La fucina di Weimar, evento di Kesher sul contributo ebraico al cinema espressionista tedesco prima dell’abisso del nazismo

Kesher
di Redazione
Prima di sprofondare nella barbarie nazista, assieme alla Francia e all’Italia, la Germania è stato uno dei Paesi più importanti per il cinema mondiale, soprattutto grazie al movimento espressionista tedesco e ad autori ebrei tedeschi e austriaci, da Robert Wiene a Billy Wilder, da Lubitsch a Fritz Lang che hanno non solo rivitalizzato l’industria cinematografica nazionale ma dato inizio alla nascita di Hollywood emigrando negli Stati Uniti all’avvento del nazismo. Su questo argomento, lo scorso 9 giugno su Zoom si è tenuto l’evento Kesher La fucina di Weimar condotto dal saggista, analista politico e direttore del sito L’informale Niram Ferretti e dal giornalista e conduttore Roberto Zadik.
Presentati da Paola Boccia, i due relatori hanno analizzato una serie di tematiche, dal contesto storico della Repubblica di Weimar alle pellicole e alle peculiarità dei singoli autori. “Il periodo di Weimar è durato dal 1918 al 1933” ha esordito Ferretti “una parentesi estremamente feconda, di grande innovazione e fermento per il cinema tedesco,  in cui fondamentale è stato l’Espressionismo che in Germania era il movimento egemone, non solo nel cinema ma anche nella letteratura e nell’arte”. “Esso” ha proseguito lo studioso” ha gettato le basi per il cinema successivo, dal genere noir americano diretto da grandi espatriati fuggiti dalla Germania e hanno continuato la loro attività a Hollywood, come il grandissimo maestro Fritz Lang autore di una pietra miliare come Metropolis o il raffinatissimo Lubitsch creatore di film brillanti che non ci si stancherebbe mai di rivedere”.
Successivamente è stato il turno di Roberto Zadik che ha sottolineato l’importanza del cinema tedesco “che ha costruito il cinema contemporaneo” evidenziando che “questi autori ebrei, a parte qualche blando argomento, non affrontarono mai nei loro film la loro identità ebraica esprimendo la propria creatività in un genere estremamente colto come il cinema espressionismo che mischiava suggestioni estremamente colte come l’esistenzialismo e la psicanalisi freudiana prefigurando il nazismo come nel capolavoro Il dottor Caligari di Robert Wiene”. Nella sua analisi egli ha messo in luce sia il contributo dei registi ebrei tedeschi e austriaci che la ferocia del nazismo che utilizzò proprio il cinema come mezzo di ostilità antiebraica  diffondendo stereotipi antisemiti attraverso crudeli film di propaganda comeSuss l’ebreo e i film della registaLeni Riefenstahl.
In tema di autori ha analizzato singolarmente le varie figure, differenziando registi ebrei austriaci raffinati e dandy come Lang, di madre convertitasi al cattolicesimo,  Erich Von Stroheim e Josef Von Sternberg da autori correligionari tedeschi tracciando le differenze fra spirito originario tedesco, molto più intellettuale e la “commercializzazione” di questi autori una volta arrivati negli Stati Uniti come Billy Wilder che spostandosi di patria dovette adattarsi alla nuova sensibilità americana.  Nel suo discorso si è focalizzato non solo sul cinema espressionista tedesco e sull’americanizzazione hollywoodiana di questi autori, ma ha evidenziato come essi abbiano gettato le basi anche per il cinema tedesco anni Settanta,dal ribelle Fassbinder al filosofico Wim Wenders. Insistendo sulla fertilità del cinema ebraico tedesco egli ha puntualizzato come anche “gli odierni registi hollywoodiani, da Spielberg ai Fratelli Coen siano eredi di autori come Wiene, Siodmak o la fantascienza di Fritz Lang che ha influenzato incredibilmente le saghe fantascientifiche hollywoodiane alla George Lucas”.
Successivamente ha analizzato tre film espressionisti, come Il gabinetto del Dottor Caligari che “ancora oggi fa paura soprattutto nel personaggio manipolatorio e sinistro di Caligari e che ha prefigurato la manipolazione mentale del regime nazista”, passando all’umorismo delle commedie di Lubistch “che riuscì a far diventare spiritosa anche l’algida attrice svedese Greta Garbo nel film Ninotchka mischiando commedia e vena intimista come nel suo la Bambola di carne, per arrivare alla fantascienza onirica di Metropolis di Fritz Lang la cui influenza è arrivata fino agli anni Ottanta, tanto da diventare oggetto del video della canzone dei Queen Radio Gaga.
In tema di Fritz Lang, “con il suo cinema divenne pioniere sia della fantascienza che delle pellicole poliziesche e criminologiche sui serial killer come M.Il Mostro di Dusseldorf film interpretato dall’attore ebreo ungherese Peter Lorre nei panni dello spietato Fritz Hartmann”.
Successivamente Niram Ferretti si è soffermato sull’importanza enorme di questi autori che in maggioranza erano ebrei o di ascendenze ebraica, approfondendo il tema del Golem e sui tre film sull’argomento del periodo espressionista, che ricordano la creazione magica di questa creatura attraverso l’argilla da parte del grande saggio e rabbino il Maharal di Praga. Nel suo discorso egli ha collegato il Golem a Franz Kafka  e il cinema espressionista ricordando come “egli non scrisse mai alcun racconto ispirato al Golem anche se la sua opera è profondamente intriso di elementi della mistica ebraica”. Un evento ricco di citazioni, dal Golem al Frankestein di Mary Shelley, riferimenti culturali e scambi di idee che hanno intrecciato cinema, filosofia, letteratura e mondo ebraico mitteleuropeo e che ha visto grande partecipazione da parte del pubblico che ha posto ai relatori una serie di interrogativi e stimolanti riflessioni.