di Marina Gersony
Iniziamo subito col dire che il libro di cui stiamo parlando è avvincente e si legge d’un fiato. È la storia di Alice Urbach, figlia di una famiglia ebraica benestante con una vera e propria passione per la cucina; una storia che si svolge nella Vienna degli anni Venti raccontata in modo accattivante dalla nipote Karina Urbach, stimata storica tedesca. Ma il lettore non si lasci trarre in inganno da un titolo che potrebbe far pensare all’ennesimo manuale di cucina: Le ricette di Alice. Storie di un crimine nazista è molto di più: oltre a raccontare la vita ricca di colpi di scena di una cuoca eccellente, è anche un viaggio nello spirito del tempo di un’epoca a cavallo tra le due guerre mondiali; un’immersione tridimensionale nella Vienna frizzante dei teatri, delle boutique e dei caffè tipici ebraici, allietati dall’allegro vociare degli avventori che parlano d’affari occhieggiando le belle ragazze. È la Vienna vibrante e cosmopolita, la Vienna dalle ineffabili sfumature orientali, degli Arthur Schnitzler e degli Stefan Zweig, con le sue vie del lusso e delle periferie, popolata da artigiani, sarti, avvocati, scrittori, giornalisti e artisti in un’atmosfera che presto l’orrore nazista avrebbe crudelmente azzerato. (Le ricette di Alice. Storie di un crimine nazista di Karina Urbach; traduzione di Silvia Albesano; editore Mondadori; pagg. 372; € 20).
La storia della famiglia di Alice risale ai primi anni dell’Ottocento e parte in una viuzza ebraica di Presburgo (odierna Bratislava), dove i bambini nascono e muoiono a causa delle ristrettezze e delle pessime condizioni igieniche. Lì cresce suo nonno, Salomon Mayer… Con il tempo le cose cambiano, le nuove generazioni avanzano e lo status economico e sociale della famiglia gradualmente migliora. I Mayer vanno a vivere nel quartiere a maggioranza ebraica di Leopoldstadt e con il trasferimento crescono le ambizioni da grande borghesia: le vere signore non vanno più a fare la spesa, per questo ci sono le domestiche e le cuoche. Non resta quindi che sedersi a tavola e gustare un menu bello e pronto a base di minestra, carne e verdure per concludere con i Marillenknödel, gnocchi di patate ripieni di albicocche e marmellata oppure i deliziosi Zwetschenknödel, gnocchi di prugne o albicocche, a seconda della stagione… Per Alice la cucina diventa il luogo più importante della casa. Già da piccola ha il permesso di sedersi su uno sgabello e osservare gli aiutanti della cuoca che non si si limita a mescolare ingredienti curiosi, ma parla anche di eccitanti storie d’amore… Le cuoche sono ambitissime in quel periodo, una cuoca dotata può portare una famiglia i vertici della società e la paura di perderla, tra padrone di casa rivali, è sempre in agguato. In breve, è tutto un contendersi di cuoche, occultare ricette segrete e competere con i migliori pasticceri dell’Hotel Sacher o della pasticceria Demel.
Tutto questo rappresenta il clima ideale per Alice, l’ambiente perfetto da dove partire per avviare una carriera di ristoratrice d’eccellenza. Sebbene sia riuscita a evitare il matrimonio per un certo periodo, a un certo punto, per soddisfare il padre, si sposa con il dottor Maximilian Urban a prima vista un buon partito ma che in seguito non si rivela tale. Nascono un paio di figli, il marito muore, la lascia in completa bolletta mentre la situazione a Vienna inizia a degenerare: l’inflazione cresce, Alice è una vedova di 34 anni senza un soldo e deve trovare il modo per sfamare i suoi bambini. Finalmente intorno al 1923-1924 ci sono di nuovo a disposizione molti generi alimentari. Tra le signore della buona società c’è anche la sorella di Alice che organizza serate di Bridge a casa propria. Alice si presta di cucinare per loro, le sue ricette sono innovative e tipiche viennesi, dall’Apfelstrudel dalla pasta sottilissima alla Sachertorte ai Krapfen di carnevale al Kaiserschmarrn, crêpes guarnite con succo di mele o prugna e zucchero a velo… Le signore sono entusiaste, Alice inizia a organizzare dei corsi di cucina grazie al passaparola. La sua capacità di comunicare trascina, è rotondetta, empatica, molto simpatica e i suoi corsi sono sempre più ambiti, tanto da dover trovare nuovi spazi per accogliere le sue numerose estimatrici, anche straniere. Alice è in grado di fare lezione in inglese viennese e in francese viennese. Organizza anche un servizio di consegna a domicilio di piatti pronti, all’epoca una novità assoluta. Le signore della Vienna chic and glam imparano così a preparare antipasti, piatti di carne e pasticceria, Alice presenta loro ricette veloci e moderne che strizzano l’occhio alle donne lavoratrici. Il suo libro So kocht man in Wien! («Così si cucina a Vienna!»), pubblicato alla fine del 1935, diventa in breve tempo la bibbia della cucina viennese: un compendio culinario di una capitale austriaca cosmopolita, con un tocco femminista e un’attenzione particolare alle esigenze della moderna economia domestica. Da quel momento in poi, però, le cose peggiorano rapidamente anche per la sua famiglia a causa delle persecuzioni naziste. Alice è costretta a fuggire prima in Inghilterra e poi negli Stati Uniti. E qui inizia la parte più incredibile di questa storia, in cui è inclusa anche la denuncia di un furto… Il resto, per non svelare il cuore della narrazione, è tutto da leggere.
Karina Urbach, Il libro di ricette di Alice, Mondadori, pp. 372, euro 20,00
In alto: Karina Urbach (foto: © Dan Komoda)