di Anna Balestrieri
La riunione ha attirato studiosi e appassionati per una discussione avvincente, offrendo spunti critici e aneddoti sul percorso intellettuale dell’autore. Tra questioni filologiche, interpretazioni storiche e il recupero di testi inediti, l’incontro ha confermato la straordinaria capacità di Idel di illuminare aspetti inesplorati della Kabbalah.
È stato un incontro tra vecchie conoscenze l’evento di Kesher di domenica 23 marzo. A dialogare su Moshe Idel. Mistici messianici. Dalla Kabbalah al Hassidismo, XIII-XIX secolo, in un affascinante viaggio nella mistica ebraica, Cyril Aslanov e Ugo Volli.
La riunione ha attirato studiosi e appassionati per una discussione avvincente, offrendo spunti critici e aneddoti sul percorso intellettuale dell’autore. Tra questioni filologiche, interpretazioni storiche e il recupero di testi inediti, l’incontro ha confermato la straordinaria capacità di Idel di illuminare aspetti inesplorati della Kabbalah.
La figura

Moshe Idel è un rinomato storico e filosofo israeliano, nato nel 1947 a Târgu Neamț, in Romania. Trasferitosi in Israele nel 1963, ha studiato presso l’Università Ebraica di Gerusalemme, dove ha conseguito il dottorato con una tesi su Abraham Abulafia. Ha ricoperto la cattedra di Pensiero Ebraico presso la stessa università, succedendo a Gershom Scholem. Le sue ricerche si concentrano sulla mistica ebraica, con particolare attenzione alla Kabbalah e al misticismo messianico. Tra i suoi numerosi riconoscimenti, il Premio Israele nel 1999 per l’eccellenza nel campo della filosofia ebraica.
La vasta competenza linguistica del linguista e filologo francese Cyril Aslanov lo ha reso il traduttore ideale per l’opera di Idel, permettendo una diffusione più ampia dei suoi lavori.
Durante l’incontro, Aslanov ha sottolineato la scelta di Idel di scrivere in inglese come un mezzo per riflettere con maggiore distacco sui contenuti, adottando un “approccio chirurgico”, evitando le facilitazioni che l’ebraico o il rumeno, sue lingue madre, avrebbero potuto offrire. Un inglese ricercatissimo ed ostico che lo rende spesso difficilmente intelligibile persino ai madrelingua.
Aslanov ha “bacchettato” il semiologo, saggista e docente italiano Ugo Volli. Maestro di Idel fu Shlomo Pines e non Gerschom Scholem, ha voluto sottolineare il traduttore, ed è da Pines che Idel ha ereditato il suo approccio profondamente filologico e di “distacco dal testo”. In Mircea Eliade, ha ricordato Aslanov, Idel ha avuto un altro maestro: “La sua profonda influenza su Idel l’ha spinto a trovare fonti di comunicazione apparentemente antagonistiche”.
Il contributo scientifico di Moshe Idel
È con un lavoro indefesso che Idel ha recuperato “un’enorme quantità di testi che non furono mai stampati perché troppo difficili o troppo problematici, inadatti ad un pubblico che avrebbe potuto interpretarli male”. Un immenso lavoro di compilazione di manoscritti inediti resuscitati dai sotterranei della Biblioteca Nazionale a Givat Ram, che lo studioso rumeno-israeliano ha trascritto a mano srotolando i microfilm conservati negli archivi. Il lavoro di Idel è stato paragonato a quello di un amanuense moderno che recupera testi inediti troppo complessi o problematici per una pubblicazione tradizionale, generando attimi di commozione nei ricercatori che non hanno vissuto solo l’era digitale.
Le scoperte di Idel hanno sfatato con dati certi miti consolidati sulla Kabbalah, come la necessità di avvicinarsi ad essa solo dopo i quarant’anni o l’urgenza di una redenzione immediata. La discussione è stata arricchita da aneddoti personali, tra cui il primo incontro tra Aslanov e Idel a Parigi nel 1992.
Aslanov ha anche messo in luce la capacità narrativa di Idel, che ha potuto apprezzare in prima persona nel corso di una chiacchierata con l’autore, di natura schiva ma nient’affatto timido nel condividere affascinanti racconti sui suoi contatti con le maggiori personalità dell’intellighenzia italiana del secolo scorso, una tra tutte, Umberto Eco.
Quasi 70 partecipanti hanno seguito con interesse l’evento, dimostrando un vivo coinvolgimento e apprezzamento per la profondità degli argomenti trattati e per l’expertise dei relatori.