di Ester Moscati
Espressioni inglesi di uso quotidiano collegano brani di Primo Levi a riflessioni sul presente. Bruno Osimo si pone da intermediario tra due stagioni di memoria, con la chiave dell’ironia
<<Dire che l’opera di Primo è importante (solo) per la Shoah è grossolanamente riduttivo: la sua opera è immensa, ed è fondamentale per la nostra vita quotidiana. La sua grandezza sta nell’aver ricucito tutto quello che ha visto e vissuto, ravvisando tracce di Lager nel suo quotidiano e tracce del suo quotidiano nel Lager. Che è poi quello che cerco di fare anch’io in questo libro con il nostro quotidiano». Così, in queste parole riprese nella prefazione da Bruno Segre, Osimo dà conto e ragione di un libro che, ancora una volta, dopo Dizionario affettivo della lingua ebraica, vede l’autore farsi “intermediario” tra due generazioni di memoria. E lo fa cercando un cortocircuito tra il nostro quotidiano, fatto di anglismi spesso assurdi e volgarizzati, e il pensiero di Levi.
Osimo è prima di tutto un traduttore, è questo il suo mestiere. E anche nei suoi libri traduce in un certo senso (anzi in molti sensi) “lingue” diverse e persino il silenzio. Se nel Dizionario Bruno Osimo aveva tradotto il lessico rassicurante di una yiddishe mame estremamente protettiva, e i suoi “non detti” sulla persecuzione e la fuga dai nazifascisti, in questo Primo Levi. Miti d’oggi il passaggio di testi e significati avviene a partire da un glossario che va da “All-inclusive resort” a “Wishful thinking”, associando ad ogni lemma, o locuzione, una citazione dalle opere di Primo Levi e ragionando su paradossi, divergenze, condizioni esistenziali.
Il risultato è un testo che nella struttura, e nel senso, ricorda Il sistema periodico dello stesso Levi, dove ognuno dei 21 racconti è ispirato al nome di un elemento della tavola periodica ed è ad esso collegato. Il che, a suo modo, è ancora una volta una traduzione. Senza fraintendimenti. Perché – scrive Osimo alla voce “Showroom” – «Diversamente da come viene presentato di solito, con tutto il pathos pomposo della commemorazione ipocrita e ignorante della Shoah, il pensiero di Primo, se compreso appieno, ci darebbe la felicità. Perché la felicità non sta nelle cose: sta nella percezione delle cose. Allora possiamo proporre a Primo un patto. Noi assorbiremo dal suo pensiero la felicità e, in cambio, presteremo più attenzione ai bottoni». Quali bottoni? Leggete e saprete.
Bruno Osimo,
Primo Levi. Miti d’oggi,
con una prefazione di Bruno Segre; Francesco Brioschi editore, pp. 195,
euro 18,00 (ebook 7,99).