di Giovanni Panzeri
Bello come il sole, buono come il pane: Luciana Laudi racconta l’adesione di parte della comunità ebraica al fascismo, la Shoah e la Resistenza attraverso la storia della sua famiglia.
“Pochi giorni fa ho seguito in televisione il discorso del Duce a Trieste, nel 1938, mentre illustrava le leggi antiebraiche. Ho trovato agghiaccianti gli applausi incontenibili, entusiasti, di centinaia di migliaia di persone ad ogni sua frase. Persone assolutamente normali” – ha affermato Luciana Laudi, autrice di Bello come il sole, dolce come il pane, durante la presentazione del suo libro organizzata da ANPILibri giovedì 25 gennaio alla Casa della Memoria di Milano.
Durante il dibattito, moderato da Marco Cavallarin, sono intervenuti anche il presidente provinciale dell’ANPI, Roberto Cenati, lo storico della Shoah Andrea Bienati e Gadi Schönheit, in rappresentanza dell’UCEI.
Oltre a parlare del contenuto del libro, con i loro interventi i presenti hanno cercato di spiegare il contesto degli eventi che il libro descrive: la natura del fascismo e le caratteristiche proprie della Shoah anche rispetto ad altri esempi di genocidio.
“Di genocidi è piena la storia, e purtroppo la Shoah non sarà l’ultimo – ha spiegato Gadi Schönheit- ma aveva due caratteristiche di unicità assoluta, una di natura quantitativa e l’altra di natura qualitativa. Furono sterminati sei milioni di ebrei su circa sette milioni e settecentomila che vivevano nell’Europa continentale all’inizio degli anni ’40, oltre l’80%. Ma non si tentò solo di cancellare un popolo, si tentò scientificamente di cancellare anche la sua memoria”.
I legami con il fascismo
Il libro racconta la storia del ‘900 attraverso gli occhi della famiglia Laudi, appartenente alla borghesia ebraica torinese, vicina al fascismo prima dell’emanazione delle leggi antiebraiche del 1938.
Merito del libro è infatti quello di far emergere la storia, finora poco raccontata, del trauma e del tradimento totale subito da quella parte della comunità ebraica che aderì convintamente al fascismo.
Parte a cui appartenevano la protagonista principale del libro e nonna dell’autrice, Clelia, e suo figlio Rinaldo che, dopo aver aderito al fascismo in gioventù, partecipò alla Resistenza come medico e morì da partigiano.
“Per ragioni storiche gli ebrei della borghesia torinese, compresa mia nonna, erano inizialmente in gran parte fascisti – ha affermato l’autrice – per anni mi vergognavo di dirlo, ma la realtà è che era una cosa normale. Tra gli italiani c’era una percentuale di fascisti, e gli ebrei italiani erano, appunto, italiani.”
Quelle ragioni storiche dipendevano dal legame tra la comunità ebraica e la monarchia italiana. “La monarchia aveva riconosciuto i diritti della comunità ebraica, e quest’ultima era stata parte integrante del Risorgimento italiano – spiega Roberto Cenati – Il legame di Clelia e Rinaldo con la monarchia era molto stretto, e di conseguenza lo era quello con il fascismo. Clelia si sentì mortalmente tradita, dalla monarchia e dal fascismo, quando vennero emanate le leggi antiebraiche del ‘38”.
Le leggi antiebraiche del 1938 rappresentarono una cesura terribile per tutte le componenti della comunità ebraica. “Fino al ’38 erano italiani ebrei – ha affermato Andrea Bienati – dal ’38 in poi sarebbero stati ebrei italiani”.
La possibilità di scegliere
La discussione si è poi incentrata sulla figura di Rinaldo, lo zio dell’autrice morto partigiano nel 1945 mentre cercava di raggiungere un compagno ferito in territorio nemico, di cui le rimane solo il “ricordo di un ricordo”.
“Rinaldo era stato fascista – racconta Bienati – poi era diventato partigiano. Come molti altri. E rappresenta un esempio importante, anche per i ragazzi, ci ricorda che in ogni momento abbiamo la possibilità di scegliere, anche di fare scelte scomode, rischiando tutto”.
“L’antisemitismo è come un veleno che insinuandosi a poco a poco nel sangue rende la gente assuefatta – ha affermato Luciana Laudi – per questo sono qui. Per dare un monito, soprattutto ai giovani: evitate di prendere tutto come oro colato, usate lo spirito critico, pensate”.
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