GECE 2024. Quando i Rabbini litigavano con le mogli

di Rav Roberto Colombo

Il rispetto coniugale è fondamentale per il futuro stesso della famiglia ma anche per la vita di tutto il popolo ebraico. Come insegnò il Maestro ‘Akivà nel Talmùd (Sotà 17a): “Quando uno sposo e una sposa si comportano in modo meritevole la presenza divina si immette tra loro”, nel senso che – come spiegò Rashì nel suo commento al Talmùd – solo quando tra due consorti vi è rispetto reciproco Dio è sempre accanto a loro. Ma il rispetto matrimoniale non è certo semplice e spesso è molto complicato per due sposi vivere in armonia. Coabitare e collaborare avendo abitudini diverse e aspirazioni dissimili porta spesso al litigio o almeno all’incomprensione.

I Maestri, soprattutto nell’epoca dell’esilio iniziato dopo la distruzione del Tempio, occupati dall’incessante studio e insegnamento che li portava a lunghe assenze e spesso sottoposti a forti discussioni deprimenti e a volte demoralizzanti anche con i propri colleghi, furono non di rado portati a guastare, se non addirittura a rovinare, il proprio rapporto coniugale.

Non è facile esprimere anche con il proprio comportamento ciò che si trasmette a parole ma a volte è proprio il modo in cui si sanno affrontare i momenti difficili della vita e anche l’ammissione degli errori commessi una vera fonte di insegnamento. Per tale motivo prenderemo in considerazione i litigi coniugali dei grandi Maestri dell’ebraismo al tempo del Talmùd e della loro reazione per trarre un possibile insegnamento anche dai momenti infelici della nostra esistenza.

 

Immagine in alto: Giovanni Muzzioli, Abramo e Sara nella Reggia del Faraone, 1875