di Fiona Diwan
Israele (e gli ebrei) nel reportage di Bruno Dardani
Il deserto rosso e il blu del mare, Eilat, il Sinai e il Negev, la piana di Megiddo e la Galilea… “è una strana sensazione che avvertirò più di una volta visitando Israele, quella di camminare sulla linea di confine tra luce e buio, fra la vita e la morte, in entrambi i casi aggrappandosi con tenacia unica ai colori della vita”. Così scrive Bruno Dardani in Noi che la morte l’abbiamo già uccisa, titolo preso in prestito dalla frase che un giorno egli stesso sentì dire da un anziano sopravvissuto con un numero tatuato sul braccio, incontrato una sera all’hotel Dan di Eilat. Chi la morte l’ha già uccisa non ha paura di affrontarla ancora, sembrava suggerire quel vecchio.
Giornalista economico, saggista, inviato speciale per oltre vent’anni de Il Sole 24ore dal Medio Oriente, esperto di geopolitica e di interscambi commerciali, Bruno Dardani non è di quegli autori che le manda a dire: in questo libro-testimonianza pieno di pathos e di esperienze di vita vissuta, Dardani cerca di fare chiarezza su Israele, affrontando il buio della propaganda dominante con alla mano verità storiche ignorate o dimenticate, dati scientifici, episodi poco noti, dettagli e incontri avvenuti. Incontri come quello con Dan Bahat ad esempio, l’Indiana Jones del Medio Oriente, l’ostinato archeologo che ha scoperto il tunnel sotto il Kotel. O ancora, quello con un haredì geniale. Un viaggio attraverso il popolo israeliano e una realtà che l’Occidente fa ipocritamente finta di non capire. Un atto di coraggio, un j’accuse – come scrive Nicola Porro nella prefazione -, verso le distorsioni mediatiche a cui assistiamo: questo e molto altro è il piccolo libro di Bruno Dardani, una miniera di informazioni, spunti, citazioni, come ad esempio quella, preziosa, tratta da un tal Adriaan Reland, cartografo, filologo, antico viaggiatore che parla dieci lingue tra cui l’arabo, l’ebraico e il greco antico, che nel 1695 visita la Terra d’Israele e ne riporta il conteggio delle anime, etnia dopo etnia: un censimento della popolazione che non ha bisogno di commenti, “la maggior parte della popolazione è costituita da ebrei, quasi tutti gli altri sono cristiani, pochissimi musulmani, per lo più beduini…”, scrive Reland a fine Seicento.
Dardani non fa sconti a nessuno, nemmeno a quella Chiesa cristiana a cui lui stesso appartiene, quando scrive del “bell’imprimatur” dato dal Vaticano alla deportazione nei vagoni piombati, o citando i pogrom, una storia della Chiesa “costruita passo per passo per annullare la memoria e il prestigio di quella religione ebraica di cui è una derivazione”. Dall’antisemitismo (“è come le droghe sintetiche: costa poco, soddisfa per pochi minuti e poi uccide”), al conformismo dell’odio, fino all’azzeccata metafora del secchione: chi non ha sperimentato un compagno di classe che studiava molto, che era più brillante degli altri, con neuroni più guizzanti e con magari qualche successo sul campo di calcetto, che finiva per essere preso in giro, bullizzato, a volte picchiato e detestato dal resto del gruppo classe? Gli ebrei, come i secchioni, oggetto di un bullismo globale, odiati solo per i loro successi? Forse sì, scrive Dardani.
Obiettivo del libro, spiega Dardani, non è giustificare Israele, ma cercare di capire le radici di un odio che viene da molto lontano. Scoperchiare il vaso di Pandora dei falsi storici in circolazione. E “stimolare la riflessione e il dibattito oltre gli stereotipi e le semplificazioni, confrontarsi con la complessità di Israele…”, e conoscere “quel Popolo del Libro di cui tutti parlano e ben pochi sanno”, scrive Elio Tesciuba nella postfazione. Come un agile breviario, ecco un prezioso libro-testimonianza che andrebbe regalato a chi vive nel ventre molle dell’Occidente, a tutti gli amici e conoscenti, a coloro che non sanno darsi ragione di ciò che sta accadendo con la guerra, in quello spicchio di mondo.
Bruno Dardani, Noi che la morte l’abbiamo già uccisa – Verità e distorsioni su Israele, Guerini e Associati, prefazione Nicola Porro, postfazione Elio Tesciuba, pp 129, 18,00 euro