di Esterina Dana
Dopo il traumatico evento occorso il 7 ottobre 2023, alla vigilia del Giorno della Memoria del 2024 si è discusso a lungo dell’opportunità di ricordare la Shoah e con quali modalità farlo. Il rischio dell’”indifferenza”, parola chiave scolpita all’ingresso del Memoriale della Shoah di Milano presieduto da Roberto Jarach, è il motore dell’impegno educativo con le generazioni più giovani, il quale bene si esprime nel seminario organizzato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Racconto della Shoah e linguaggi ostili. Contrastare i pregiudizi in classe, svoltosi il 16 gennaio 2024, cui hanno preso parte Patrizia Baldi (CDEC), Daniela Dana (Associazione Figli della Shoah), Gabriele Nissim (Gariwo), Saul Meghnagi (UCEI), Domenico Simeone (UNICATT). Il seminario si avvale della direzione scientifica di Milena Santerini (UNICATT e Memoriale della Shoah) coordinatrice, con il Ministero dell’Istruzione, della stesura delle Linee guida al contrasto dell’antisemitismo nella scuola. Moderati da Mattia Lamberti (UNICATT), gli interventi rivelano il grande fervore analitico delle diverse realtà che hanno a cuore temi quali Memoria, Didattica della Shoah e Contrasto all’odio.
Domenico Simeone (professore ordinario di Pedagogia generale e sociale e Preside della Facoltà di scienze della Formazione, Università Cattolica del Sacro Cuore) sottolinea come tale convegno si collochi in un contesto internazionale ribollente e contiguo a tre eventi: l’incipiente Giorno della Memoria, l’ottantesimo della deportazione di Liliana Segre e la giornata del dialogo ebraico-cristiano. Fin dal 1994 la Facoltà di Scienze della Formazione si è posta la questione educativa di come parlare della Shoah ai giovani per evitarne la replica e contrastare l’antisemitismo. Oggi come oggi, eventi epocali come la pandemia da Covid-19, la guerra in Ucraina e il conflitto tra Israele e Hamas, forniscono un terreno fertile per la rinascita di questo fenomeno che “si adatta alle circostanze offerte dal periodo storico”, sfruttando un pubblico angosciato e arrabbiato a causa della crisi. La banalizzazione e la distorsione della Shoah, diffuse in modo particolare attraverso i social network, sono esempi specifici di questa tendenza. La combinazione di online e offline, seguendo una logica onlife, normalizza tali manifestazioni nella società, infrangendo tabù “rendendo accostabile l’inaccostabile e dicibile l’indicibile”. Contrasto all’antisemitismo e didattica della Shoah, strettamente legati fra loro, impongono studi e approfondimento sul linguaggio d’odio e sull’antisemitismo anche nel web sociale, temi di questo convegno.
Roberto Jarach, presidente della Fondazione del Memoriale della Shoah, rileva che il successo di questa iniziativa è dovuto alla collaborazione di tutti gli enti coinvolti. La loro encomiabile sinergia – dice – consente di implementare politiche di difesa contro la recrudescenza di atti ed espressioni di antisemitismo, soprattutto in relazione alla situazione attuale in Israele e Palestina, una problematica che suscita preoccupazione nell’intera società. Contrastare tali manifestazioni diventa cruciale per promuovere un ambiente dialogante più inclusivo e rispettoso delle diversità, al fine di migliorare la società.
In risposta agli eventi recenti, all’interno dell’UCEI – dice Saul Meghnagi – è emersa una riflessione seria sulla relazione tra storia e memoria, in particolare su come e se “lo sviluppo del lavoro sul ricordo, che ha visto la centralità inequivocabile dei testimoni, sia di per sé un elemento sufficiente per incidere sulla coscienza e sul pensiero dei giovani”. L’interrogativo su come la cultura europea abbia potuto generare gli orrori del passato e sul riemergere dell’antisemitismo è tuttora aperto. In questo senso, le Linee guida al contrasto dell’antisemitismo nella scuola assumono un ruolo rilevante e fanno luce sull’uso distorto della storia. Vi si affrontano diverse forme di antisemitismo, distinguendo tra antigiudaismo tradizionale, antisemitismo neonazista, fascista, negazionista nonché l’antisemitismo nei confronti di Israele. “Oggi quest’ultimo costituisce uno degli elementi portanti del negazionismo” di quel pezzo di storia che ha condotto alla nascita di Israele, spesso considerata una delle cause dell’antisemitismo attuale. A fronte di una visione cumulativa dei processi di apprendimento, le Linee Guida assumono un’ottica pedagogica volta all’“acquisizione delle conoscenze come un processo di elaborazione delle conoscenze stesse” per conseguire obiettivi affettivo-disposizionali. Il problema nella scuola italiana non è quindi solo una questione di didattica della Shoah, spesso ricondotta ad un periodo temporalmente circoscritto, ma un problema di educazione e di formazione alla convivenza civile. Pertanto, le Linee guida, considerando le diversità e i fenomeni di intolleranza e di razzismo emergenti nella società, promuovono una relazione fra storia ed educazione civica e costituiscono così un pilastro dell’azione educativa futura.
Ricorda Lisa Pozzan, leggendo la relazione di Milena Santerini, indisposta: “Primo Levi in Sommersi e salvati osserva che i guardiani di Auschwitz-Birkenau sostituivano la parola alla violenza fisica. ‘L’uso della parola per comunicare il pensiero, questo meccanismo necessario e sufficiente perché l’uomo sia uomo era caduto in disuso e un segnale: per quegli altri, uomini non eravamo più’. ”Il ruolo del linguaggio nel processo di disumanizzazione e violazione della dignità umana, si focalizza sulla sua trasformazione nei campi di concentramento durante l’Olocausto – legge Pozzan -. Nei lager è strutturato in modo omicida e sottolinea il cinismo delle espressioni impiegate. Il suo svuotamento corrisponde a quello dell’umanità”.
Tale processo di disumanizzazione inizia con l’esclusione, seguita da espropriazione, concentramento e deportazione (Raoul Liberg). La necessità di creare criteri giuridici specifici per distinguere gli ebrei dagli altri determina l’utilizzo del linguaggio burocratico, che diventa strumento per definire, separare e promulgare leggi discriminatorie fino alla soluzione finale. Il linguaggio diventa essenziale nel plasmare la realtà, contribuendo a giustificare e normalizzare la violenza nei confronti degli individui, diventando uno strumento cruciale nell’ideologia totalitaria e nella violenza perpetrata dai dominatori contro gli schiavi che culmina nella tragedia degli stermini nei lager.
“Un linguaggio esplicito di incitamento alla violenza viene usato in modo crescente attraverso parole, slogan, immagini”, cinema, teatro, musica, arte, stampa.È essenziale creare un consenso attraverso la propaganda e il costante diffondersi dell’odio. “La propaganda propone un nuovo universo di senso, … instaurando una pressione totalitaria sulla popolazione in base a un principio fondamentale: fabbricare emozioni, vale a dire suscitare paura, sospetto, risentimento” (Jacques Sémelin).
“Il linguaggio del Terzo Reich doveva pensare e creare … parole tossiche, quotidiane, …, ripetitive e martellanti (Victor Klemperer)” al fine di plasmare la mente e la memoria delle persone. Il linguaggio dell’odio, analizzato nella sua contemporaneità, rivela due caratteristiche principali. In primo luogo, sottolinea la cultura dell’esclusione che, attraverso parole e immagini, cerca di dividere la società in “noi” e “loro”, erodendo il concetto universale dei diritti umani. In secondo luogo, evidenzia il processo di materializzazione del linguaggio, rendendo meccanico ciò che è umano e creando automatismi che spersonalizzano il pensiero, favorendo l’obbedienza immediata senza riflessione.
Le tecniche utilizzate durante il regime nazista, paragonate con le attuali forme di propaganda online, rivelano come la ripetizione di contenuti virali possa influenzare il pensiero senza elaborazione critica, con una potenza di moltiplicazione infinitamente superiore. Il web consente la pratica contemporanea di occultamento di discorsi d’odio attraverso meme, allusioni, sigle e simboli compresi solo dagli adepti, al fine di sfuggire alla censura e alle denunce legali. La strategia d’odio più insidiosa e pericolosa è quella di disumanizzare i soggetti, raffigurandoli come sotto-uomini o creature indegne, rappresentandoli come parassiti, animali repellentio diavoli. La scuola del regime nazista offre numerosi spunti anche ai complottisti e agli haters di oggi.
Molteplici le manifestazioni di antisemitismo, come la discussione sull’idea di una presunta congiura ebraica. Emblematico l’attacco al capitalismo globale identificato spesso con figure del mondo ebraico. Esempio di un concetto reinterpretato in chiave no global è l’immagine della “piovra” e dell’happy merchant” associata, però, ad avvenimenti attuali come il Covid. Si sottolinea come gli ebrei siano spesso collegati a crimini infamanti, specialmente contro bambini e come tali rappresentazioni possano persistere, nonostante siano dimostrate false.
La scuola ha il compito di aiutare gli studenti a decifrare messaggi, verbali e no, e iconografici di cui va capito e interpretata il senso e scoperta la manipolazione nascosta.“Nell’ambito della trasmissione del sapere scolastico è necessario capire” con i ragazzi l’origine di certe espressioni antisemite e il ruolo della propaganda nel contesto storico, sottolineando le somiglianze tra passato e presente, compresi i cambiamenti storici. La delicata questione dell’antisemitismo nel contesto del conflitto Israele-Palestina va affrontata in modo critico fornendo conoscenze storiche, analisi approfondite e discussioni per evitare polarizzazioni.
“Il trauma del 7 ottobre 2023 ha segnato uno spartiacque. La strage ha comunicato una volontà di annientamento, voleva evocare la Shoah e risvegliare le angosce che la Comunità ebraica non ha mai dimenticato. Ne è seguita una guerra terribile” … La scuola deve affrontare questi temi o rischia di trovarsi negli opposti schieramenti politici”. È importante comprendere la differenza tra antisionismo e antisemitismo, laddove l’antisionismo può talvolta servire da schermo per l’antisemitismo.
Il Sionismo, nato nel XIX secolo per restituire una terra e una patria agli ebrei in diaspora in tutto il mondo, oggi, con la creazione dello Stato di Israele nel 1948, definisce il legame tra gli ebrei della diaspora e lo Stato di Israele. “Tuttavia, è proprio nel momento attuale … che compaiono nuove forme di opposizione al Sionismo. Quando l’antisemitismo diventa impresentabile, oltre che illegale, la nuova maschera può diventare l’antisionismo”; quando per antisionismo si intende la volontà di annullamento di un popolo e se ne delegittima l’esistenza; quando si evocano antiche forme di pregiudizio e ostilità come il deicidio; quando non si pensa a una guerra territoriale, ma si intende distruggere gli ebrei come entità; quando si accetta un doppio standard che attribuisce tutti i diritti al popolo palestinese negando quelli israeliani; quando Israele viene considerato l’unico paese a commettere violazioni o calpestare i diritti umani in situazioni di guerra; quando l’atteggiamento filoarabo emerge solo in quanto in conflitto con gli ebrei. Ma la scuola può creare una mentalità razionale e sviluppare una sensibilità morale. “Se la scuola educasse a respingere la logica del nemico, in conformità con i principi costituzionali, avrebbe risposto a una grande domanda del nostro tempo”.
Daniela Dana – L’Associazione Figli della Shoah è impegnata da anni in un’intensa attività didattica nelle scuole, utilizzando testimonianze e interventi diretti in classe di natura storica ed esperienziale. Un importante strumento educativo adottato è la Piramide dell’odio, un esercizio nato nel 2007 dall’Anti Defamation League, propedeutico al discorso sulla grande storia. Ancora utilizzato nelle scuole, aiuta a comprendere come i pregiudizi possano evolvere in discriminazione e intolleranza, fino a degenerare in atti di violenza. La Piramide dell’odio si concentra sull’impatto del pregiudizio sull’individuo e sulla società, stimolando la riflessione sul ruolo individuale nell’impedire la progressione dell’odio. Educa gli studenti a riconoscere e fermarsi alla prima fase della piramide, analizzando gli atti di esclusione, pregiudizio, discriminazione, violenza e genocidio. È particolarmente efficace in classi multiculturali, promuovendo la consapevolezza della diversità, l’accettazione dell’altro e la responsabilità delle proprie parole. L’obiettivo didattico è comprendere quanto la progressione culmini nell’atto estremo del genocidio. In questo senso la Piramide è utile per spiegare come la Shoah sia originata da pregiudizi e stereotipi. Nell’esercizio gli studenti sono chiamati a prendere posizione tra bulli (che esprimono odio e violenza), spettatori, vittime e coloro che hanno il potere di ostacolare o modificare la tendenza persecutoria. Nel contesto attuale del 2024, è fondamentale sottolineare l’impatto di Internet e dei social media sullo sviluppo, l’incremento, la trasmissione e l’amplificazione del linguaggio dell’odio, nonché illustrare il funzionamento della rete, caratterizzato da permanenza delle informazioni, anonimato, ritorno imprevedibile delle informazioni, transnazionalità. Acquisire la consapevolezza che la parola scritta perdura online, protegge dal rischio di assorbire, a propria volta, l’odio presente in rete senza potersi difendere.
Patrizia Baldi – La proposta del CDEC è nata “dal lavoro con gli insegnanti, non solo in riferimento a quanto stiamo vivendo dal 7 di ottobre, ma anche in riferimento a dinamiche e bisogni che si erano manifestati già durante la pandemia”. Include una Relazione sulla polarizzazione nei gruppi, sugli approcci pedagogici e metodologici per la scuola e risorse specifiche per affrontare a scuola la situazione successiva al 7 ottobre in Israele e nei territori palestinesi. Come responsabile didattica del CDEC, ha contribuito a sviluppare risorse mirate a contrastare il discorso d’odio e lavorare sulle dinamiche di polarizzazione, affrontando anche altre forme di discriminazione. Il lavoro, trasversale, coinvolge tutte e tutti, perché parte dall’idea della scuola come progetto aperto e inclusivo che si sviluppa in una realtà sociale complessa che supera un orientamento meramente nazionalista. Qui la relazione allegata che, insieme ad altre risorse, sarà postata anche sulla pagina Facebook del Memoriale della Shoah e sul sito di MediaVox.
Gabriele Nissim– Nella storia, ogni volta che si è accentuato l’odio da parte di regimi totalitari, si è rilevata una crescita dell’antisemitismo che, nello stesso tempo, ha fatto da detonatore e alimenta un odio generalizzato che colpisce e inquina tutta l’umanità. Nella sua ultima conferenza del 2022, Jehuda Bauer ha voluto sottolineare che la distorsione della Shoah e l’antisemitismo non costituiscono una questione che riguarda solo gli ebrei, bensì un problema universale che colpisce tutti. “L’odio è una componente della condizione umana e nasce dall’affermazione del proprio ego nei confronti dell’altro nelle sue varie forme”.“Il più pericoloso è quello che viene legittimato dagli stati fondamentalisti e totalitari con leggi e persecuzioni contro quelli che son ritenuti nemici che siano ebrei, donne, LGBT o anche gruppi politici differenti.”“Il punto comune di tutti i totalitarismi vecchi e nuovi è la negazione della pluralità umana (Anna Harendt)” da cui nasce l’odio politico che può portare non solo alla persecuzione, ma alla distruzione genocida. In questo contesto, l’antisemitismo fa da collante, perché gli ebrei, nell’atavico pregiudizio antisemita sono considerati i nemici universali dell’umanità, “il ricorso all’antisemitismo, … nobilita sempre la missione di ogni dittatura, che fa dell’ebreo la sua minaccia esistenziale”.
Mattia Lamberti – Quando si affronta la didattica, è ormai superato pensare a una netta separazione tra ciò che avviene online, nelle reti sociali e su Internet, e l’esperienza analogica. Gli insegnanti sono chiamati a considerare entrambe le dimensioni della vita degli studenti, sia online che offline, nelle loro proposte didattiche. Ai fini di una resistenza attiva contro il pregiudizio e la discriminazione, vengono suggerite diverse strategie educative: attività ed esperienze che promuovano legami empatici, relazioni inclusive e occasioni di mutualità in classe; proposte didattiche che supportino consapevolezza e senso critico con riferimento ai gruppi bersaglio mirando alla prevenzione e alla consapevolezza dei pregiudizi; produzione di contro-narrazioni che si oppongono ai linguaggi di odio e sviluppo di una cittadinanza digitale consapevole moralmente orientata e attenta alle implicazioni etiche delle proprie interazioni online.