di Ilaria Myr
I Binswanger, una grande famiglia, un grande giardino che si estendeva un riva al fiume. La catena di umiliazioni e di privazioni dall’avvento di Hitler.
La fabbrica e la casa dove vivevano i Binswanger si trovava su una piccola isola nel Danubio. Dietro il cortile della fabbrica (…) un grande giardino si estendeva un riva al fiume (…). D’estate il giardino dei nonni diventava ogni giorno, a tutte le ore, il posto di raccolta di grandi e piccoli e per i bambini era un vero paradiso (…). Nelle belle serate si mangiava in giardino dove veniva apparecchiata una lunga tavola (…). La cena era servita dalle cameriere che portavano le pietanze preparate in casa”.
È un quadro idilliaco quello che dipinge Mara Fazio, docente e storica del teatro e dello spettacolo moderno e contemporaneo, descrivendo la casa dove i suoi bisnonni materni, i Binswanger, vivevano a Regensburg (Ratisbona) in Germania, fino a poco dopo l’avvento del nazismo. Un paradiso terrestre, dove la rinomata famiglia ebraica, che possiede una fabbrica di liquori, vive felicemente e agiatamente fino al 1933, quando l’elezione di Adolf Hitler cambia la loro vita per sempre, trasformandola in una lotta quotidiana per la sopravvivenza fino alla tragica fine nei campi di concentramento e sterminio. La storia di questa famiglia è raccontata nel bellissimo libro Dal giardino all’inferno. Lettere di una nonna ebrea dalla Germania 1933-1942 (Bollati Boringhieri) scritto sulla base delle lettere che Lina Moos Binswanger scrisse alla nipote Lore (madre dell’autrice Mara Fazio), che dal 1928 viveva in Italia per il lavoro del padre.
“Mia madre non amava parlare di questa storia, che le procurava immensa sofferenza e pesava sulla sua coscienza di sopravvissuta (…) – spiega Mara Fazio nell’introduzione -. Ma tra i 90 e i 95 anni ha deciso di imparare a usare il computer per trascrivere le centinaia di lettere, conservate con cura per più di sessant’anni, che tra il 1933 e il 1942 sua nonna Lina aveva scritto a lei e a sua madre in Italia. Nove anni in balia della dittatura che loro chiamavano ‘destino’”.
Attraverso le lettere di Lina alla figlia Lise e alla nipote Lore si vive giorno dopo giorno il declino inarrestabile della vita quotidiana di questa famiglia ebrea dell’alta borghesia tedesca che, come molte altre, dall’agiatezza e dalla libertà si ritrova nell’indigenza e nella privazione di tutti i diritti. Ad arricchire la lettura della corrispondenza epistolare sono inquadramenti storici e chiarimenti su alcune vicende famigliari scritti dall’autrice.
Nell’aprile 1933, appena dopo l’inizio del boicottaggio delle attività ebraiche, Lina scrive: “Non ci è stato risparmiato neppure questo nuovo colpo del destino, le cui conseguenze per ora sono imprevedibili. Ma una cosa è certa: per papà e me inizia un periodo di nuove grandi preoccupazioni e ora come ora non abbiamo idea di trovare la forza per sopportare tutto il dolore che ci viene inflitto”. E purtroppo è solo l’inizio. Trasferitasi a Monaco dopo la morte improvvisa del marito, Lina prende sotto la sua custodia la nipote Anneliese, figlia di sua figlia Martha gravemente malata e poi deceduta. Sono quindi le preoccupazioni e le vicende di Lina e Anneliese a essere protagoniste delle lettere inviate alla famiglia in Italia, ancora lontana dalle tragiche sorti degli ebrei in Germania.
Le lettere raccontano i trasferimenti di Lina in appartamenti condivisi o pensioni, alla ricerca di soluzioni economiche, ed è struggente immaginare questa donna di settant’anni, abituata agli agi, dovere gestire da sola aspetti pratici di cui non si era mai occupata quando era vivo il marito, e avere a che fare con le crescenti vessazioni nei confronti degli ebrei. Commoventi, poi, le descrizioni degli sforzi di Lina per riuscire a mandare la nipote in Inghilterra, idea che per mesi mantiene accesa la speranza di salvezza almeno per la giovane, nonostante le mille difficoltà delle continue restrizioni agli ebrei, e che sfuma con lo scoppio della guerra.
Per la ragazza ci sarà prima il lavoro forzato e poi la deportazione in Polonia, dove morirà. Mentre la nonna, distrutta dal dolore per la lontananza dalla nipote – della cui sorte è ignara – viene deportata a Theresienstadt, dove muore. “Non hai voluto sottrarti al peggio, non hai seguito il nostro appello in un paese straniero che offriva salvezza (l’Italia, ndr) e ora ci abbandoni e vai avanti, in prima linea – le scrive Lore in una lettera commovente, cosciente che la nonna è stata deportata ed è ormai troppo tardi -. E noi continueremo a vivere, noi, i tuoi nipoti, dormiremo sui letti morbidi, mangeremo a una tavola imbandita, ‘vivremo’ come le altre persone, anziché soccombere a questa umiliazione”.
Mara Fazio, Dal giardino all’inferno. Lettere di una nonna ebrea dalla Germania 1933-1942, Bollati Boringhieri, pp. 240, 16,00 euro