Esistono modi diversi di essere una minoranza. Difendere le proprie peculiarità e la propria autonomia, tanto per fare un esempio, per gli ebrei italiani costituisce ormai da millenni un fattore essenziale. E non solo, come molti potrebbero credere, uno strumento utile per garantire la propria permanenza nellambito di una società troppo spesso ostile. Ma piuttosto anche una maniera per offrire un contributo essenziale, un arricchimento insostituibile alla società maggioritaria. Ma erigere difese, innalzare barriere, può costituire lunico compito, può essere considerata una strategia sufficiente in una società come quella che ci sta cambiando rapidamente sotto gli occhi?
Molto probabilmente no. E le minoranze devono trovare strade nuove per esprimersi e per difendersi.
Una via, difficile, ma necessaria, è proprio quella di aprire il dialogo fra le minoranze che si muovono e che crescono nellambito della società italiana. Da questo punto di vista sugli ebrei italiani ricade una responsabilità particolare. Non siamo noi a dirlo, ma sono gli altri, quelli appena arrivati nel mondo delle democrazie avanzate dell’Occidente e quelli che ci hanno già lungamente vissuto senza lasciarsi assimilare. Sono loro che si aspettano e spesso richiedono alle istituzioni ebraiche italiane un ruolo di catalizzatore, di camera di compensazione, di equilibrio e di esperienza, nel difficile compito di far crescere in una maniera corretta una società multiculturale.
Le giornate di cultura ebraica che si stanno svolgendo in questa stagione a Trieste, e in particolare il convegno dedicato alle minoranze e alle problematiche dellistruzione e del sistema scolastico che si è appena concluso, costituiscono da questo punto di vista un importante fatto nuovo.
E una delle prime volte, infatti, che protestanti, musulmani, africani, cinesi, armeni e tanti, tanti altri, sono invitati a un banco di prova concreto assieme agli ebrei italiani non per sfilare sotto i generici slogan della pace, ma finalmente per ragionare su cosa hanno da fare e cosa hanno da dire le minoranze in Italia.
Sembra poco, si tratta invece di una novità importante. La nostra lunga e sofferta esperienza, la nostra capacità di aprire un dialogo e di trovare un equilibrio per convivere con la società circostante senza svendere la propria anima e la propria identità, ci ha resi in un certo senso la minoranza per eccellenza, il catalizzatore di tutte le minoranze.
La nostra lunga esperienza in campo educativo, e il nostro rispetto per le regole del gioco nella società laica in cui crediamo, in particolare, ci ha resi un modello per molti quando si tratta di discutere quale sistema scolastico serve alle minoranze. Le giornate di Trieste, organizzate dallIstituto regionale per la Cultura ebraica nel Friuli Venezia Giulia e patrocinate dall’ateneo giuliano, hanno richiamato una partecipazione estremamente diversificata. Dagli studiosi volti particolarmente alla ricca, intricata storia delle minoranze linguistiche, etniche e religiose che hanno costantemente arricchito la società italiana, agli operatori sociali che ogni giorno si confrontano sul terreno con i problemi, i drammi e le speranze di una società che cambia, di componenti magmatiche che contribuiranno a definire in maniera indelebile il nostro domani, ovviamente il passo è lungo. E, per quanto intensa, non può bastare una sola giornata di confronti, di discussioni, di emozioni per approfondire tutte le conoscenze, per impostare tutte le strategie.
Quello che conta, in ogni caso, è che a Trieste si è manifestata una prima apertura, che per la prima volta abbiamo capito come le minoranze, portatrici per vocazione di innumerevoli distinguo, hanno anche un messaggio comune da lanciare.
È importante in generale, e lo è ancora di più quando questo progetto coinvolge gli ebrei triestini. Gli ebrei italiani hanno la responsabilità di rappresentare quello che sta alla base del concetto stesso di minoranza. Trieste, per la sua storia straordinaria e tormentata e lestrema articolazione delle sue componenti, ha la facoltà, se vorrà comprenderne loccasione, di divenire la capitale delle minoranze. Gli ebrei triestini, cui tutti gli italiani devono le chiavi di lettura del secolo appena concluso (la psicanalisi, la grande letteratura, la grande poesia del 900 e molto altro ancora) hanno così nuovamente la possibilità di essere unavanguardia, di aprire un dialogo interno al mondo delle componenti minoritarie e un confronto verso il mondo esterno delle istituzioni e delle grandi masse informi e difficili da conoscere che compongono la società italiana.
Non sarà facile, ma noi dovremo esserci.
Guido Vitale (direttore@mosaico-cem.it)
Inebrearsi. Gli ebrei soggetti e oggetti in una società senza centro
Dal Complesso Del Tradimento Alla Tradizione Della Complessità
Il tema dellevento, a struttura multimediale, riguarda i modi con i quali, nei musei, al cinema, a teatro, in fotografia, in arte e, in genere, per via audiovisiva sono state raffigurate la cultura, la politica e la civiltà ebraica negli ultimi trentanni (1975-2005).
Sino a che punto la rappresentazione recente e odierna degli ebrei (e delle minoranze descritte a partire dal paradigma ebraico) dipenda da osservazione diretta, sia il risultato di stereotipi e di informazioni indirette e variabilmente mediate, o coincida con forme dellautorappresentazione ebraica?
Si compara il criterio di allestimento di musei, la tecnica di composizione di immagini e fotografie, la logica filmica e teatrale di spettacoli: questo sia per via teorica e didattica.
Il programma comprende momenti di incontro con direttori di musei, artisti, psicologi e storici dellimmagine, la proiezione di film e l’organizzazione di una mostra fotografica.
Strategie per l’affermazione delle identità minoritarie nel diritto alla scuola
Assimilarsi o rinchiudersi nel ghetto? Tradire la propria storia o arrogarsi la podestà di scrivere anche quella dei propri figli? Lalternativa fra due scelte entrambe perdenti si pone per lebraismo italiano da almeno un secolo e mezzo; anche se la questione identitaria è stata poi schiacciata dalla tragedia della Shoah, che mettendo in giuoco la sopravvivenza fisica degli individui ha travolto, oltre a tante vite, anche i parametri culturali del problema dellintegrazione.
Lalternativa si pone in questi anni per le comunità ebraiche in termini meno drammatici, ma non meno decisivi, soprattutto in ambito educativo. Chiudere le ultime scuole, il cui peso economico è sempre più difficile da sopportare? Preservarle come una riserva indiana, recintate da vincoli che spesso allontanano proprio chi dovrebbero proteggere? Aprirle diluendone i contenuti specifici, fino a perderne la ragion dessere?
Altre comunità si interrogano sulla stessa alternativa di fondo, sia pure contaminata in ciascun caso dalle specifiche tragedie storiche. Nel contesto della nostra regione, confrontarsi ad esempio con la comunità slovena e con quella islamica, oltre che con le istituzioni regionali e con esperienze di altre comunità in Italia, può favorire la ricerca delle strategie più appropriate, che magari condividono elementi comuni. Strategie che definiscano modalità di trasmissione scolastica dellessere minoranza, che ne esaltino la ricchezza nella complessità, e che della scuola della minoranza facciano un attrattore di energie rivolte al futuro anziché un cimelio del passato.
LIstituto Regionale per la Cultura Ebraica augura che l’incontro serva da catalizzatore di pensiero innovativo per tutti coloro che vorranno partecipare e contribuirvi.
MODERATORI e RELATORI
On. Khaled Fuad Allam: sociologo, pubblicista (Trieste/Roma)
Guido Vitale: direttore www.mosaico-cem.it (Milano)
Rav Roberto Della Rocca: direttore Dipartimento Educazione e Cultura dellUnione delle Comunità Ebraiche Italiane (Roma)
Prof. Marco Fraschia: docente al Collegio Valdese di Storia Locale, Greco e Geografia (Torre Pellice)
Prof. Marian Ismail: consulente sociale e mediatrice culturale comunità somala e islamica, presidente Donne in Rete (Milano)
Prof. Piero Morpurgo: comitato scientifico Micrologus Sismel, storico medioevista, autore di Le Scuole e gli Ebrei (Vicenza)
Prof. Antonia Arslan: scrittrice, premio Campiello 2004 (Padova)
Prof. Marta Morello: direttrice Scuola Ebraica (Torino)
Prof. Claudia Bagnarelli: direttrice scuola Comunità Ebraica di Milano
Rav Igal Hazan: direttore scuola Chabad di Milano
Avv. Prof. Peter Mo’nik (comunità slovena)
Saleh Iqbarria: presidente Centro Culturale Islamico di Trieste
Fiok Hoe (Suzi) Koh: mediatrice culturale comunità cinese
Ahmed Faghi Elmi: Associazione Italo-Somala
Informazioni e immagini delle giornate ebraiche di Trieste su questo link: