di Paolo Castellano
Giovedì 4 maggio, presso il Memoriale della Shoah, si è svolto il secondo appuntamento del ciclo di eventi legati al ricordo del Genocidio degli armeni e dedicato al libro Pro Armenia, voci ebraiche sul genocidio armeno (Giuntina). Durante la serata sono intervenuti Vittorio Robiati Bendaud, Presidente del Tribunale Rabbinico del Centro Nord Italia; Alessandro Litta Modignani, Presidente dell’Associazione Milanese Pro Israele; Aldo Ferrari, docente presso l’università Ca’ Foscari di storia della Russia, dell’Armenia e del Caucaso, e il giornalista Rodolfo Casadei.
Prendendo per primo la parola dopo l’appassionata introduzione di Rodolfo Casadei, Litta Modignani ha ricordato ai presenti il tragico passato degli armeni che furono discriminati non solo da un’entità politica ma anche dai loro concittadini: «Non possiamo fare finta che sia solo colpa dei governi e non dei popoli quando avvengono simili atrocità».
Richiamando l’acceso dibattito avvenuto con Gabriele Nissim sul tema dell’Islam moderato, Litta Modignani ha affermato che in generale l’Islam politico abbia diverse lacune e problematiche: «È sicuramente educativo esaltare le eccezioni nella storia del male ma ricordiamoci che rimangono pur sempre delle anomalie. Il popolo turco fu altrettanto responsabile dei massacri degli armeni. Il Genocidio inoltre è avvenuto in una regione che vediamo tutte le sere nei telegiornali in tv. Quei territori ora sono dell’Isis, come Aleppo. Dobbiamo dunque tenere conto che il massacro degli armeni è tragicamente di attualità. Vedo molti comportamenti analoghi a quelli di 100 anni fa».
Litta Modignani ha poi voluto fare un parallelismo tra la condizione degli armeni e quella degli israeliani: «I turchi nutrono un’atavica invidia per gli armeni perché non accettano che una minoranza possa essere più ricca e più colta della maggioranza. Lo stesso fenomeno lo percepiamo nei confronti di Israele. Ci sono infatti delle nazioni che non sanno confrontarsi con la civiltà dei popoli più civilizzati e così scatta in loro un odio distruttivo. Israele è un paese minacciato dal mondo arabo musulmano soprattutto per il suo alto livello civile».
Robiati Bendaud invece ha sottolineato come nel nostro occidente civilizzato si sia parlato poco di Genocidio degli armeni. Egli ha anche affermato che tutt’oggi ci sono molte difficoltà nel riconoscere pubblicamente il Genocidio armeno per mantenere essenzialmente un buon rapporto diplomatico con la Turchia che, come è noto, continua a negare la storia soprattutto attraverso il suo presidente Recep Tayyip Erdoğan:
«In Occidente si è parlato poco del Genocidio armeno. Non è accaduto come con la Shoah che da subito è stata riconosciuta a livello internazionale. Forse possiamo spiegare questo fatto pensando al senso di colpa dell’Europa per aver permesso tali atrocità. Però credo che ci sia un altro fattore: i popoli orientali hanno maggiore difficoltà a parlare. Questo è vero se pensiamo a quanto tempo ci è voluto per raccogliere le testimonianze degli ebrei cacciati dalla Libia». Robiati Bendaud ha inoltre cercato di illustrare le coordinate politiche che negli ultimi decenni hanno concorso al mancato riconoscimento unanime del Genocidio armeno: «In passato l’Armenia si trovava sotto l’influenza dell’Urss mentre la Turchia e anche Israele erano sotto la Nato. Gli Stati Uniti, e anche lo Stato ebraico, non hanno mai riconosciuto formalmente il Genocidio per non perdere la Turchia come alleato dato che rappresenta l’unico stato islamico con cui poter avere un dialogo. Molti di noi si sono chiesti perché pure Israele non abbia riconosciuto ufficialmente il tragico evento degli armeni (il Genocidio in realtà è stato riconosciuto solo dal Dipartimento della cultura israeliano della Knesset)».
Nell’ultima parte della conferenza ha infine preso la parola il prof. Ferrari che ha incentrato il suo intervento sulle differenze tra il popolo armeno e il popolo ebraico: «I fatti presenti in questo libro sono le testimonianze di ebrei che, per amor di verità, erano nemici dell’impero ottomano. Non possiamo quindi sorvolare sull’aspetto propagandistico che è certamente presente. Però al di là di queste considerazioni, il volume Pro Armenia, voci ebraiche sul genocidio armeno è una delle letture indispensabili per capire il contesto in cui si è sviluppato il Genocidio armeno. Personalmente però, leggendo questo libro, mi sono accorto che tra ebrei e armeni ci sono state molte analogie, oltre la comune esperienza del tragico genocidio. I due popoli sono emigrati in maniera massiccia, hanno una forte vocazione culturale e commerciale e poi sono caratterizzati da una forte mobilità. Da questi due terribili genocidi però emergono due entità statuali, quella ebraico sorge appunto nella terra dei padri mentre quella armena no. Inoltre ricordiamo che questi due stati sono circondati da popoli e Paesi che negano la loro esistenza. Il libro di cui abbiamo parlato oggi ci dice essenzialmente che quando uno stato si nazionalizza per prima cosa avviene l’eliminazione delle minoranze all’interno dei suoi confini».