Gli intellettuali e il nuovo antisemitismo: un dibattito necessario

Kesher

di Anna Balestrieri
Domenica 19 gennaio, alle ore 17:00, si è tenuto un evento online di grande interesse: Il nuovo “Tradimento dei chierici” – Gli intellettuali e il nuovo antisemitismo. In diretta streaming su Zoom, Giulio Meotti e Cecilia Nizza hanno affrontato un tema di scottante attualità, riflettendo sul ruolo degli intellettuali di fronte al riemergere di retoriche antisemite.

L’incontro ha offerto una prospettiva critica su come la cultura contemporanea si rapporta a queste dinamiche e ha stimolato un vivace confronto tra il pubblico e i relatori. Di seguito, un resoconto delle principali tematiche discusse e delle riflessioni emerse.

I relatori

Giulio Meotti, giornalista de Il Foglio e scrittore, è noto per il suo impegno nella denuncia delle derive antisemite nella società occidentale e per i suoi articoli pubblicati su importanti testate internazionali. Cecilia Nizza, ricercatrice e docente, è esperta di storia contemporanea e di relazioni tra minoranze etniche e intellettuali. Entrambi i relatori hanno portato prospettive complementari che arricchiscono il dibattito su un argomento tanto complesso quanto urgente.

Il flirt degli intellettuali con i totalitarismi: dal passato al presente

L’incontro, che ha visto la partecipazione di quasi 60 persone, si è aperto con un’analisi storica che ha messo in evidenza come, da Dalí a Pirandello, da Marinetti a Ungaretti, molti intellettuali abbiano flirtato con i totalitarismi, in particolare con fascismo e nazismo. Cecilia Nizza ha sottolineato come le avanguardie culturali si siano formate durante la Belle Époque, un periodo contraddistinto dal benessere materiale e dalla proliferazione degli “-ismi” ideologici. Da questo humus sono nate non solo grandi opere artistiche e letterarie, ma anche ideologie che avrebbero poi sostenuto regimi totalitari.

Giulio Meotti ha poi evidenziato il paradosso che segna la storia culturale del Novecento: grandissimi nomi come Ezra Pound e Martin Heidegger, figure che hanno rivoluzionato la cultura del loro tempo, si sono schierati con i totalitarismi. Un’inquietante lezione storica che getta luce su alcune tendenze intellettuali odierne.


Il nuovo antisemitismo: continuità e differenze


Il dibattito ha poi virato sul presente, esplorando come l’antisemitismo contemporaneo si manifesti in nuove forme, spesso mascherate da critiche politiche o culturali. Entrambi i relatori hanno offerto spunti di riflessione su come la società di oggi, pur non essendo immune dalle ideologie totalitarie, possa rispondere in modo critico e costruttivo.

Un esempio emblematico delle contraddizioni degli intellettuali è Stefan Zweig, che incarnò il paradosso della libertà: un autore raffinato, portavoce di un’Europa culturale, che assistette impotente al collasso dei valori umanistici di fronte alla barbarie. Questo tema è stato attualizzato con un riferimento al 7 ottobre, una data che dimostra come storia e cultura non siano garanzia contro il ritorno della violenza e della disumanità.Uno dei momenti più provocatori dell’incontro è stato il richiamo alla frase di un intellettuale ebreo secondo cui dobbiamo smettere di raccontare le nostre vittime, poiché “il mondo è stanco degli ebrei”. Questo invito a ripensare la narrazione collettiva, pur sollevando domande scomode, ha messo in luce il rischio di normalizzare l’antisemitismo attraverso la banalizzazione del dolore storico.

L’ideologia dominante e la marginalizzazione di Israele

Secondo Giulio Meotti, il panorama ideologico odierno, pur essendo privo di comunismo, nazismo e fascismo, è dominato dalla cultura “woke“. In questa visione, l’Occidente è visto come la radice di tutti i mali, e Israele viene identificato come una personificazione dell’Occidente stesso. Il problema, sottolinea Meotti, è che gli intellettuali più influenti sposano questa narrativa, gettando le basi per una classe dirigente futura intrinsecamente ostile a Israele.

Un confronto particolarmente acceso ha riguardato l’apparente incoerenza di chi si scandalizza per temi come gli stupri nelle metamorfosi di Ovidio, ma non reagisce agli stupri e agli orrori del 7 ottobre. Questa dissonanza è stata letta come un sintomo di un pericoloso relativismo morale.

Un altro spunto significativo è stato l’esempio di Boualem Sansal, intellettuale musulmano che, nonostante le difficoltà, si è schierato apertamente con Israele. In Algeria, come ha sottolineato Meotti, non è nemmeno permesso pronunciare il nome “Israele”, sostituito dall’espressione “entità sionista”. Sansal rappresenta un caso raro di coraggio intellettuale.

Il caso italiano: tra disinformazione e spettacolo

In Italia, ha osservato Cecilia Nizza, i media offrono spazio a una combinazione di disinformazione e protagonismi televisivi, in cui spesso degenerazione e antisemitismo trovano terreno fertile. Il titolo odierno de La Repubblica nel contesto del cessate il fuoco, che definisce Gaza come “tornata alla libertà”, è stato citato come un esempio di gravissimo stravolgimento della realtà.

Judith Butler e la narrazione su Gaza

A chiudere il dibattito è stato un riferimento alla legittimazione accademica di intellettuali come Judith Butler, che, parlando all’Università di Bologna, ha proposto una visione paradisiaca della vita LGBTQ a Gaza, ignorando il contesto di repressione e violazione dei diritti umani nella regione. Questo, secondo i relatori, rappresenta un esempio di come l’antisemitismo venga spesso mascherato da cause progressiste.

Il 7 ottobre: la fine del dialogo tra ebraismo e cristianesimo

Il 7 ottobre non è solo una data che ha segnato una cesura storica, ma anche un simbolo del collasso del dialogo tra ebraismo e cristianesimo. Israele, agli occhi di molti, è stato paragonato a un nuovo Erode, un’entità malvista e criticata senza riserve. I relatori hanno osservato come, in questa crisi, non ci siano stati intellettuali cattolici capaci di andare oltre le commemorazioni della Shoah o del Giorno della Memoria. La mancanza di una riflessione più profonda sul ruolo di Israele e sull’importanza della sua esistenza è stata percepita come un vuoto significativo nel panorama intellettuale.

 

Israele come baluardo dell’Occidente

Cecilia Nizza e Giulio Meotti hanno sottolineato l’urgenza di una presa di coscienza collettiva: se Israele dovesse soccombere, le conseguenze si abbatterebbero su tutto il mondo occidentale. Una profezia, questa, che il poeta Paul Celan aveva già evocato nei suoi versi, avvertendo che il destino di Israele è intrinsecamente legato alla sopravvivenza dei valori occidentali. Questo monito, tuttavia, sembra ancora ignorato da gran parte degli intellettuali e delle istituzioni culturali.

La partecipazione attiva del pubblico, che ha posto numerose domande incisive, ha dimostrato quanto il tema sia sentito e attuale. L’incontro ha lasciato gli spettatori con una maggiore consapevolezza delle responsabilità culturali e morali degli intellettuali, ieri come oggi.

Un’occasione preziosa per riflettere su un fenomeno che, sebbene possa sembrare lontano nel tempo, continua a influenzare profondamente la nostra società.