di Anna Balestrieri
Si avvicendano date e luoghi ne Il giardino dei fiori di pietra, il romanzo in cui l’economista Valerio Luigi Beretta si cimenta con i baratri della storia europea del Novecento. Il filo delle esistenze dei due protagonisti, che già si affacciano agli anni Sessanta quando la narrazione rievoca le loro adolescenze felici irreparabilmente travolte dal nazifascismo, si intreccia nell’immediato dopoguerra.
Il giovane Ludwig è figlio di un intellettuale e giornalista austriaco. Oltre a non essersi piegato al nuovo regime, il padre ha commesso il peccato di aver sposato una donna di sangue impuro generando lui, un Mischling, un mezzosangue nella Vienna progressivamente assoggettata ai nazisti.
Branko, invece, a Sargovac ignora i rivolgimenti in corso in centro Europa, le sue battute di caccia col padre ed uscite di pesca con l’amico del cuore sono turbate solo dalla lontana percezione dei rivolgimenti politici del regno di Jugoslavia.
Il romanzo ci trasporta dall’idillio di queste esistenze serene all’orrore della guerra. La famiglia di Branko viene sterminata dalla barbarie ustascia, che non risparmia nemmeno i bambini non cattolici del suo villaggio natale, saccheggiando, stuprando e trucidando tutti gli ortodossi. Costretto alla latitanza diverrà partigiano con i cetnici (serbi monarchici), verrà catturato e detenuto in un campo di concentramento.
Il giovane ortodosso Branko si mantiene in vita grazie all’intercessione di un medico ustascia, che lo trasforma in un grobar, un becchino nella “zona grigia” del campo.
Lo scenario d’azione del suo Sonderkommando, costretto a seppellire e bruciare i cadaveri per garantire la propria sopravvivenza, è Jasenovac, il più tristemente celebre lager degli ustascia, attivo dall’agosto 1941 all’aprile 1945. Saranno i partigiani comunisti di Tito a liberare Branko.
Molti i temi del romanzo: l’impossibilità dei “salvati” di dimenticare e realmente sopravvivere ai “sommersi”, la complicità della chiesa nello sterminio e l’omertà delle istituzioni e dei governi nella fuga di criminali di guerra nazisti e nel trafugare i bottini di guerra, il ruolo delle minoranze non ebraiche nella persecuzione nazista, ma anche l’amore romantico e filiale e la fratellanza transnazionale.
La narrazione a tratti risente dell’indugiare compiaciuto dell’autore in lunghe descrizioni di sapore ottocentesco, ma il libro si legge tutto d’un fiato e trascina il lettore in un vortice di emozioni contrastanti. Un romanzo che cattura l’essenza della lotta umana contro le forze del male e celebra la resilienza e la speranza anche nei momenti più bui della storia.
Valerio Luigi Beretta,