di Cyril Aslanov
Nel maggio 2024 ho avuto il piacere di tenere qualche conferenza per il gruppo Kesher della comunità di Milano venuto in Provenza alla scoperta delle vestigia della vita ebraica di questa regione tardivamente annessa alla Francia: nel 1486 per quanto riguarda la Provenza propriamente detta e non prima del 1791 per quanto riguarda l’enclave avignonese degli Stati della Chiesa (Contado Venassino). Avevo un appuntamento con il gruppo nella cittadina di Pèrno dei Font (Pernes-les-Fontaines in francese). Ero arrivato in anticipo e il gruppo era un po’ in ritardo. Il punto di incontro era la Piazza degli ebrei (Place de la Juiverie, in francese; Plaça de la Jutarié, in provenzale). Era ora di pranzo e i vicoli di questa piccola città sembravano ancora più addormentati che abitualmente. Seduto su una panchina in pietra nella tranquillità assoluta della siesta postprandiale approfittavo di questo momento di pace e silenzio per meditare su questo luogo così altamente simbolico delle vicende della Provenza ebraica.
In questa minuscola piazzetta si trovavano addirittura, caso raro, non meno di due bagni rituali (mikvaot), un mezzo imprescindibile per preservare ciò che si chiama tradizionalmente taharat ha-mishpaha, letteralmente “la purezza della famiglia”. Oggi, questi bagni rituali non funzionano più da tempo ma sono ancora pieni di un’acqua pura e azzurra grazie alla particolarità geologica di questa regione carsica, dove si trovano in abbondanza dei rivoli sotterranei (il più famoso dei quali è Fonte di Valchiusa cantata da Petrarca quando si trovava ad Avignone).
Il più antico tra i due mikvaot è stato scoperto recentemente, nel 2016, in occasione dei lavori di ristrutturazione effettuati in questa piazza. La sua esistenza risale al Duecento quando gli ebrei erano liberi di abitare ovunque in quella sorridente provincia di Provenza che era parte del Sacro Impero Romano Germanico, molto più clemente nei confronti degli ebrei di quanto fossero stati i Capetingi. La situazione degli ebrei della Francia e della Linguadoca peggiorò in modo notevole all’inizio del Trecento e culminò con la prima delle sette espulsioni che durante il Trecento svuotarono il Regno da tutti i suoi ebrei. Per gli ebrei della Linguadoca bastava attraversare il Rodano per ritrovarsi nell’ambiente tollerante dell’Impero dove la legislazione antisemita dei Capetingi e poi dei Valois non vigeva. Questo spiega perché la Provenza imperiale che a quei tempi dominava anche Napoli e tutto il Mezzogiorno italiano diventò un accogliente rifugio per gli ebrei venuti dalla Linguadoca che parlavano la stessa lingua provenzale degli ebrei della Provenza strettamente detta e che seguivano le stesse tradizioni: un ebraismo né ashkenazita né sefardita, ma comunque influenzato dall’ebraismo spagnolo, una situazione che assomiglia in una certa misura a quella dell’ebraismo italiano medievale.
In queste circostanze, la comunità ebraica di Pèrno dei Font, città importante a quei tempi, crebbe in modo significativo. Ciò potrebbe spiegare la creazione di un secondo mikve in un elegante palazzo detto Hôtel de Cheylus, che si trova precisamente sulla piazzetta degli ebrei di cui ho parlato sopra. Questo secondo mikve era privato e il suo uso era riservato alle donne della famiglia di notabili che viveva nell’Hôtel de Cheylus all’inizio del Cinquecento, quando gli Stati della Chiesa erano l’unico posto della Provenza storica ad ammettere la presenza ebraica. Infatti, la Provenza diventata francese nel 1486 applicò la legislazione antisemita del Regno di Francia che vietava la presenza degli ebrei sui territori della Corona. A dire il vero, gli ebrei provenzali erano così bene integrati socialmente ed economicamente nel paesaggio umano della Provenza medievale che la loro espulsione entrò in azione solo nel 1501, cioè 15 anni dopo l’annessione della Provenza alla Francia.
Dopo questa nuova espulsione il processo già descritto che spinse gli ebrei linguadociani a trovare rifugio in Provenza ricominciò ma questa volta dalla Provenza al Contado Venassino dove si trovava Pèrno dei Font. È precisamente intorno a questa data che un notabile ebreo acquistò l’Hôtel di Cheylus e vi installò il mikve privato per evitare che le donne della casa andassero al mikve pubblico situato a 20 metri e alimentato dalla stessa falda freatica. Questo nuovo equilibrio sarebbe potuto durare ancora molto tempo ma ahimè, già nel 1569 il legato pontificio che rappresentava l’autorità degli Stati della Chiesa nell’enclave del Contado Venassino decise di applicare la bolla Cum nimis absurdum del 1555, che fu fra altro la causa della creazione del ghetto di Roma. L’implementazione di quella bolla scellerata nel Contado ebbe per conseguenza di cacciare via tutti gli ebrei da Pèrno dei Font. Coloro che non vollero abbandonare la regione per cercare rifugio nella vicina Italia vennero raggruppati in quattro città del Contado: Avignone, Carpentras, Cavaglione, L’Isle-sur-la-Sorgue.
Neanche lì furono liberi di abitare ovunque: la loro zona di residenza era limitata ad una viuzza in ognuna di quelle quattro città. In altre parole il nome di Place de la Juiverie dato a quel posto idilliaco dove meditavo sul passato ebraico della regione, è totalmente anacronistico se si pensa che dal 1569 non c’erano più ebrei in questa parte del Contado.
Foto © Cesare Badini per Mosaico