di Michael Soncin
“Come uno stereotipo antisemita può diventare un capolavoro letterario?”. È la domanda al centro della conferenza di domenica 24 novembre di Kesher organizzata da Paola Boccia intitolata Kafka e La Metamorfosi, a 100 anni dalla morte.
Relatrice dell’evento è stata Fiona Diwan, giornalista, saggista e direttrice dei media della Comunità Ebraica di Milano. Ad introdurre il dibattito, presente Esterina Dana, coordinatrice della giuria del Premio Letterario ADEI WIZO Adelina Della Pergola.
L’autore più commentato al mondo, dopo Shakespeare
«Franz Kafka è una figura centrale e imprescindibile nella letteratura moderna e mondiale. È lo scrittore più interpretato e commentato nel mondo dopo Shakespeare. Uno dei motivi è perché le sue opere rendono impossibile una lettura univoca del testo. Bisogna precisare che si colloca nel periodo fra 800 e 900, primi decenni del 900, nell’epoca cosiddetta del modernismo, una scissione netta con l’Ottocento. Si assiste a profondi cambiamenti nella scelta dei temi, nell’uso del linguaggio e nelle tecniche narrative. Per intendersi, per collocarlo più chiaramente, è l’epoca di Joyce, di Proust, di Virginia Woolf».
Dopo aver fatto un accenno al contesto, Esterina Dana precisa anche le origini di Kafka. «Nasce a Praga il 3 luglio del 1883 in una famiglia ebraica di lingua tedesca appartenente alla borghesia medio alta. È un aspetto che praticamente lo colloca immediatamente in una in una posizione marginale nella Praga dell’epoca, cioè quella dell’impero austro-ungarico, simbolo della cultura mitteleuropea. La convivenza di cechi, tedeschi ed ebrei è spesso problematica, anche se c’è un equilibrio, delicato, che tiene insieme le parti. Nasce quindi in un ambiente di bilinguismo, di multiculturalismo, sentendosi però estraneo sia alla élite culturale tedesca dominante, sia alla cultura emergente ceca».
Il duale rapporto con l’ebraismo
«Problematico è il suo rapporto con l’ebraismo – continua Dana, che vive in modo duale: appartiene profondamente a questa sua identità ebraica, ma nello stesso tempo la vive con estraneità. A tal proposito, nelle sue opere, se cercate la parola ebreo, non la trovate mai. Almeno, io ho provato a cercarla, ma non l’ho mai trovata. Tuttavia, ne è estremamente legato a questo. La complessa stratificazione sociale di Praga alimenta però in Kafka questo senso di sradicamento che si riflette perfettamente in tutte le sue opere».
La nuova traduzione de La metamorfosi: un evento
Prima di entrare nel cuore dell’argomento, Fiona Diwan ha sottolineato i motivi che l’hanno spinta a realizzare assieme a Paola Boccia questo evento. Il primo è la grande mostra dal nome Kafka: Metamorphosis of an Author che si terrà alla Biblioteca Nazionale d’Israele dal 3 dicembre, fino a giugno 2025; le seconda è la biografia imponente e definitiva di Reiner Stach, con il terzo volume uscito di recente Kafka. Gli anni della consapevolezza (il Saggiatore); ultimo la nuova traduzione del capolavoro La metamorfosi per Marsilio, con il testo in tedesco a fronte: “La traduzione di un libro così tradotto, così raccontato con parole vicine a noi, quindi con una sensibilità anche linguistica contemporanea, è un evento indubitabilmente. Anita Raja, straordinaria germanista, traduce l’opera con parole leggermente diverse ma fondamentali rispetto alle traduzioni precedenti”, ha commentato Diwan.
La fatidica domanda che molti studiosi si sono posti
Perché scrivere di un uomo che si addormenta e si risveglia scarafaggio? Come sottolinea Fiona Diwan, questa è la domanda che si sono posti gli studiosi, soprattutto dell’ultima generazione. Prima di cercare di dare una risposta la giornalista legge una lettera che Franz Kafka scrive alla sua amata Milena, ricordando che la lettera in questione è del 1920, mentre La metamorfosi pubblicata nel 1915 era stata scritta nel 1912. Nella lettera Kafka parla dei pomeriggi interi trascorsi per le strade in un bagno di antisemitismo, raccontando di avere sentito chiamare una volta gli ebrei ‘razza rognosa’. «Non è una cosa naturale lasciare i luoghi dove si è tanto odiati? L’eroismo di chi rimane comunque è quello degli scarafaggi che non è possibile estirpare neppure dal bagno», scrive Kafka.
“Abbiamo sempre questo leitmotiv dell’insetto, del parassita che Kafka ci trasmette nei suoi diari, ma attenzione il lessico dell’insetto rispetto all’ebreo non nasce con Kafka. Negli ultimi anni dell’Ottocento soprattutto a partire nella sola epoca di Otto von Bismarck, vengono pubblicati più di 500 libelli antisemiti. Un’epoca storica in cui Kafka non è ancora nato”, puntualizza Diwan, facendo notare che il termine relativo al parassita, all’insetto, compare in diversi giornalisti, che, come loro stessi hanno detto, non accettano l’ebreo come uomo, perché non ci trovavano nulla di autenticamente umano. Un’analisi che ci permette in un qualche modo di comprendere perché Kafka ha scelto lo scarafaggio come metafora. Quando scrive questo romanzo ha ben impresso nella mente la giudeofobia verbale del tempo, che imperversa ovunque. “È consapevole in tutte le sue fibre di che cosa voglia dire essere ebreo. Quelle parole sono la scintilla degli incendi futuri”.
“Nei suoi diari riporta una riflessione straordinaria che riprendono tutti gli scrittori ebrei del ventesimo secolo: dice che lo scrittore ebreo deve darsi alla macchia rispetto al proprio ebraismo, si deve mimetizzare, fuggire da se stesso. Quindi se noi vogliamo vedere nella metamorfosi una metafora della condizione ebraica, possiamo legittimamente cominciare dalle parole stesse di Kafka e dai fiumi di parole, che in quel momento storico vengono riversate nel discorso pubblico da parte di opinionisti, intellettuali e accademici”.
Sempre sulla metamorfosi la relatrice cita il volume di Elias Canetti, Processi. Su Franz Kafka, pubblicato da Adelphi, affermando che “Canetti ha scritto delle pagine meravigliose. Canetti ci dice che La metamorfosi diventerà il simbolo del Novecento letterario, perché è una delle poche grandi perfette creazioni di questo secolo”.
Infine, aggiunge poi Diwan: “La metamorfosi non è compiuta, la metamorfosi non si compirà mai perché fino alla fine Gregor Samsa sente e pensa come un umano” .