di Roberto Zadik
Sono passati settantotto anni dall’omicidio dei fratelli Carlo e Nello Rosselli, uccisi da sicari fascisti, in Francia, il 9 giugno 1937. La vita e le imprese dei due intellettuali ebrei italiani, laici, cosmopoliti e antifascisti, si intrecciano con le vicende di un grande compositore di nome Leone Sinigaglia che, allievo di Dvorak e di Mahler, ha musicato i canti popolari dei contadini piemontesi, diventando un pioniere della ricerca musicale e del folk.
Ad approfondire la personalità e il contributo storico e culturale di questi straordinari ebrei italiani è stata la serata alla Casa della Cultura, il 9 giugno, “Amelia Rosselli e Leone Sinigaglia – Parole e suoni di un’altra Italia. Musiche, letture e immagini” .
Realizzata dalla Casa della Cultura e dal Circolo Rosselli in collaborazione con l’Università Milano Bicocca e con la Biblioteca dell’Anpi, l’iniziativa ha riunito musica, con vari brani composti da Sinigaglia, filmati e dibattiti oltre alla lettura della corrispondenza intercorsa fra il musicista e Amelia Pincherle, madre dei due fratelli Rosselli.
Amelia Pincherle Rosselli fu un’importante letterata e un personaggio interessante e coraggioso, zia del grande scrittore Alberto Moravia. Insegnò ai suoi figli quei valori di libertà e di passione civile e morale che li resero famosi e molto invisi al regime fascista.
Ad aprire la serata è stato Francesco Somaini, presidente del Circolo Rosselli, che ha ricordato l’uccisione dei fratelli Carlo e Nello, perpetrata probabilmente dai servizi segreti e da Gian Galeazzo Ciano, che inviarono a Bagnole de l’Orne, in Normandia, dove i due fratelli si trovavano per delle cure termali, una squadra di “cagoulards” miliziani francesi di estrema destra. Appostati con una macchina, ha ricordato Somaini, i militari hanno atteso i Rosselli che tornavano da una gita, uccidendoli a colpi di pistola e a coltellate.
I due fratelli avevano, per tutta la loro vita, mostrato apertamente le loro convinzioni liberali. «Venivano – come ha rievocato Somaini – da un ambiente colto, raffinato, aperto e si sentivano molto italiani, come il loro fratello, Aldo, morto nella Prima Guerra Mondiale. Furono legati all’Italia, che poi però li ha traditi». Nella sua introduzione, prima di passare la parola agli altri ospiti, Somaini ha sottolineato che «grazie alla ricerca parallela effettuata da due amici del mio Circolo, attivo dal 1981, Lydia Cevidalli e Marco Cavallarin siamo arrivati a conoscere la vita e le opere di un grande musicista come Leone Sinigaglia, imparentato con i Rosselli e legato alla madre dei due fratelli, Amelia, da un rapporto di parentela e di profonda affinità umana e intellettuale». Anche la storia di Leone Sinigaglia è altrettanto toccante e sofferta. Infatti, dopo aver vissuto a Vienna per vari anni, dove si dedicò alla vita culturale e mondana, tornò in Italia e, dall’avvento del fascismo, visse una serie di traversie, come la confisca dei beni e il veto riguardo all’esecuzione delle sue opere. Torinese di religione ebraica, Sinigaglia morì d’infarto all’arrivo dei fascisti che stavano per catturarlo nella sua casa di campagna, il 16 maggio 1944. I fratelli Rosselli e Sinigaglia furono dunque, anche se in maniera diversa, vittime del fascismo e, come ha evidenziato Somaini «ci restituiscono il ritratto di un’Italia molto diversa da quella di oggi, di un mondo che non c’è più».
Subito dopo ha preso la parola Paola Rosselli, che ha ricordato sua nonna Amelia: «Una donna forte che non ha mai avuto paura di dire quello che pensava. Non conoscevo Leone Sinigaglia e la sua storia, pur essendo un cugino lontano di mia nonna».
Dopo le parole si è passati alla musica, con l’esecuzione da parte di un gruppo di strumentisti, fra cui anche Lydia Cevidalli, violinista del Conservatorio di Milano, delle “Canzoni Piemontesi” di Leone Sinigaglia, composte per voce e quartetto d’archi. La cantante Caterina Trogu Roehrich, assieme ai violinisti Elena Marazzi e Lydia Cevidalli, alla viola suonata da Cristina Pederiva e al violoncellista Issei Watanabe, hanno eseguito pezzi intensi come “Il grillo e la formica”, “L’aria del Molino” e “Verdolin Verdolinetto” e il bellissimo quartetto d’archi “Hora Mystica”.
Si è tornati poi agli interventi, focalizzandosi sulla figura di Leone Sinigaglia. Cevidalli ha detto che «Era un musicista raffinato che ha studiato con grandi autori, come Anton Dvorak seguendolo a Praga, affascinato dai suoi studi sui canti popolari».
«Proprio ispirato dal compositore cecoslovacco – ha proseguito Cevidalli, – Sinigaglia cominciò i suoi studi sulla musica popolare del Piemonte e, quando abitò nella sua dimora di campagna a Cavoretto, raccolse cinquecento canti contadini, musicandoli per voce e pianoforte».
La serata è stata molto interessante anche grazie al trailer del film di Marco Cavallarin, Dolce usignolo dall’ala ferita che, con immagini toccanti e preziose testimonianze, come quella dello storico Alberto Cavaglion, ha restituito un ritratto umano e artistico incisivo di Sinigaglia. Uomo di cultura, ma anche avventuroso alpinista e scalatore, di madre milanese, in gioventù visse una vita mondana e cominciò a comporre ispirato da illustri frequentazioni come quelle di compositori come Verdi, Boito, Brahms o il già citato Dvorak e con autori come Antonio Fogazzaro. «Spero che questo breve trailer – ha detto Cavallarin – sia sufficiente per ricostruire la vita di questo musicista importante e dimenticato, sottolineandone la profonda umanità e la sofferenza patita durante il periodo delle leggi razziali».
Bandito dal regime fascista, in quanto ebreo, Sinigaglia fu, nonostante le tante difficoltà, sempre attivo e molto creativo. Le sue opere, come le “Canzoni piemontesi per quartetto d’archi”, sono rimaste inedite per lungo tempo, custodite nel Fondo Sinigaglia della Biblioteca del Conservatorio di Torino. Riportate alla luce dalle esecuzioni dei musicisti e grazie al contributo di Lydia Cevidalli (senza il suo meticoloso lavoro sarebbero andate perdute) le opere di Sinigaglia attingono da vari registri espressivi e generi musicali, dal suo periodo viennese fino ai canti piemontesi delle contadine di Cavoretto, dove visse dal 1938 alla sua morte nel 1944.
Da segnalare, nell’ultima parte dell’iniziativa, l’approfondimento, da parte di Marina Calloni, docente di Filosofia Politica e Sociale all’Università Biccocca di Milano, della figura di Amelia Rosselli e la lettura, da parte della storica Elena Savino, delle Lettere di Amelia e Leone. Ricordando l’importanza del personaggio di Amelia, la Calloni ne ha ricostruito la movimentata biografia di ebrea veneziana evidenziandone il coraggio e l’impegno culturale e sociale. «La signora Rosselli – ha sottolineato Marina Calloni – era una donna forte e coraggiosa, che visse i tormenti dell’esilio in vari Paesi, dalla Svizzera, all’Inghilterra, agli Stati Uniti. Promotrice della cultura e dei diritti delle donne, patriota, visse una vita che è un esempio per tutti noi. La sua amicizia con Leone Sinigaglia fu molto stretta, costruita su un legame non solo di parentela ma anche di profonda affinità intellettuale».