di Marina Gersony
La storia di Aat Breur-Hibma, la talentuosa artista olandese Giusta tra le Nazioni. Deportata a Ravensbrück per il suo impegno nella Resistenza, con le sue opere ha testimoniato gli orrori nazisti e la Shoah
In un coinvolgente connubio tra storia e arte, Riaffiorano le nostre vite è un’opera preziosa pubblicata per la prima volta in Italia. Il libro, nato dalla collaborazione tra l’Associazione Nazionale Ex Deportati nei Campi Nazisti (ANED) e il potente racconto di Aat (Adriana Klazina) Breur-Hibma, ripercorre le tragiche vicissitudini di questa donna coraggiosa il cui destino è stato segnato dalla Seconda guerra mondiale. Insieme ai suoi disegni, ora conservati presso il Rijksmuseum di Amsterdam, la sua storia ci trasporta attraverso gli orrori nel famigerato lager femminile di Ravensbrück, aggiungendo un capitolo importante alla memoria della deportazione e unendosi ai grandi nomi della memorialistica.
Nata nel 1913 a L’Aia, Aat Breur-Hibma era una talentuosa artista olandese, figlia di un artigiano calzolaio frisone. Tuttavia, la sua vita subì una svolta drammatica quando, nel settembre del 1940, sposò Krijn Breur, un convinto comunista che aveva combattuto come volontario nella guerra civile spagnola. La loro vita coniugale fu segnata da sfide rischiosissime, tra cui il coinvolgimento nella Resistenza olandese durante l’occupazione nazista e il nascondimento di concittadini ebrei destinati all’arresto e alla deportazione. Krijn compiva attentati, Aat falsificava i documenti. Il loro obiettivo era salvare soprattutto i piccoli ebrei da morte certa. Ma i delatori erano dietro l’angolo, pronti a tradire. Dopo un processo iniquo, Krijn venne condannato a morte, torturato e fucilato nel febbraio 1943 insieme a due ebrei clandestini. Nel frattempo, Aat fu deportata in vari luoghi – da Utrecht a Kleve, da Düsseldorf a Berlino – fino all’ultima destinazione a Ravensbrück, dove fu internata come prigioniera politica e dove dovette affrontare nuovi orrori.
Scrisse: «A Ravensbrück cominciai a disegnare di nuovo, non avevo più potuto farlo nelle prigioni tedesche. Invece, un campo di concentramento è parecchio più grande, lì ci sono molte più possibilità che in una prigione, e davi molto meno nell’occhio».
La giovane donna si salvò grazie a una compagna francese nelle settimane che seguirono la liberazione di Ravensbrück nell’aprile del 1945. Aveva 32 anni. Finalmente poté riabbracciare ciò che rimaneva della sua famiglia: sua figlia Dunya di appena tre anni, che aveva vissuto quasi un anno in prigione con lei, e suo figlio primogenito, Wim. Al suo ritorno scoprì di avere la tubercolosi e dovette curarsi a Davos. Ma ritrovare la normalità non fu facile. Le ferite invisibili rimanevano aperte e dolorose, e il trauma continuò a incombere rendendola depressa e in uno stato d’ansia continuo che influenzarono l’infanzia dei suoi due figli. Aat non smise tuttavia mai di disegnare anche se nascose i suoi disegni per molti anni, incapace di affrontare il passato. Solo molto tempo dopo, incoraggiata da sua figlia Dunya, decise di rivelare i suoi disegni al pubblico e condividere la sua storia.
Aat Breur è stata riconosciuta come Giusta tra le Nazioni nel 1998. I suoi disegni, oltre a essere finestre aperte sul passato, ci permettono di vedere la sofferenza e la resilienza delle donne imprigionate a Ravensbrück: donne legate da coraggio e da incredibile solidarietà tra prigioniere, che si aiutavano reciprocamente e cercavano di salvare le compagne più deboli, comprese bambine e neonate condannate a una morte certa.
Aat si è spenta nel 2002, seguita da Dunya nel 2009. Ed è così che le vite di una figlia e di una madre si intrecciano in un’opera commovente e rivelatrice; una testimonianza della resilienza umana e della forza dell’arte nel preservare la memoria. Ma soprattutto un monito costante contro l’oblio e una celebrazione della forza dell’animo umano nella lotta contro l’ingiustizia.
Dunya Breur, Riaffiorano le nostre vite, Editore Enciclopedia delle Donne, trad. Franco Triletti, pp. 416, euro 23.00.