Dove nasce il diritto di Israele ad esistere come Stato

Libri

di Ugo Volli

[Scintille. Letture e riletture] Israele è uno dei pochissimi Stati al mondo la cui stessa esistenza è dalla sua istituzione combattuta apertamente con le guerre, il terrorismo, i processi politici e diplomatici, i media. Ma è anche uno dei pochi la cui sovranità non è frutto di avventure belliche bensì stabilita da trattati e voti formali delle istituzioni internazionali.

La vicenda delle guerre e delle ondate terroristiche arabe che hanno tentato di impedire agli ebrei di ristabilirsi nella loro terra ancestrale e poi di distruggere il loro Stato è ben nota: inizia almeno coi pogrom di Gerusalemme e di Hebron, un secolo fa, passa attraverso diverse altre ondate di pogrom, l’allineamento dei leader arabi con il nazismo, le guerre del ‘48, ‘56, ‘67, ‘73, le incursioni terroristiche, i dirottamenti, gli attentati suicidi, le “intifade” e continua fino alla strage del 7 ottobre; non se ne vede purtroppo la fine. La storia della restituzione moderna della sovranità del popolo ebraico su un proprio Stato è invece generalmente meno conosciuta e spesso raccontata in maniera inesatta, anche perché si tratta di un tema molto tecnico di diritto internazionale.

Essa inizia alla fine della prima guerra mondiale con la dissoluzione dell’impero ottomano, di cui i territori che sono oggi lo Stato di Israele facevano parte da cinque secoli. Nell’ambito della generale redistribuzione del grande spazio ottomano, che diede luogo all’indipendenza di molti popoli, i trattati di pace prima e poi la Società delle Nazioni istituirono allora fra l’altro in favore del popolo ebraico, un “mandato di Palestina”, cioè la delega a uno Stato esistente (la Gran Bretagna) della responsabilità di preparare la costituzione di un nuovo Stato per cui mancavano in quel momento le condizioni materiali.

È così, più di un secolo fa, che si crea il diritto non morale o politico ma propriamente giuridico all’esistenza di quel che poi sarà chiamato Stato di Israele: un diritto che fu riconosciuto prima dalle nazioni vincitrici della guerra con il Trattato di Sanremo, poi, proprio attraverso l’istituzione del mandato, dall’assemblea della Società delle Nazioni e che venne poi conservato al momento della sua sostituzione con l’Onu da un articolo del suo statuto (l’art. 80) che garantiva la continuità degli impegni, e vale dunque ancora oggi. La delibera dell’assemblea generale dell’Onu del 1947 in cui dopo la rinuncia britannica si proponeva la divisione del Mandato in due parti, una per gli ebrei e l’altra per gli arabi (accettata in linea di principio dall’organizzazione sionistica, ma affossata dal rifiuto arabo e dalla guerra scatenata da cinque Stati arabi contro il neonato Israele) non ebbe efficacia giuridica e servì solo a stabilire le condizioni politiche per la dichiarazione di indipendenza di Israele. Tutta questa vicenda è dettagliatamente discussa dall’ultimo libro di David Elbert, dedicato a Il diritto di sovranità in Terra di Israele (Belforte 2024), con abbondanza di argomentazioni giuridiche e di documentazione testuale. Elbert ha scritto diversi libri sui temi giuridici relativi allo statuto internazionale di Israele e su questi temi molto delicati e complessi è certamente oggi il più competente autore italiano. Ha anche il merito di scriverne con grande chiarezza, senza sacrificare per questo la precisione giuridica dei concetti e il rimando puntuale a fonti specialistiche. Questo libro, come i suoi precedenti, è utilissimo per chi vuole avere le idee chiare sul diritto di Israele e poterne discutere con cognizione di causa.