Come un diamante

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È urgente e fiammeggiante. Una memoria che germina in narrazione di immagini potenti, magari senza la consequenzialità ordinata di un romanzo classico, ma con l’intensità che solo le esperienze vissute in profondità possono avere. È una scoperta felice Un diamante grezzo, il “mémoir” di Yvette Szczupak-Thomas, artista francese di nascita, ebrea di conversione e israeliana di cittadinanza. Abbandonata piccolissima dai genitori, compie l’itinerario di un’orfana nella Francia rurale degli anni ’30.

Dall’infanzia in Borgogna, passando da una famiglia adottiva all’altra, arriva nella Parigi d’inizio guerra e diventa “figlia” degli Zervos, coppia intorno a cui ruota un’eccezionale vita artistica, da Picasso a Braque, da Èluard a Char. Christian Zervos è l’editore degli storici Cahiers d’art, la moglie Yvonne è una geniale organizzatrice culturale. L’adolescente Yvette viene dunque catapultata dalla provincia assoluta a una turbinosa bohème, tra grandi esposizioni, Resistenza francese e studio del disegno con un maestro, esigentissimo ed efficace, quale può essere Pablo Picasso. E, nonostante certe attenzioni malate che le riserva papà Christian, Yvette matura un carattere energico e un talento sicuro.

Gli anni dell’occupazione nazista e del dopoguerra, fino all’“illuminazione”: una totale solidarietà con le vittime dell’Olocausto, che la avvicina al nascente Israele, grazie anche al nuovo amore per Sacha, che diventerà suo marito. Lo stile di Szczupak-Thomas, scomparsa nel 2003, è tutto fuorché “grezzo”: alterna pagine di fiaba bucolica a una cronaca ironica e realistica sui “mostri sacri” dell’arte – Picasso o Char – visti in debolezze e compromessi quotidiani. “Vengo da altrove, vado altrove”, pensa la spaesata Yvette nel suo pellegrinare di famiglia in famiglia. L’ebraismo le ha dato un luogo dove consistere. E i suoi ricordi fanno ripercorrere questo viaggio verso una “patria dell’anima”.


Yvette Szczupak-Thomas, Un diamante grezzo, Ponte alle Grazie, pp. 416, euro 18.