GECE 2024. Rav Arbib: “L’odio verso gli ebrei è una ‘patologia’ radicata, che non ha mai suscitato empatia. E oggi più che mai tornano elementi antichi”

di Ilaria Myr
«In questo momento storico avviene nei confronti degli ebrei qualcosa di terribile, che non so quanto riusciamo a comprendere. Siamo davanti a un ritorno violento di elementi antichi di odio nei confronti del popolo ebraico, che ci eravamo illusi fosse finito dopo la Shoah. Ma quello che è successo dopo il 7 ottobre fino ad oggi è palese di quanto sia radicato. Per questo dobbiamo stare attenti a tutte le manifestazioni di odio antiebraico».

Sono parole forti e amare quelle pronunciate dal rabbino capo di Milano Rav Alfonso Arbib  durante la Giornata Europea della Cultura Ebraica, nella sinagoga di via Guastalla, durante il suo intervento intitolato “Facciamo ancora parte della famiglia delle nazioni?”.

Durante il suo appassionato discorso, che ha catalizzato l’attenzione del pubblico, Rav Arbib ha dapprima riflettuto sull’espressione “famiglie delle nazioni” e “famiglie della terra” che si ritrova nella Torà. «Quando D-o dice ad Abramo di lasciare la sua terra, gli chiede di separarsi da tutto ciò che ha – ha spiegato -. Quindi la storia ebraica inizia con una separazione. Ma il verso si conclude con la frase “saranno benedette in te le famiglie della terra”. In questi pochi versi è condensata buona parte delle fondamenta dell’ebraismo: è una cultura particolare, che tiene molto a mantenere la propria particolarità, ma allo stesso tempo è una cultura che ha anche un compito verso l’umanità, di essere di benedizione per le famiglie della terra, di essere utili al mondo. Questa idea è sempre stata presente nella tradizione ebraica, anche nei momenti più difficili della storia ebraica. Quando, ad esempio vengono mandati in esilio a Babilonia, il profeta Geremia dice al popolo ebraico: “dovete cercare il bene del paese in cui vi trovate”. Gli ebrei hanno sempre cercato di essere di aiuto al mondo in cui vivevano, anche quando quel mondo era ostile».

Per potere essere utili agli altri, però, è necessaria una consapevolezza profonda di chi si è, della propria identità, continua rav Arbib. «È come con i figli, che costruiscono la propria identità quando si separano dai genitori, e potranno così essere utili al mondo».

Questo, però, ha suscitato molte ostilità nei confronti degli ebrei, che risalgono a tempi antichissimi, ma che si ripetono anche ai giorni nostri. «Un primo elemento di odio verso gli ebrei è l’accusa di essere crudeli e di essere fedeli del D-o della vendetta, che si contrappone al D-o dell’amore nel cristianesimo – ha spiegato -. Da qui è nata l’accusa di omicidio rituale rivolta agli ebrei, di uccidere cioè bambini cristiani in prossimità della Pasqua ebraica per impastare le azzime, e che è stata messa in discussione solo in tempi recenti, ma che ha avuto conseguenze terribili (vedi il caso di San Simonino da Trento, ndr). Il primo caso documentato si ebbe a Norwich, nel 1144, dopo la prima grande persecuzione antiebraica in Europa, che comincia con la partenza della prima crociata. Prima di arrivare al Santo Sepolcro, nella valle del Reno, vengono massacrate migliaia di ebrei in poche settimane. Questo fatto, secondo lo studioso dell’antisemitismo, sarebbe alla base dell’accusa di omicidio rituale, vista come inevitabile vendetta degli ebrei».

Un altro elemento ricorrente nell’odio antiebraico è la teoria del complotto. «Il falso storico dei Protocolli dei savi dei Sion è il prodotto più noto, che ancora oggi viene distribuito gratuitamente in alcuni Paesi, ma le origini di questa teoria sono antichissime – spiega ancora Rav Arbib -. Lo stesso omicidio rituale si credeva fosse stato proclamato come omicidio annuale da un concilio di ebrei a Narbona».

Le conseguenze di queste accuse sono state nei secoli terribili, con una politica discriminatoria feroce. «Ma tutte le persecuzioni e i massacri a cui sono stati assoggettati gli ebrei non hanno mai suscitato empatia, simpatia o reazioni nelle persone a loro vicine. L’indifferenza, di cui parla sempre Liliana Segre parlando delle leggi razziali e della Shoah, è in realtà una storia antichissima».

Tutto questo, però, purtroppo non è finito e oggi più che mai assistiamo a un ritorno di elementi antichi. E nonostante abbia cambiato nome nel tempo – da antigiudaismo come odio di stampo religioso ad antisemitismo come ostilità antiebraica di stampo razziale – l’odio anti ebraico presenta aspetti mai sopiti. «È presente ancora oggi l’accusa di essere sanguinari e vendicativi, molto presente in quest’anno di guerra. L’idea è che gli ebrei non stanno combattendo una guerra, ma che si vendicano. Addirittura, sui social c’è chi ci ha accusato di festeggiare, con questa Giornata della cultura, il ‘genocidio’ di bambini palestinesi! E anche un importante esponente della Chiesa ha ripetuto questa accusa infamante. Ma anche il complotto è ancora vivo e vegeto: basti pensare che I protocolli dei savi di Sion è letto e distribuito gratuitamente in molti paesi del mondo, e che nello Statuto di Hamas, in cui si dichiara la volontà di annientare Israele, c’è una citazione tratto da questo falso storico. E oggi il complotto è quello sionista dello Stato di Israele. E poi la persecuzione, con l’isolamento e il boicottaggio nei confronti di israeliani ed ebrei nelle università».

Infine, Rav Arbib ha citato Leo Pinsker, intellettuale ebreo di Odessa profondamente assimilato, che dopo l’ondata di pogrom in Russia, che diede vita alla prima immigrazione in terra d’Israele, si rende conto della gravità della situazione e arriva a dire: “siamo davanti a una patologia mentale”. Ecco, l’odio verso gli ebrei è una patologia molto antica e molto radicata, e oggi molto presente. E dobbiamo rendercene conto».