia generale e sociale della Cattolica, esperta del potenziale educativo della narrazione; Mattia Lamberti, pedagogista del centro di ricerca sulle relazioni interculturali dell’Università Cattolica.
Il primo a prendere la parola è stato Aart Hering, in cui ha raccontato della mostra itinerante Anne Frank una storia attuale, concepita dalla casa di Anne Frank e gestita dal ministero Olandese. Disponibile in moltissime lingue è stata “creata con criteri didattici che la rende adatta a tutti, in particolare agli studenti tra gli 11 e i 16 anni”, ha affermato Hering, aggiungendo che tutti gli interessati possono richiedere informazioni per allestirla, le cui spese sono a carico dell’ambasciata.
Una resistente
“L’episodio di Anne ha l’obiettivo di mostrare la grande storia attraverso la piccola singolare vicenda – ha detto Milena Santerini -. La memoria ha un riflesso sull’oggi, portandoci a ricordare il rischio dell’antisemitismo odierno, facendo comprendere il valore della libertà e dei diritti umani in una società democratica. Il suo diario è pieno di voglia di vivere, la sua coscienza è limpida, è una testimonianza contro le barbarie. Di lei si ricordano soprattutto l’adolescenza interrotta, l’ingiustizia profonda, l’assurdità della segregazione e della condanna. È stata una resistente, non solo una vittima”.
La Santerini ricorda poi la figura di Miep Gies, la dipendente dei Frank, una delle persone che si occuperà di loro durante il nascondimento nell’alloggio segreto: “Lei è il loro collegamento con il mondo, rischia la vita, lo fa con semplicità e fedeltà. Miep Gies è una dei Giusti del mondo. Bisogna parlare di più dei giusti nelle scuole”.
I giovani hanno davvero compreso la Shoah?
“Dobbiamo aiutare i giovani adolescenti a restare di fronte alla malattia, alla morte o alla sofferenza o in questo caso a questa ragazza del lontano passato che rappresenta la chiave per leggere la Shoah”, – commenta Elena Santerini-; poiché secondo la studiosa, molti giovani non hanno realmente compreso le vicende della Shoah, sebbene molti di loro dicano il contrario. A maggior ragione, fa un esempio di “come possa essere deformato, distorto, l’Olocausto”, ricordando le immagini apparse su Tik Tok, “dove delle ragazze s’identificano come le vittime sofferenti dell’Olocausto, e ne assumono i caratteri delle persone perseguitate”. Dalle foto si evince, come lei stessa afferma che: “Salvano solo l’aspetto emotivo, devono mostrare la sofferenza, ma la rappresentano in un modo poi offensivo. Non possiamo aiutare gli adolescenti a capire meglio questo tipo di vicende?”.
La derisione delle vittime
Qualche tempo fa una squadra di calcio ha utilizzato la foto di Anne Frank vestita con la divisa della squadra avversaria (video). “Qui sentiamo un vero antisemitismo, siamo alla derisione delle vittime, Anne viene strumentalizzata come simbolo dello sconfitto; dobbiamo affrontare questi temi, quello che c’è nel cuore di tanti giovani che non capiscono nulla della storia di Anne Frank, ma che la usano per trasferirci i loro problemi emotivi”, ha rimarcato Elena Santerini.
“Non dobbiamo sentire la vicenda della Shoah come una pesante eredità ideologica che grava sulle generazioni, ma dobbiamo riconoscere il debito che abbiamo verso Anne, perché è una portavoce dell’enorme numero di vittime dell’Olocausto. Teniamo vivo il suo messaggio, facendo in modo che dalla sua storia nasca anche un impegno contro le attuali discriminazioni nella nostra società” ha sottolineato la Santerini nel concludere il suo discorso.
I diritti negati ai bambini durante il nazifascismo
L’orrore che ne conseguì dalle terribili vicende dell’Olocausto è talmente grande che spesso ci porta a distogliere lo sguardo sui singoli diritti di cui tutti gli ebrei d’Europa furono privati.
Daniela Dana Tedeschi ha affrontato il tema nella sua relazione dal nome Educare i Diritti Umani attraverso il Diario – I diritti negati dell’infanzia durante la Shoah.
“Parlare di Anna Frank oggi significa parlare dell’infanzia durante la Shoah – ha detto Daniela Dana Tedeschi – e dei diritti fondamentali che sono stati negati. Il suo diario è divenuto l’emblema della negazione dei diritti umani, attraverso la segregazione, la privazione, la deportazione e infine la morte che subirono sei milioni di ebrei. Tra i diversi percorsi didattici possibili che il diario ci propone, chiaramente oltre alla lettura in classe e alla sua riflessione, mi sembrava oggi interessante tracciare un percorso che mostra come la storia di Anne sia divenuta l’emblema della negazione dei diritti fondamentali dell’infanzia ebraica della Shoah”.
La Tedeschi ha illustrato un esempio di lavoro in classe dove l’insegnante può scegliere uno tra i diversi tipi di diritti umani fondamentali negati durante la Shoah. “La legislazione antiebraica in tutta Europa – continua Tedeschi – colpì duramente il mondo dell’infanzia nei suoi aspetti più elementari, come l’espulsione dalle scuole che rese di fatto impossibile partecipare alle attività ludiche proprie del mondo dell’infanzia. Il mondo degli adulti cercò in tutti i modi di tutelare questo diritto, sopperendo laddove possibile ai divieti. Ogni situazione creò dei traumi nell’infanzia, pensiamo banalmente alla separazione dai giochi, dagli animali domestici, che furono abbandonati in un momento di fuga o per nascondersi”. Ella ricorda poi uno dei diversi disegni dei bambini di Terezin: “Nonostante i colori, nonostante l’aspetto ludico, sappiamo che questi disegni sono un’importante testimonianza, della sofferenza di questi bambini e soprattutto di come vissero la Shoah e le loro emozioni”.
Come lei spiega i diritti negati ai bambini furono: al gioco, per via dell’esclusione sociale; alla salute fisica, pensiamo alla denutrizione, al freddo e alle scarse condizioni igieniche. È doveroso menzionare anche la salute mentale e non solo fisica, perché molti bimbi si dovettero separare dei propri genitori, scelta necessaria per tentare di salvarli. Bimbi che dovettero fingersi di non esser ebrei, venendo meno del diritto all’identità e presentarsi sotto falso nome ai propri soccorritori, mentre altri vennero marchiati con la stella gialla, privandoli del diritto alla dignità. Inoltre non poterono più studiare, in seguito alle leggi antisemite del 1935 in Germania e del 1938 in Italia, che esclusero alunni ebrei dal mondo scolastico, togliendo loro il diritto all’istruzione.
Percorsi virtuali su Anne Frank
Talia Bidussa ha parlato della possibilità di visitare la casa di Anne virtualmente, spiegando che si tratta di un percorso interattivo con diverse opzioni di fruizione, dove l’ospite può visitare le singole stanze, ricche di particolari su cui poter cliccare. “Le pagine del diario vivono in questo modo, all’interno della casa – ha dichiarato Bidussa -, il diario è una testimonianza e in quanto tale poterla vedere è ancora più rilevante. “Ascoltare i testimoni – continua Bidussa – o vedere le persone o i luoghi della memoria ti pone davanti all’impossibilità di negare le realtà o di ridurne l’importanza. Ti mettono di fronte alla tua responsabilità”. In seguito Bidussa ha parlato di Google Arts & Culture la parte di Google che si occupa di musei dove la casa di Anne Frank ha reso disponibile una serie di materiali utili alle scuole.
Parlando dell’alloggio segreto, Livia Cadei, l’ha definito una barriera fragile in cui si rimettono in gioco gli spazi e il tempo. “È uno strumento potente ma molto delicato – afferma Cadei riferendosi al diario -, che sta nelle mani degli educatori. C’è un lavoro educativo da spendere che è quello di interrogarsi rispetto alla capacità di aiutare gli studenti a comprendere, non tanto ad essere informati.
A conclusione del webinar il pedagogista Mattia Lamberti, ha consigliato una serie di contenuti utili per un coinvolgimento più attivo degli studenti sulla storia di Anne.
Uno di questi è l’Anne Frank Video Diary, una web serie presente su Youtube, dove si vede Anne con una videocamera al posto del diario. “Il video ci permette di entrare con grande capacità narrativa e grande fedeltà al testo”, spiega Lamberti. Un altro contenuto interessante è il fumetto Anne Frank di Folman e Polonsky, “ben costruito, adatto ad un pubblico giovane e non solo”.
Tutti i materiali utili a studenti, educatori e addetti alla comunicazione sono disponibili sulla pagina Facebook Mediavox, ed alcuni di essi cliccando direttamente sui link di questa pagina.