di Roberto Zadik
Dalla letteratura, alla chimica, dalle neuroscienze, alla psicologia e all’educazione: questi e altri gli ambiti di cooperazione fra Italia e Israele, su cui si è focalizzato il workhop di domenica 10 novembre presso la sontuosa Sala Napoleonica di Palazzo Greppi in via Sant’Antonio intitolato Fare ricerca con Israele. Esperienza e progetti. Una giornata, giunta alla sua ottava edizione, di conferenze, scambi di idee, interventi prestigiosi da parte di una serie di importanti docenti universitari e ricercatori e organizzata dall’Associazione italiana Amici dell’Università di Gerusalemme in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano. Tutto è cominciato con l’introduzione del Prof Marco Elli, che ha portato i saluti del Rettore Franzini con una premessa di alto livello, in lingua inglese come tutti gli interventi della giornata a parte quello di Silvia Guetta, docente all’università di Firenze, sul valore della conoscenza e della condivisione dei saperi, umanistici e scientifici, seguendo lo spirito dell’umanesimo rinascimentale e di come Italia e Israele siano simili, Milano e Gerusalemme, “come depositarie di antiche conoscenze e di concetti universali” molto meglio di Paesi recenti come gli Stati Uniti con “l’obbligo da parte di tutti noi di preservare la conoscenza trasferendola alle nuove generazioni”.
Primo oratore della giornata, che ha avuto come moderatore il Prof. Fabio Rocca del Politecnico milanese, Don Fumagalli, Direttore della Biblioteca Ambrosiana e esperto di libri e manoscritti molto antichi e prestigiosi che si è intrattenuto sulla Cooperazione fra librerie e archivi raccontando della sua esperienza in questo campo e della necessaria cooperazione italo-israeliana specialmente in questa epoca digitale e tecnologica. Tema centrale del suo intervento gli accordi istituzionali fra Vaticano e governo israeliano per microfilm e manoscritti, le relazioni fra mondo ebraico e cattolico, il ruolo di studiosi come Malachi Ben Arie, della Libreria Nazionale di Israele, Nehemia Aloni che più di mezzo secolo fa iniziarono questa impresa di raccolta e conservazione di manoscritti, in cui anche Rav Laras fu molto attivo, in accordo col Governo Ben Gurion fino alle nuove sfide tecnologiche del presente svolgendo compiti molto impegnativi a metà fra archeologia e ricerca storica e estetica. “Nel nostro Paese” ha ricordato Don Fumagalli “in questo settore stiamo pensando a una Gheniza italiana,un elenco di testi ritrovati negli archivi dell’Università ebraica di Gerusalemme e in sinergia con l’Italia grazie all’operato del dott. Pusceddu dell’Università di Cagliari, di Vittorio Colorni a Mantova o di Giuseppe Sermoneta a Gerusalemme”. Una combinazione di conoscenze e di collaborazioni all’insegna della cooperazione come nel caso di diversi organi e enti Associazione di Studi Giudaica o nel Centro di Ricerche sull’ebraismo italiano.
Stando nell’ambito della ricerca ma a livello educazionale e pedagogico, Silvia Guetta dell’Università di Firenze si è soffermata invece sul Metodo Feuerstein che “si è rivelato fondamentale per il nostro Paese”. Ma in che modo? E quali sono le sue peculiarità? “Diffuso in tutto il mondo, questa tecnica educativa mette al centro la persona, con una grande valorizzazione della tradizione ebraica” ha subito messo in luce la studiosa. “Il tema della trasmissione di conoscenza e di una tradizione ebraica riletta in modo critico e rinnovata nella sta espressione e del miglioramento di sé e della propria condizione di partenza, Possiamo sempre migliorarci in qualcosa” ha ribadito la Guetta sintetizzando efficacemente gli insegnamenti del maestro ebreo romeno.
”Per Feuerstein ogni essere umano era originale che non ha simili ma è unico al mondo per le sue potenzialità” ha proseguito addentrandosi nella biografia di questo affascinante personaggio nato nel 1921 e scomparso nel 2014 “che ha lasciato in noi una grande eredità”. Spiegandone le teorie con l’aiuto di slide e aneddoti biografici, la ricercatrice ha sviluppato le teorie di questo metodo secondo cui “la conoscenza si costruisce in relazione con l’ambiente e nell’interazione con gli altri, non considerando criteri fissi come il Quoziente intellettivo perché le strutture della nostra mente si rinnovano continuamente”. Precursore delle neuroscienze, negli anni ’50 fu fra i primi a interessarsi dei meccanismi cerebrali “analizzando i ragazzi sopravvissuti alla Shoah e arrivati in Palestina in condizioni disastrose”. Pioniere di nuove frontiere, ottimismo nel voler “migliorare e aiutare persone in estrema difficoltà” molto attuale nel caso di soggetti difficili nella convinzione che “si possa sempre fare qualcosa, alzando livello del cervello nostro e altrui”. “Tutta l’educazione avviene attraverso un apprendimento mediato con rapporto fra educatore e allievo” diceva Feuerstein sottolinenando che “gli educatori devono capire chiaramente cosa sta succedendo nella mente delle persone”.
Molto interessanti anche gli interventi riguardanti la letteratura israeliana e le collaborazioni importanti fra Israele e Italia con un “grande successo degli scrittori israeliani nel nostro Paese”, come hanno efficacemente sottolineato Annalinda Callow e Sara Ferrari docenti e traduttrici dell’Univesità Statale di Milano. Nel loro intervento sul rapporto fra la letteratura dello Stato ebraico ne la mondo accademico italiano, le due studiose, hanno enfatizzato come “negli anni sia aumentato sempre di più il numero di scrittori e traduzioni, non solo i tre grandi autori, Grossman, Yehoshua o Oz, ma anche nomi di nuova generazione come Etgar Keret o Eskol Nevo e come già dalla fine degli anni 80 ci fosse grande interesse fra il pubblico e il mondo universitario”.
Successivamente, la Callow ha spiegato quali sono stati i fattori di questo successo, non solo attraverso il grande lavoro editoriale dell’ultimo ventennio ma anche alle numerose conferenze di alto livello di docenti come Ariel Rathaus esperto di letteratura italiana e israeliana che ha curato preziose antologie poetiche di grandissimi poeti ebrei tedeschi naturalizzati israeliani come Amichai e Nathan Zach ma anche grazie all’interesse per la situazione politica israeliana, in momenti estremamente critici per Israele come la Guerra in Libano stimolato anche dai media e non sempre positivamente, anzi, fra anni ’90 e duemila che hanno aumentato la popolarità dei suoi autori. Una analisi accurata quella della studiosa che ha evidenziato quanto festival, rassegne e la centralità della cooperazione fra Statale e Università Ebraica di Gerusalemme nell’organizzazione di vari eventi, dal 2003 ad oggi e di conferenze internazionali e tavole rotonde in occasione di importanti celebrazioni e anniversari come nel 2008 per il 60esimo anniversario dalla nascita dello Stato ebraico. Anche su autori “meno conosciuti ma assai validi come Yehoshua Kenaz” come ha puntualizzata Sara Ferrari “che ha saputo raccontare il lato oscuro della società israeliana” e su grandi poeti come la 70enne Maya Bejerano, e commediografi e autori di teatro acclamati in Israele ma finora sconosciuti in Italia come Yaakov Shabtai che nel 1969 scrisse un’opera molto orignale come “Una corona in testa” pubblicato in italiano da Belforte Editore e che narra di un Re Davide ormai molto anziano e in cerca di un successore. Un grande lavoro di approfondimento, ricerca e collaborazione, come hanno spiegato la Callow e la Ferrari per due Paesi come Italia e Israele che sembrano “avere numerosi punti in comune e che per gli israeliani rappresenta il primo posto in Europa dove andare”.
La giornata è continuata, con l’interessante sintesi sulla società israeliana e le sue minoranze “Integrazione e assorbimento delle sue minoranze etniche” a cura del Prof. Dario Miccoli dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Un quadro poco conosciuto e efficace in cui lo studioso ha approfondito una serie di argomenti. Dai vari tipi di emigrazione, ashkenazita e sefardita, le difficoltà di dialogo e le diversità socio-culturali e linguistiche fra chi veniva dall’Est Europa e chi dall’Oriente e come col trascorrere dei decenni questi ostacoli si siano fortunatamente attutiti, il progressivo arrivo di ebrei nordafricani e mediorientali “le edoth ha mizrach”, l’emigrazione dall’Africa di sudanesi e di lavoratori non ebrei e la questione degli ebrei etiopi e dei russi che spesso “hanno problemi di identità ebraica e di halakhà” come ha ricordato. La seconda parte della giornata invece è stata destinata alla scienza. Neuroscienze e meccanismi del cervello e della memoria hanno dominato l’intervento del Prof Matthew Diamond della Scuola Superiore di Studi avanzati (Sissa) di Trieste mentre invece curiosità ecologiche e ambientali sono stati argomenti principali degli interventi di studiosi e ricercatori autorevoli come Giuliano Gasperi dell’Università di Pavia che ha approfondito l’inedito tema della sessualità nelle mosche mentre Hezi Gildor dell’Università di Gerusalemme si è occupato delle profondità marine e dei sistemi di valutazione autonomi di mari e oceani. Cultura, scienza, società, economia e una serie di tematiche e riflessioni per una giornata decisamente intensa e dinamica che ha mostrato e confermato l’eccellenza universitaria e accademica israeliana e gli ottimi rapporti fra Italia e Israele.