di Sonia Colombo
La Giornata europea della cultura ebraica termina in bellezza. Se questo è stato il tema che ha guidato tutti gli incontri, la bellezza non poteva che essere la protagonista del concerto finale del gruppo Agorà Ensemble, capitanato egregiamente dalla voce di Manuela Sorani. Davanti ad una platea gremita, felice e partecipe abbiamo assistito a brani cantati in ebraico, ladino, inglese e in yiddish. La prima parte del concerto Sorani la dedica a canzoni legate alle feste ebraiche, la seconda alle sonorità klezmer tipiche delle atmosfere ashkenazite dell’Europa orientale e l’ultima parte a celebri brani contemporanei israeliani.
Le musiche dedicate alle feste ebraiche
“Stamattina ero a Firenze, dove alle 9.30 iniziava la Giornata della cultura ebraica; condivido e sento prossimo il valore della bellezza della cultura ebraica che si arricchisce con questa giornata e che è sempre presente nelle agende del governo della città di Milano.“ Con queste parole l’assessore alla cultura di Milano, Tommaso Sacchi introduce l’emozionante concerto dell’Agorà Ensemble, lasciando poi la parola a Manuela Sorani. Inizia dunque un viaggio nelle sonorità molteplici che contraddistinguono la tradizione, anzi le tradizioni musicali ebraiche. La cantante, senza nascondere un pizzico di emozione, introduce il primo brano: Shlomit bona sukka, legato alla festività di Sukkot (delle capanne), durante la quale si ricordano i 40 anni trascorsi dagli ebrei nel deserto. Come da tradizione, la si festeggia costruendo una capanna, dove si condividono pasti e momenti piacevoli con la famiglia e gli amici. Anche nel testo della canzone, cantata da Sorani in ebraico, Shlomit costruisce la sukkà della pace, la riempie di piante e frutti autunnali e invita i suoi amici a condividere ore liete insieme.
Segue un brano dedicato alla festa di Pesach, dove non si festeggia solamente la preziosa libertà conquistata degli ebrei, dopo essere stati resi schiavi dagli egiziani, ma anche la raccolta dell’orzo. Sorani canta le parole della celebre Quien supiesse y entendiesse in ladino, lingua dove si mescolano parole in ebraico e in spagnolo, che si sviluppa lungo l’area mediterranea, nella cosiddetta juderia, dopo la cacciata degli ebrei dalla Spagna nel 1492. Il brano ha un piacevole andamento ritmato, grazie alle eccellenti percussioni di Lucia Picozzi, egregia polistrumentista (come del resto i suoi compagni) , che durante il concerto coinvolge il pubblico alternando momenti alla fisarmonica, alle percussioni e alle tastiere.
Il terzo brano dedicato alle feste è Salenu al ktefenu: questa volta Sorani e il suo gruppo celebrano la festa di Shavuot, legata al raccolto del grano e che cade 7 settimane dopo Pesach. Nella canzone si canta di campi e giardini maturi, di vigneti, di campi di meloni e di frutti estivi come fichi, mele e mandorle e Sorani ricorda divertita che una volta, in Israele, ha raccolto un gran quantitativo di mandorle, durante la suddetta festività. I suggestivi fiati di Marco Milanese e Pier Angelo Prandoni, ci portano direttamente nella dolce terra latte e miele.
L’ultimo brano dedicato alle feste, è il celebre Shalom Alechem, che si canta all’entrata del sabato: questa volta la canzone celebra quindi la festa più importante: lo Shabbat. La suggestiva esecuzione di Sorani e del suo gruppo conduce il pubblico in un tempo e in uno spazio quasi sospeso. Chiude lo spazio dedicato alle feste una canzone in ladino, che si canta alla fine dello Shabbat: Buena Semana. Terminate le note lente e rarefatte di Shalom Alechem, dedicate al giorno solenne del riposo, ora che sta per iniziare la nuova settimana, è tempo di accenti ritmati, restituiti egregiamente anche dalle mani del contrabbassista Stefano Buratti e dai colpi sulla chitarrina greca di Pier angelo Prandoni.
Le atmosfere klezmer dell’Europa Orientale
Dopo un ritmato e appassionato brano strumentale dedicato all’amore, inizia la seconda parte del concerto. Ci trasferiamo nell’Europa orientale con le sue coinvolgenti, vorticose e al tempo stesso agrodolci note klezmer. Sorani introduce il primo brano Oyfn pripetshok (Intorno al camino): una fiamma brucia nel camino e la stanza è calda. L’alfabeto, quindi la parola e la cultura, ci aiutano a trarre forza dal tormento dell’esilio. Il brano, cantato in yiddish da Sorani, inizia con le note amare della tastiera suonate da Picozzi, che ci raccontano con la loro intensità il continuo peregrinare del popolo ebraico.
Il gruppo prosegue con Az Der Rebe Zingt (Quando il rebbe canta). Quando il rebbe canta, balla o beve lo fanno anche tutti i chassidim, i suoi discepoli, ma quando piange, piange da solo. Il brano parte ritmato e allegro, poi le note si fanno lente, amare e dilatate. Buratti al contrabbasso restituisce la sospensione del tempo e dello spazio.
Segue il canto celebre d’amore Tumbalalaika, particolarmente apprezzato dal pubblico, che accompagna il brano, a tempo, cantando e battendo le mani. Il concerto entra nel vivo e grazie alle sapienti doti di Buratti al contrabbasso, ai fiati e al suono della fisarmonica, immaginiamo il cammino del contadino che va al mercato a comprare un cavallo. Dopo aver camminato a lungo, si concede dei bicchieri di vino all’osteria, spende tutti i suoi soldi e non compra il cavallo. Così Sorani introduce il brano Shprayz ikh mir (Stavo camminando).
Le celebri canzoni israeliane
Le ultime canzoni ci portano nella terra latte e miele. S’inizia con la celebre Eli eli, che celebra la terra d’Israele e che ricorda la tragica fine, durante la Shoah della paracadutista partigiana ebrea, Hannah Szenes, arrestata e uccisa al confine ungherese, Sorani e i suoi musicisti sembra che recitino una preghiera, il pubblico applaude sonoramente il commovente brano catartico.
Da ora in poi è tutta un’ascesa; il concerto prosegue con Beautiful that way, il celebre brano di Noa, composto per il film di Benigni, La vita é bella. Si continua con la nota Ose shalom (Colui che porta la pace), che all’inizio gli spettatori cantano e accompagnano con il battito delle mani, sottovoce, quasi per non interrompere la magica atmosfera, poi prendono coraggio e sembra quasi vogliano alzarsi e ballare tutti insieme per celebrare la splendida giornata trascorsa insieme all’insegna della bellezza.
Prima del bis e del tris, è la volta della commovente Yerushalaym shel zahav (Gerusalemme città d’oro), dedicata alla città santa alle tre religioni, dove l’aria è limpida come il vino; grazie alle note e alle parole struggenti, eseguite egregiamente da Sorani e dall’Agorà Ensemble, il celebre brano arriva dritto al cuore del pubblico, portandolo alla definitiva catarsi.
Manuela Sorani dopo aver commosso gli spettatori con la sua voce e con la sua chitarra presenta i suoi virtuosi compagni di avventura: Stefano Buratti al contrabbasso e cori, Marco Milanese (clarinetti, chitarra e tastiere), Lucia Picozzi (fisarmonica, tastiere e percussioni) e infine Pier Angelo Prandoni ai flauti, mandolino e chitarra.