di Ester Moscati
Un’opera fondamentale per la conoscenza storica di eventi bimillenari, dal Vicino Oriente all’Europa, e per la loro interpretazione alla luce del pensiero filosofico e teologico: Testimoni della nostra iniquità. La Chiesa e gli ebrei
Duemila anni di “visione” cristiana degli ebrei e tutto ciò che in Europa tale visione ha comportato: è questo l’ambito spazio-temporale dell’imponente lavoro di Augusto Sartorelli, Testimoni della nostra iniquità. La Chiesa e gli ebrei. Un libro fondamentale, importante per il contenuto e per l’approccio storiografico, che parte da una considerazione semplice quanto essenziale: non è possibile spiegare la Shoah solo come prodotto della “follia nazista”.
Tutto nasce dall’incontro, molti anni fa, tra Sartorelli e Cesare Mannucci, autore de L’odio antico. Da colloqui e stimoli intellettuali, rivelazioni e collegamenti teologici e storici, era scaturita la scelta di approfondire, negli archivi della Fondazione CDEC, l’origine del pregiudizio antisemita di matrice religiosa. Ventisei anni di studi hanno prodotto quest’opera imprescindibile sul tema. Con la consapevolezza che senza due millenni di calunnie da parte della Chiesa e senza il sistematico e capillare “insegnamento del disprezzo” verso gli ebrei, lo sterminio nazista non sarebbe stato possibile, non avrebbe avuto quel sostrato di sostegno popolare (in Germania, in Polonia, in Ungheria ma anche in Francia e Italia) che ha dato alla tragedia e alla macchina della Shoah tanti “volonterosi” carnefici.
La nascita dell’ideologia cristiana contro gli ebrei è una storia di competizione, potere, ansia di sostituzione, fin dai primi secoli dell’e.v. in cui i cristiani si affermano “in contraddizione” e in opposizione, nonostante l’ebraicità di Gesù, che solo di recente viene riscoperta e accettata. È una storia di calunnie, mistificazioni e violenze fisiche e spirituali di ogni tipo, che nel corso del tempo ha visto momenti di atroce persecuzione e altri di rara tolleranza, ma che solo dopo il Concilio Vaticano II approda per la prima volta al concetto di “rispetto”, contenuto nella Dichiarazione conciliare Nostra Aetate (1965), che abolisce la bimillenaria accusa di “deicidio” a carico dell’intero popolo ebraico. Rispetto e “fratellanza” che non impediscono, tuttavia, da parte degli ultimi pontefici, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI in particolare, di minimizzare le responsabilità storiche della Chiesa come istituzione – e dei cristiani come “corpus” – nella persecuzione, diffamazione, violenza contro gli ebrei. “Fratelli che in certi momenti della loro storia hanno avuto un rapporto teso”, disse Benedetto XVI a Tel Aviv nel 2009. “È difficile definire soltanto ‘teso’ – scrive Sartorelli – un rapporto in cui nel corso dei secoli una parte ha sottoposto l’altra a umiliazioni e sofferenze di ogni genere”.
Alla base di questo “odio antico”, per riprendere la definizione di Mannucci, sta la frustrazione dei cristiani per il mancato riconoscimento da parte degli ebrei della “messianicità” di Gesù di Nazareth. Coloro che, in quanto monoteisti e figli della stessa radice, avrebbero dovuto, meglio di tutti i popoli della terra, riconoscere in Gesù il Messia, lo avevano rifiutato. Questo era – ed è ancora – intollerabile. Per questo il dialogo tra ebrei e cristiani può essere “di vita”, basato sull’impegno sociale congiunto o la conoscenza reciproca di usi e tradizioni, ma molto difficilmente “dialogo teologico”, perché le basi e le differenze sostanziali sono insuperabili, anche se oggi l’impegno cristiano nella conversione degli ebrei non è più affidato alla Chiesa ma è – dicono i testi cristiani – “nelle mani di Dio”. Se questo è rispetto, viene da dire…
Augusto Sartorelli, Testimoni della nostra iniquità. La Chiesa e gli ebrei, editrice Clinamen, pp. 494, euro 42,90
Foto in alto: Predella dell’Ostia Profanata (particolare), Paolo Uccello, 1467, Palazzo Ducale di Urbino, Galleria Nazionale delle Marche